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October 14, 2015
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L’Italia che batte la Norvegia è quella di Conte, con gli attributi per vincere

Luca TontodonatibyLuca Tontodonati
Time: 6 mins read

Nell’ultima partita in calendario per le qualificazioni agli Europei del 2016 in Francia, all’Olimpico di Roma gli Azzurri hanno piegato la resistenza della Norvegia solo negli ultimi 15 minuti dopo una gara tutta in salita in virtù del gol al 23’ del norvegese Tettey che sfrutta abilmente un rimpallo casuale in area di rigore. Gol pesante che ha condizionato tutto l’incontro. I gol di Florenzi e di Pellè nel finale accusano il merito di aver scacciato un mezzo incubo. La qualificazione non era in pericolo, ma in caso di sconfitta il prestigio e l’onore sarebbero stati sicuramente intaccati e mentre il pubblico già si apprestava al dissenso in modalità sonora ad alta frequenza  i due alfieri azzurri ad appena un quarto d’ora dalla fine ci hanno messo una pezza.  

Che l’Italia di Conte meritasse almeno di pareggiare è fuori discussione. I ragazzi hanno creato tanto e cercato in ogni modo la via della rete. Senza però trovarla. Uno sciagurato passaggio all’indietro con il petto del difensore norvegese mette in condizione Florenzi appostato nei paraggi di toccare la sfera ed infilare l’estremo Nyland attonito ed incredulo per la dabbenaggine del suo compagno. Con le mura ormai squarciate dal pareggio azzurro, cadono anche gli ultimi baluardi difensivi che hanno retto all’urto per quasi tutta la durata dell’incontro, Pellè dopo un rapido scambio approfitta della staticità della difesa ospite e deposita in rete per il punto della vittoria. I fischi destinati agli azzurri cambiano direzione e scaricano tutti i decibel all’indirizzo dell’avversario che prova debolmente e senza costrutto a riaprire la gara. Al fischio finale solo applausi e cori di approvazione. L’onore è salvo, il prestigio è ancora integro.

Quindi  anche per l’Italia di Conte è arrivato il momento della gloria. Una partita nata male stava per finire anche peggio contro una Norvegia che per tutto il primo tempo e buona parte del secondo ha messo in seria difficoltà la Nazionale italiana. Allo Stadio Olimpico di Roma, vestito idealmente per l’occasione, Conte fa indossare alla squadra gli abiti un poco sdruciti messi a sua disposizione dalla scarsa scelta di materie prime e fa quello che deve fare,  vincere l’ultima partita del girone e staccare il tagliando  per  Francia 2016 , qualificazione per altro avvenuta in anticipo dopo la vittoria contro l’Azerbaijan nel modernissimo impianto di Baku inaugurato apposta per l’occasione.  Dopo 14 partite ufficiali i ragazzi di Conte hanno perso  solo una volta, in amichevole contro il Portogallo ed hanno collezionato lo share invidiabile del 64 per cento di vittorie. Il tecnico pugliese centra il suo primo, e forse unico, obiettivo stagionale e porta la sua Nazionale agli Europei come da programma federale.  

Ma ieri sera all’Olimpico c’è mancato poco che l’Italia del pallone si inchinasse al cospetto della patria del Vecchio Aroldo il “Bellachioma” , antico conquistatore scandinavo che ha rimediato nel corso della sua storia più sconfitte che vittorie. Modulo nuovo per esperimenti tattici inediti in virtù della qualificazione già in tasca, Conte adotta il 5-3-2 , camuffa ad arte lo schema  facendo prevedere al suo pavido antagonista una partita impostata sulla difensiva ma pronta a colpire in contropiede. Con un abile mossa sulla scacchiera dell’Olimpico Conte inverte la tendenza e  catapulta sulle fasce Darmian e De Sciglio assegnando loro compiti di assalto più che di difesa. Quindi di fatto l’Italia gioca con la difesa a tre in fase di possesso palla.  Florenzi e Soriano pronti a sganciarsi nel caso i norvegesi siano poco incisivi dalle loro parti, Pellè ed Eder ad incrociare i guantoni con la difesa ospite cercando di creare spazi per le incursioni dalle retrovie. La Norvegia deve vincere e non bada a spese, ma le risorse in talenti sono esigue. Adotta un curioso quanto debole 4-2-3-1 con Soderlund unica falsa punta perché supportato dai tre in mediana d’attacco. Un modulo che lascia voragini al centro, vuoti da sfruttare opportunamente dalle giocate di Montolivo. 

Ma le cose non si mettono bene per gli azzurri, la tattica disegnata sul campo  talvolta contrasta con le variabili impazzite della pelota che rotola su un tappeto erboso. Basta un rimpallo, un refolo improvviso di vento, un errore umano  di valutazione che i moduli e le tattiche si vanno a far benedire.  Al 23’ uno spiovente dalla sinistra mette in difficoltà gli azzurri, la sfera incoccia la spalla di Chiellini e finisce proprio sui piedi di Telley che di contro balzo infila l’incolpevole Buffon. Una tegola in testa avrebbe causato meno danni. 

