Quella volta stavo al mare. Quella volta lì, stavo al mare. Sono napoletana, vivo a Napoli, a luglio vado al mare ogni volta che posso. E anche quando non potrei, in realtà. Perché a Napoli è il mare che ti chiama per quant’è bello. Comunque dicevo, ero al mare. Era il 26 luglio. La notizia rimbalzava sui siti, sulle chat di whatsapp, sui social ed era il vocio in sottofondo che mi circondava: Gonzalo Higuain, campione del Napoli che in maglia azzurra aveva appena superato il record dei gol in serie A, stava firmando con la Juventus. Anzi, peggio: aveva già firmato, fatto le visite mediche, incontrato la dirigenza e trovato casa a Torino. Era fatta insomma. Tutto di nascosto ma era fatta. Fu uno shock. Ok, non sono questi i drammi della vita, lo so, lo so benissimo ma lo fu: a Gonzalo s’era dedicato il cuore e i cori, per Gonzalo s’era sofferto nei suoi momenti “no” come quando una giustizia sportiva lo aveva buttato fuori dal campo nel momento clou del campionato; con lui, Re di Napoli, s’era infine gioito ad ogni gol e fino alla fine. E poi lo shock. L’amarezza del tradimento, la rabbia dell’averci creduto, nell’uomo prima ancora che nel giocatore, l’incredulità di chi non riesce ad ammetterlo e infine, la rassegnazione: Higuain era un giocatore della Juve. È successo tre anni fa.
Oggi non ero al mare: la stanchezza di una settimana intensa, la pigrizia che fa vincere il divano e lo spaghetto ai frutti di mare di mia mamma hanno avuto la meglio. Ero sul divano: “Sarri ha firmato con la Juve”. Eccola qui “la notizia del giorno”: Maurizio Sarri, ex allenatore del Napoli, vincitore dell’Europa League con il Chelsea siederà sulla panchina della Juventus. Detta così, comunque, a chi non fosse mai stato in Italia suonerebbe come una classica notizia di calciomercato. Ingenuo, lui o lei. Eh no: Maurizio Sarri alle Juve tutto è fuorché una classica notizia di calciomercato. Dice: “Ma su, dai, è un allenatore, fa il suo mestiere. Oh, 7 milioni l’anno per 3 anni, tu che avresti fatto? Non scherziamo dai”.
Passo indietro: quando Gonzalo andò alla Juve scrissi su queste pagine di giornale digitali che il Napoletano tradito non doveva augurare il male a chi andava ma augurare il bene a chi restava. Fu un pezzo scritto col cuore spezzato ma con l’orgoglio napoletano ben saldo e tutto intero, di giornalista e di napoletana, appunto, perché se è fuor di dubbio che la mia professione mi imponga il massimo possibile dell’oggettività nel mio racconto quotidiano della realtà – cosa che faccio ogni santo giorno, di qualsiasi cosa debba scrivere o parlare – è ugualmente fuor di dubbio che il mio cuore batta azzurro. All’epoca dicevo, fu questo tutto ciò che ebbi da dire sul “tradimento” di Gonzalo, alla maniera del buon Virgilio: “Non ti curar di lui, guarda e passa”, parafrasando. E infatti, passai: passai sopra al fastidio del vederlo in maglia bianconera, alla sensazione di rabbia nel vederlo segnare e esultare abbracciando compagni che fino al giorno prima considerava giocatori di una squadra di ladri e passai sopra a tutte le conseguenze. Mi passò. Divento per me, come per tutta Napoli, l’innominato, ma passò.
Ma torniamo ad oggi: Maurizio Sarri alla Juventus. Apriti cielo: pagine con quasi 100.000 follower nate per celebrare il Sarrismo che con un lungo comunicato stampa annunciano la propria dipartita; una targa a lui dedicata a Bagnoli – quartiere di nascita di Sarri- che sarà rimossa; un documentario sulla sua vita che “verrebbe voglia di buttare, altro che rimontare” (cit.); pagine su pagine di commenti, sfoghi, ipse dixit; video a rimarcare il suo odio verso la Juve e il suo amore verso Napoli (almeno così diceva) e dunque la sue incoerenza. Ecco perché non è solo una notizia di calciomercato: perché Maurizio Sarri, a metà tra la sua volontà e la genetica predisposizione dei napoletani a santificare Masanielli che a Napoli giurano eterno amore, ne era diventato il simbolo. Ecco perché: perché quell’amore lo aveva giurato Maurizio, e Napoli ci aveva creduto. Ecco qui. La questione è tutta quanta qui.
