Nel cuore di Bensonhurst, quartiere sud-occidentale di Brooklyn, sorge uno dei fan club italiani di calcio più folkloristici della Big Apple: lo Juventus Club New York.
Sono le 2.30 di mercoledì di un caldo pomeriggio newyorkese, tutto intorno la vita scorre frenetica, inconsapevole del grande evento che ha fatto radunare nel Club, situato al 8512 di Bay 16th Street, decine di tifosi bianconeri: la semifinale di andata della Champions League. Una coppa che, dati i precedenti, è il vero grande sogno di tutti i tifosi bianconeri, confermato anche da Michele, juventino 50enne emigrato da Palermo a New York quando aveva appena 7 anni: “Dopo tante delusioni, dobbiamo imporci anche a livello europeo. E poi sai che soddisfazione sarebbe vincere la coppa contro una squadra spagnola (quasi sicuramente il Real Madrid, ndr), molto tifate da queste parti soprattutto fra gli immigrati centroamericani?”.

La comunità italiana a Bensonhurst, seppur ancora presente e attiva, da circa 20 anni sta conoscendo un inesorabile declino a livello numerico: esempio lampante è il cambiamento delle insegne di molti negozi, ristoranti e bar della zona, prima con scritte italiane ed ora con cubitali caratteri cinesi. Anthony Ferrara, presidente dello Juventus Club New York, siciliano di Gela trasferitosi quasi mezzo secolo fa negli Usa, al riguardo ci dice: “Ci sono ancora italiani da queste parti, ma non più come prima. Adesso ci sono anche i nostri figli, che sono italoamericani, e molti decidono di lasciare Brooklyn e trasferirsi, andando soprattutto nel New Jersey o a Staten Island. Le ragioni sono molte: una di queste è il prezzo, che aumenta anno dopo anno, di affitti e appartamenti. Adesso la nuova immigrazione è costituita soprattutto da cinesi e gente dell’Est Europa. Gli immigrati italiani di nuova generazione, che sono comunque di meno rispetto a noi venuti qua decine di anni fa, si trovano soprattutto a Manhattan”.
Il Fans Club si trova in un seminterrato ed è facilmente rintracciabile grazie all’enorme insegna “Juventus Club New York” che svetta all’esterno dell’edificio: scendendo una piccola scalinata, ci ritroviamo all’interno del locale dove, oltre a sciarpe, maglie e poster della Juventus, anche l’angolo bar è decorato con strisce bianche e nere. Il tempo di stuzzichini e chiacchiere è però finito: tutti prendono posto davanti alla tv mentre la Juventus scende in campo allo Stade Louis II.
La posta in palio è troppo importante: ottenendo un risultato positivo nel Principato di Monaco, infatti, la Vecchia Signora avrebbe altissime probabilità di raggiungere la finale del 3 giugno a Cardiff, contando al ritorno “sull’effetto Stadium”, nel quale non perde praticamente mai.

Il match è equilibrato, a tratti la squadra ospite sembra quasi soffrire la freschezza dei monegaschi e verso la metà del primo tempo Mbappé e Falcao, in due occasioni, impensieriscono Buffon. Qualcuno al Club inizia a mugugnare, vedendo la sfrontatezza con la quale il Monaco affronta i bianconeri, ma la forza della Juventus risiede nel colpire quando tutto sembra bloccato: azione da playstation iniziata con un tacco di Dybala e conclusa con un assist, ancora di tacco, di Dani Alves e Gonzalo Higuain, di interno destro, trafigge Subasic. La tensione lascia spazio alla gioia più irrefrenabile: tutti in piedi, festanti nel fortino bianconero di Brooklyn.
Siamo al 29’, i campioni d’Italia ora possono gestire la gara a loro piacimento ed infatti, senza grossi patemi d’animo, si va al riposo sul risultato di 0-1. L’atmosfera adesso è più rilassata e il signor Ferrara, in versione barista, prepara decine di caffè per tutti (rigorosamenti espressi italiani); qualcuno ne approfitta per la classica pausa sigaretta fuori dal locale, mentre un gruppetto si siede ad un tavolino per giocare un’improvvisata partita a briscola.
La stragrande maggioranza dei presenti è di origine siciliana e over 50 ma, quasi fosse una mosca bianca, fra loro incontriamo Guglielmo, tecnico informatico torinese di 28 anni arrivato a New York 4 anni fa, al quale domandiamo se sente mancanza del Belpaese: “Sinceramente no. Mi piace molto questa città, anche soprattutto per le opportunità lavorative che mi offre. Poi venendo qua e seguendo la partita con il Club ho ancor meno nostalgia dell’Italia”.