L’Italia sembra frastornata, non reagisce. E quando lo fa mette in atto un forcing assillante ma inconcludente. Colleziona almeno quattro calci d’angolo, va vicina alla conclusione più volte, ma le idee sembrano appannate. La Norvegia in vantaggio pensa solo a difendersi. Saltano gli schemi anche agli scandinavi che ormai adottano il modulo 1-10, cioè il portiere e dieci difensori. Di fatto gli uomini di Per Hogmo, scarso attaccante di ruolo e modesto allenatore di calcio che sognava prima del match di battere l’Italia, ora pensano esclusivamente a tirare i remi in barca ed andare alla deriva senza mai tirare in porta fino al fischio finale per concretizzare la vittoria badando al risparmio. L’arte del pallone non è alla portata di tutti. E come spesso accade chi si difende ad oltranza alla fine soccombe e si piega al talento ed alla cultura calcistica invisa agli schemi del catenaccio. I ragazzi di Conte hanno tirato fuori i cosiddetti attributi esattamente un quarto d’ora prima del fischio finale con una buona dose di fortuna certo ma avendo il merito di non cedere, di ricompattarsi per assaltare di nuovo, di cercare sempre nuovi spazi e nuove incursioni. Senza mollare mai. Questa nazionale assomiglia in tutto  allo spirito condottiero del suo allenatore.  

Malta, Bulgaria ed ora la Norvegia ci hanno fatto soffrire ma praticamente non hanno quasi mai giocato al calcio, hanno sempre privilegiato la manovra passiva, temporizzando ad oltranza.  Conte le prova tutte per  aggirare le tattiche iper difensive della Norvegia, sostituisce tre uomini in dieci minuti ,  Giovinco  al posto di Eder,  Bertolacci  al posto di uno spento Montolivo e Barzagli per Candreva. Cambiano gli assetti tattici, saltano tutti gli schemi ma alla fine il pareggio arriva con un colpo di fortuna più che di genio. Un pallone innocuo facile preda della difesa avversaria diventa improvvisamente letale per le coronarie del trainer norvegese. Un passaggio scellerato di petto all’indietro verso il proprio portiere si rivela un autentico boomerang. Florenzi appostato come un falco forse intuisce le intenzioni  della difesa ospite e prima ancora che la sfera tocchi terra infila la punta del piede tra difensore e portiere scagliandola in rete tra l’incredulità generale. L’urlo è liberatorio, il pareggio tanto agognato ormai è diventato una certezza.  

“Andiamo a vincerla” !! Urla Conte dalla panchina. Sente l’odore del sangue dell’avversario ferito ma non ancora domato. L’arrembaggio alla porta nordica è assillante e continuo. Il gol regolare annullato all’Italia è solo il preludio alla vittoria. All’82’ dopo un attacco in massa dei calciatori avversari, inutile quanto pericoloso, Florenzi sfila in contropiede  sulla fascia destra, osserva al centro un compagno che chiama il pallone come fosse l’ultimo taxi a disposizione prima di una lunga notte.  Florenzi intuisce e mette nel mezzo la sfera.  Pellè si fa trovare pronto all’appuntamento, impatta e  colpisce sporco al volo di sinistro. La traiettoria è sghemba ma efficace e non lascia scampo al portiere nordico. E’ il tripudio.  Conte scatta come un ossesso dalla panchina come fosse la finale dei Mondiali invece di essere solo una gara eliminatoria a qualificazione peraltro  già avvenuta.  Urla ai suoi di essere dei fenomeni, forse esagerando. Ma il segnale positivo è proprio questo: Impegno, coraggio e volontà in ogni partita. 

Finiamo primi nel nostro girone con fatica ma con merito. Nelle competizioni internazionali di un certo livello l’insidia è sempre dietro l’angolo e l’Olanda ne sa qualcosa.  Conte ha rivoluzionato una squadra ed ha forgiato un carattere. Ha saputo adattare alcuni elementi “oriundi” al calcio nostrano. Li ha disciplinati ed infine gettati nella mischia dove in alcuni casi  hanno fatto la differenza.  Mentre in settimana le voci di un suo possibile abbandono si rincorrevano nei meandri dei palazzi del vapore,  Conte parla di sogni di Europei da vincere, di Mondiali da giocare, di calciatori da votare alla sua causa. Sempre che la maglia azzurra faccia ancora effetto tra i super pagati paladini del calcio moderno. I ragazzi di Conte portano aria nuova, freschezza ed entusiasmo, i mali cronici del calcio non sono certo loro, si annidano nelle pieghe dei contratti, degli uffici amministrativi, nel cuore delle società stesse.  I palloni che rotolano sul campo sono innocui rispetto a quelli gonfiati in giacca  e cravatta che manovrano le leve dei comandi ingrossando conti bancari e pregiudizi, consapevoli della sistematica distruzione del nostro calcio.  Ma questa è tutta un'altra storia. Ed un altro sport.

Classifica al termine del girone eliminatorio

Europei Francia 2016

1° Italia – Punti 24

2° Croazia 20

3° Norvegia 19 (ulteriore girone di ammissione)

Non qualificate:      Bulgaria Punti 11, Azerbaijan  6,  Malta 2

https://youtube.com/watch?v=u6fr4IFt7Fg

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Luca Tontodonati

Luca Tontodonati

Vivo a Pescara e sulle rive dell'Adriatico trascorro gran parte della mia esistenza annotando tutto e scrivendo oltre il necessario. Geografo e cartografo mi occupo di divulgazione storica. Fautore del "come eravamo", chiudo gli occhi e immagino i luoghi del passato. Appassionato di calcio, mi lascio trasportare dall'istinto più che dalla logica. Le partite amo seguirle allo stadio e quando capita di vederle in TV abbasso l'audio. Scommetto su tutto ma non vinco (quasi) mai. Frase preferita: "Presa singolarmente, l'umanità è davvero insopportabile". Un pregio: intuitivo. Un difetto: tifo quella squadra lì...

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