Perciò nessuno shock, nessun dramma, nessuna delusione: non è colpa di Sarri se Napoli sta soffrendo. Ma è colpa di Napoli che gli ha permesso di farle questo. Sì, l’ho detto e vi spiego anche il perché. Perché, in fondo è questo ciò che fa parte del nostro DNA: crederci, noi ci crediamo. E non perché siamo dei creduloni, anzi: siamo scaltri, lo sappiamo, a me lo dicono ogni volta che scoprono il luogo dei miei Natali. Siamo furbi, noi, seppur alla nostra maniera. E non siamo certo creduloni. Ma provate a toccarci il cuore. Provate a toccare il cuore di Napoli, a giurare che la amerete e la difenderete senza averla vissuta ma per caso, esserci nati. Provate anche solo a prenderne le parti e Napoli ci metterà un attimo ad amarvi e quella nascita casuale diventerà subito un segno del destino, vi trasformerà in un predestinato appunto, a portare in alto i colori azzurri e diventare “uno di noi”.

Perciò, non è colpa di Sarri: i conti lui, semmai, li farà con la sua coscienza di uomo un giorno, ma nemmeno. Piuttosto conterà i soldi o gli scudetti che in tre anni potrà vincere. Fermo restando che a quanto pare nemmeno i suoi futuri tifosi lo accoglieranno a braccia aperte e in fondo la conosciamo tutti la fine che ha fatto Higuain – scaricato per CR7. Non glielo auguriamo ma dovrebbe metterlo in conto, però. Ad ogni modo, di certo non è colpa sua e non è contro di lui che bisogna inveire o con lui che bisogna prendersela. Davvero. Nemmeno bisogna “mettersi nei suoi panni” o giustificarlo con la professione che tutto muove, e per la quale si fanno le scelte che si fanno. Molto più semplicemente non è Sarri il problema, come del resto non lo era Higuain.
Il problema è Napoli, i napoletani, costretti nostro malgrado a dover cercare continuamente i nostri Masanielli, politici o calcistici che siano, pronti “per Napoli a morire” e da Napoli per questo osannati, salvo poi restarne delusi per le promesse mancate, per l’amore improvvisamente finito e per i tradimenti consumati. Non è colpa loro: è Napoli che non è in grado, suo malgrado, di salvarsi da sola. Non può, non ci riesce, non gliel’hanno mai concesso: la storia lo racconta così bene e lo hanno riportato le penne di chi col cuore ne ha scritto (penso alla Serao), parlando dell’incapacità pietosa – ne senso più letterale del termine – che caratterizza Napoli, di rialzare da sola una testa da troppo tempo china. Ed ecco allora che il terreno diventa fertile per i salvatori della patria napoletana, che con facilità estrema ne tessono le lodi, né amano i luoghi, né difendono le genti. E che con la stessa facilità le voltano le spalle lasciando una città ferita ancora un po’ di più di quanto non fosse già. Perciò, non è colpa loro: non è colpa di un argentino, di un toscano o del politico in bandana. Non è colpa loro: finché Napoli non smetterà di cercare fuori da essa i suoi salvatori, ahinoi, sarà destinata a vedere la storia ripetersi, all’infinito, collezionando delusioni e aspettando il prossimo – falso – Masaniello. Perché Napoli è fatta così: cerca ovunque baluardi di riscatto, li cerca da sempre, e per questo ama ancora incondizionatamente chi quei sogni li ha resi realtà tirando calci ad un pallone con la maglia azzurra: Maradona, a cui Napoli perdona tutto in virtù di quella promessa fatta e mantenuta. Ma non è così che funziona: non sono i Masanielli a dover salvare Napoli: è Napoli a dover salvare se stessa e solo allora non avrà bisogno di chi la difende, solo allora non soffrirà e non sarà delusa dai tradimenti, solo allora le sarà resa gloria della sua bellezza e del suo cuore grande, solo allora, infine Napoli sarà forte e salva davvero, perché si è salvata da sola. Ma quando Napoli lo capirà, semmai dovesse capirlo, sarà sempre troppo tardi.