Passati i canonici 15 minuti dell’intervallo, il secondo tempo si apre subito con un’occasione per parte: prima Falcao spreca un’ottima occasione per pareggiare i conti e, 6 minuti dopo, il portiere monegasco respinge di piede un tiro di Marchisio. Al 59’ la Juventus, grazie alla sua caparbietà, raddoppia e i protagonisti sono gli stessi del primo vantaggio bianconero, nello stesso ordine: Dybala fa partire l’azione, Dani Alves sforna l’assist e il letale Higuain conclude a rete, stavolta in spaccata anticipando Subasic. Lo 0-2 fa definitivamente esplodere di felicità tutti i tifosi bianconeri di Bensonhurst che, consapevoli della forza della propria squadra, sono ormai tranquilli.
In uno dei rari momenti di black out della difesa juventina, è Gigi Buffon a salvare la squadra, come al 90’ quando, con un’incredibile parata d’istinto, alza sopra la traversa un potente colpo di testa di Germain. Un tifoso juventino, esultando per il prodigio del 39enne portierone della Nazionale e quasi cadendo dalla sedia per la foga, urla in siciliano: “È nu iattu ( è un gatto)!“.
La Juventus sbanca Monaco e Angelo, uno dei membri storici del Club, ci confida: “C’è ancora il ritorno da giocare ma con questa Juve possiamo stare al sicuro. Ho deciso: da domani inizio a cercare un volo per Cardiff, devo assolutamente esserci per la finale”. Gianni, elettricista in pensione di Carini, dopo aver esultato per la vittoria della Juve, ci racconta i suoi primi momenti negli Stati Uniti: “Sono arrivato qua nel 1968, quando avevo 15 anni. In Italia frequentavo la scuola e lavoravo in una sartoria ma dopo esser arrivato qua, ricordo che praticamente lavoravo ogni giorno. I primi anni sono stati difficili, non è stato semplice per tanti motivi. Poi ci si abitua. L’ultima volta che sono stato in Italia è stata circa 8 anni fa: quando pian piano vengono a mancare gli affetti, si ha una ragione in meno per ritornarci. Però forse quest’anno ci ritorno per un paio di settimane”.

Prima di lasciare lo Juventus Club New York a Brooklyn, Anthony Ferrara ci parla del suo club: “Lo Juventus Club New York è nato per passione e amore dei colori bianconeri. Nel 1995 seguivamo le partite al Caffe Mille Luci, un bar che si trovava su 18th avenue, poco distante da qui. L’anno seguente abbiamo deciso di fondare il club e siamo andati anche a Torino per farci riconoscere dalla società. Ci siamo trasferiti nella sede attuale 3-4 anni più tardi ed essendo questo seminterrato di mia proprietà, non paghiamo fortunatamente nessun affitto. Attualmente il nostro club può contare su circa 85 soci e in passato ci siamo occupati anche di cause sociali. Abbiamo donato, tramite raccolta fondi, 30000 dollari per il Gaslini di Genova e abbiamo aiutato la ‘Fondazione Cannavaro Ferrara’ per dare una mano ai bambini nelle zone più disagiate di Napoli ”.
Non solo un club di tifosi, ma anche un luogo di ritrovo di amici: “Ci riuniamo per tutte le partite ma ci vediamo anche per altro. A volte organizziamo mangiate, altre ci incontriamo per giocare a carte. Lo facciamo per tenerci sempre in contatto e passare un po’ di tempo insieme, conoscendo gli stili di vita e i tempi che New York impone a tutti noi”.
E per la Champions?: “Siamo molto ottimisti- conclude Ferrara-. Possiamo giocarcela, soprattutto in una partita secca. Ovviamente ci vuole anche un po’ di fortuna ma il gruppo c’è, la squadra è unita. Oltre alla difesa, un giocatore che sto apprezzando in questo periodo è Mandzukic. Avevamo timore del Monaco, ma abbiamo superato il primo ostacolo ottimamente, nel ritorno se la squadra gioca come ha sempre fatto, possiamo stare tranquilli”.
Appuntamento a martedì, dove a Torino la Juventus, forte dello 0-2 conquistato in Francia, proverà a conquistare la nona finale della sua storia.
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