È sabato, ed è la vigilia della finale di Euro 2020 tra Italia e Inghilterra. Siamo a Bologna, e sono le 10.45. Il telefono squilla: confermato, alle 13 si parte per Londra. La commentatrice tecnica di Rai Sport, Katia Serra, insieme a Stefano Bizzotto, sostituisce Antonio Di Gennaro e Alberto Rimedio indisponibili per positività al Covid, e diventa la prima donna italiana a commentare una finale degli Europei di calcio, vinta poi ai rigori dalla nostra Nazionale che con orgoglio ha riportato la Coppa a casa nostra, a Roma. “Stavo parlando con il mio compagno e mio fratello – racconta – La primissima reazione? Trenta secondi di pianto, di lacrime liberatorie, qualcosa di veramente fortissimo”.
Katia Serra viene dalla gavetta, parte di quella generazione del calcio femminile che ha profondamente segnato il percorso di crescita di questo movimento, ma che non ha potuto godersi il successo di cui invece godono in questi anni le calciatrici di oggi. Ha vestito la maglia del Bologna, del Modena, della Lazio, della Reggiana e anche della Roma, fino a quella del Levante, in Spagna, e all’azzurro della Nazionale tra il 2002 e il 2006. Nel palmarès uno scudetto, una Supercoppa e tre Coppe Italia. Mastica calcio a orario continuato, studia un sacco e da anni è commentatrice tecnica per Rai Sport.
Per Euro 2020 commenta diverse partite, anche importanti. Ma fino ad ora ha fatto una grossa scorpacciata di giovanili e tanto, ma tanto calcio femminile. Conosciutissima anche per il suo impegno con l’AIC, l’Associazione italiana dei calciatori, dopo tante battaglie per i diritti degli altri vince una battaglia anche per se stessa: “Continuavo a chiedermi: ma sta accadendo proprio a me?” – ci spiega Katia Serra – A coronamento dei tanti sacrifici fatti è finalmente arrivata un’occasione unica, che tale rimarrà anche perché abbiamo vinto”. È accaduto tutto in un attimo: “Ero in preallarme, quindi il venerdì mi sono fatta il tampone e ho raccolto tutta la documentazione necessaria per soggiornare in Inghilterra. Ho terminato tutto, valigie comprese, in piena notte. Senza contare lo studio: naturalmente appena sono stata avvertita dell’eventualità ho iniziato a studiare dato che avrei dovuto commentare due squadre innanzitutto mai commentate”.
All’arrivo a Wembley, lo stadio è semivuoto. I primi spettatori iniziano ad arrivare e i tecnici fanno le ultime prove audio. Su Instagram Katia Serra pubblica un video, in sottofondo “Notti Magiche” di Gianna Nannini, che ha fatto compagnia alla squadra di Mancini e all’Italia intera durante tutto l’Europeo, da Coverciano all’Olimpico, fino a Londra e ai festeggiamenti finali direzione Quirinale. “Un’emozione fortissima, riporta gli amanti del calcio dritti dritti a Italia ’90. Avevo i brividi a pensare di essere lì per un evento così importante, ed è stato bello goderselo anche in quella versione. In realtà, la canzone me la sono goduta più in quel momento che dopo la vittoria, quando ero concentratissima sulla diretta”.
Arrivare a certi livelli non è mica semplice. Commentare una gara così importante e da un ritmo impensabile porta con sé una difficoltà enorme: “Ho studiato per tutto il torneo, tantissimo. L’ho fatto guardando sia i video dei singoli giocatori, per capirne le caratteristiche, sia delle squadre per analizzare lo stile di gioco. Ho letto e riletto report e statistiche, e a questo devi aggiungerci poi il tuo: nel maschile quando intervieni sai che devi essere ristretto e non sempre ci si riesce bene. Avendo fatto perlopiù femminile chiaramente sono abituata a ritmi meno elevati, ma ero concentrata a fare anche un intervento in meno purché fossero tutti sintetici e il più possibile di qualità”.
Ai giovani che desiderano intraprendere questo lavoro? “Secondo me aver praticato calcio è fondamentale, perché vuol dire capirne meglio le dinamiche e le sensazioni che si provano. Poi studiare è indispensabile. Io, ad esempio, ho fatto i corsi da direttore sportivo, allenatore e match analyst a Coverciano, proprio per avere una conoscenza ampia del calcio. Così come ha grosso peso la preparazione sulla singola partita. Accanto alla conoscenza, ci sono il ritmo e il linguaggio: o ce li hai e li perfezioni, o devi costruirli e quindi lavorarci”.
L’Inghilterra, nella notte magica di Wembley, segna nei primi minuti di gioco. Un gol assai tempestivo che rischia di intaccare in modo severo la prestazione della nostra Nazionale, che nonostante fosse circondata da una netta maggioranza di tifosi inglesi mantiene i nervi saldi e minuto dopo minuto corre verso la vittoria finale. “Prima dell’inizio dell’Europeo, a essere onesta, pensavo che squadre come Francia e Belgio fossero più attrezzate per vincere – afferma Katia Serra – L’Italia, però, partita dopo partita, ci ha creduto e ha mostrato continuità, con le vittorie che non sono state mai casuali e sono state ottenute sempre con merito e qualità di gioco. Quando si è alzata l’asticella abbiamo un po’ abbassato la qualità ed elevato tantissimo la capacità di soffrire, facendo uscire il dna tradizionale dell’Italia. Pertanto, a parer mio in finale nel primo tempo abbiamo visto una squadra che ha saputo soffrire, mentre nel secondo tempo è venuta fuori la qualità. Nel complesso l’Europeo è stato meritato, nessuna Nazionale lo meritava più della nostra”.
Così, dopo 53 anni, “it’s coming Rome”: l’Europeo torna in Italia e le piazze (anche all’estero) si riempiono di maglie azzurre e bandiere. Di musica, balli e di nuovi abbracci. Katia Serra, già al lavoro per tagliare nuovi traguardi, ringrazia i vertici Rai per averla scelta “e in particolare il direttore di Rai Sport Auro Bulbarelli, che ha avuto il coraggio di puntare su di me per la finale, portando la mia voce alle orecchie di 20 milioni di italiani sintonizzati su Rai 1. Uno spot degno delle donne nel pallone”.