“Non metto più una palla in campo”, dice sconsolata rivolta al suo angolo Jasmine. Il terzo set della sfida con Elina Svitolina è il suo personale calvario, imprevedibile in queste dimensioni. Neppure un game messo a referto, lo score finale è un ceffone sul viso: 2-6, 6-4, 6-0. Eppure Paolini era partita con il piglio giusto, replicando al break incassato proprio all’inizio per recuperare immediatamente l’assetto giusto. Non solo. Ha di nuovo messo la zampa sul punteggio scattando in un amen 5-2 con determinazione e pulizia nei colpi. E mentre lei imboccava la strada giusta, la rivale in crisi ha buttato nel cestino la frazione con un doppio fallo: lo specchio del suo momento no.
Tutto facile, troppo facile. Come succede spesso l’apparenza maschera la realtà: il pericolo nascosto dietro l’angolo. Del resto Jas conosceva i rischi di questo terzo turno a Melbourne, dove l’anno scorso era iniziata la sua stagione d’oro: “Ha tantissima esperienza, ci siamo allenate insieme qui un paio di volte e l’ho vista in buona forma. Però la partita è un’altra cosa e non so davvero che cosa aspettarmi”, aveva detto alla vigilia. Sapeva bene però che la classifica dell’ucraina, ora numero 27 del mondo ma best ranking da 3, è fasullo. Campionessa dal talento non inferiore alla grinta, ha trovato due inciampi nella carriera. Il primo, dolcissimo, è una bambina che si chiama Skai e l’ha tenuta lontana dai campi per un anno e mezzo (compresi i nove mesi canonici); il secondo è un infortunio al piede destro, l’intervento chirurgico conseguente e la rieducazione cominciata a settembre scorso. Giusto il tempo di rientrare all’Australian Open, dove ha fatto subito capire di aver recuperato eccome, mettendo sotto di brutto Cirstea e Dolehide. Per poi sedersi sul greto del fiume, ad aspettare che passasse la testa di serie numero quattro.
Autorevolezza, ritmo nello scambio, velocità di crociera superiore, accelerazioni: la sensazione corroborata dalle statistiche – sei vincenti contro quattro, otto gratuiti a fronte dei tredici dell’altra – era che Jas fosse migliore in tutto. Un abbaglio, purtroppo. Sono bastati in avvio di secondo set un paio di errori banali, a cui ripenserà stanotte, per ribaltare il tavolo quasi con violenza. Una volta brekkata l’azzurra, Elina ha ritrovato di colpo tutta l’energia per prendersi progressivamente la partita. Ha cominciato a spingere come una forsennata, rendendo vana la resistenza di Paolini contratta e sotto scacco: il tentativo di rimonta non s’è mai acceso, anzi ha rischiato il doppio break sul 3-5 nel game più lungo del confronto, portato a casa al culmine di una durissima lotta corpo a corpo. E’ stato solo un breve rinvio del verdetto: ormai lanciata, Svitolina ha chiuso alla terza palla set.
Il match è finito in quel preciso momento, perché dopo il temporale è arrivata la grandine: un uragano di proporzioni bibliche che ha investito la fidanzata d’Italia. In fondo c’era quasi da aspettarselo. “In campo mi sento un soldato, combatto per il mio paese”, è diventata la parola d’ordine dell’ucraina dall’invasione russa in poi. Nata a Odessa, ha studiato a scuola la storia della corazzata Potemkin e dei fucili dei cosacchi zaristi che spararono sulla folla inerme. Certi fatti del passato, uniti alle bombe del presente, non si dimenticano facilmente. Così la guerriera Elina ha trasformato la rabbia in determinazione agonistica, prendendo il sopravvento sull’avversaria. Se a questo si aggiunge la grazia tennistica che s’è posata d’incanto su di lei, ecco spiegato il crollo di Jasmine letteralmente travolta. Non meritava certo lo scoramento sul volto abituato al sorriso, per quel sei a zero che l’ha annichilita. Vietato però farsene una colpa, resta in corsa nel doppio con Sara Errani che l’aiuterà a rammendare la ferita profonda. Festa grande invece per Elina, una felicità di coppia perché l’highlander Gael Monfils – il marito che la seguiva dal box – poche ore prima aveva eliminato a sorpresa dal torneo l’americano Taylor Fitz. Una bella favola familiare da raccontare alla piccola Skai.