Leggendo la classifica sembra che ci sia un errore, forse la stiamo scrutando capovolta. Rigiriamo il foglio ma la vista non ci inganna: Chievo, Torino, Sassuolo e Palermo sono in testa alla Serie A. Difficile dare giudizi, certo siamo solo alla seconda di campionato e siamo ancora in agosto. Non si conoscono ancora i carichi di lavoro che le squadre hanno avuto durante la preparazione ma è certo che questo campionato riserva già delle grosse sorprese.
Il campo è come un enorme circo, fatto di luci che si accendono e si spengono. A volte in simultanea, altre volte si alternano come in una discoteca. Altre volte accade che il black out è totale. Come per la sconfitta clamorosa per la Lazio a Verona contro il Chievo che rifila quattro gol ai biancocelesti, ne fallisce altrettanti ed alla fine vince e vola in cima alla classifica.
Si oscura la Viola che perde contro il Torino. Il Milan fatica ma vince contro uno sfortunato Empoli. Il Palermo di soppiatto espugna il nuovissimo stadio “Friuli”, rovina la festa all’Udinese e con un paio di balzi si accomoda in cima alla classifica.
All’Olimpico capitolino, nella gara clou della giornata brilla solo la Roma. Le maglie bianconere non riflettono i raggi stellari degli avversari e come in un buco nero non restituiscono nemmeno la luce riflessa. Era dal 1912 , l’anno del Titanic, che la Juventus non partiva così male. E la Juve di oggi è stata affondata più che dalla Roma, dalle proprie mancanze. Senza nulla togliere ai meriti dei giallorossi, che hanno aggredito inizialmente gli avversari in modo caparbio decisi a vincere l’incontro, la Juve appare sempre più vittima delle sue paure. Pogbà indossa la maglia numero 10 con ironico distacco, come fosse un premio, e la porta con la leggerezza di un leader in un campetto scolastico. Si aspetta sempre il pallone tra i piedi e non fa un passo oltre la propria gamba. Le mancanze evidenziate dai bianconeri domenica scorsa sono pressappoco le stesse ed il nervosismo cela inaspettate sorprese. Due espulsioni, una addirittura dalla panchina, mettono a risalto il nervo scoperto di un periodo decisamente brutto per gli uomini di Allegri. Scarseggia un faro in attacco, mancano un incontrista tenace e deciso ed un mediano geniale in cabina di regia. I nomi li abbiamo fatti nella puntata precedente, il film del campionato della Juventus attende ancora nuovi protagonisti.
La Roma è scintillante con Dzeko e Pjanic, gli astri bosniaci che in campo hanno fatto la differenza. Giganteggia nel reparto avanzato, appare solida a centrocampo, prende un palo, reclama un rigore e poi nella ripresa fa anche due gol. I ragazzi di Rudi Garcia sono stati i veri padroni della gara, interpretano al meglio le direttive del tecnico, smussano gli angoli e ricompattano l’ambiente che si era quasi sfaldato a Verona. Dybala si sveglia troppo tardi per evitare l’iceberg giallorosso che aveva proditoriamente demolito le ultime speranze della Juve. Come nel Titanic, alla Juventus manca la vedetta che scruta l’orizzonte, un regista capace di saper vedere il gioco oltre le nebbie. La Juventus in calma piatta è ancora ferma in banchina in attesa di lasciare gli ormeggi, in repellente compagnia delle neo promosse dalla serie B. Il francese Pogbà non può e non deve essere l’unico indiziato, la difesa ha retto bene finché ha potuto, ma le carenze sono altre. Un calo sistematico dopo 4 anni ci può anche stare, e nessun paragone può accostare il “neo” numero 10 Pogbà con Andrea Pirlo. E comunque il “Maestro” indossava la maglia numero 21…
Sofferenze e vittorie
Chi non sa soffrire è pregato di restituire la maglia nerazzurra all’uscita dello stadio. Questa è la sintesi della gara vinta dall’Inter sul Carpi. Per lunghi tratti gli uomini di Mancini sono sembrati fuori luogo, a volte anche fuori sistema solare, distanza appropriata alla confusione mentale di alcuni aitanti ma poco prestanti atleti nerazzurri. Guarin nella ripresa passeggia come sul lungomare, la difesa, nuova per metà, ha ancora dei buchi neri da evitare. Risolve l’unico marziano autentico presente in campo, Jovetic, che regala ai meneghini una doppietta che vale il primo posto in classifica. “Non era facile “ dice Mancini. “con tutti gli avversari dietro la metacampo, non è semplice giocare” e chi mai ha detto che vincere è semplice? Il Mancio chiede, manda messaggi a Tohir, pretende rinforzi per essere più competitivo. Vorrebbe un esterno sinistro ( un altro …) un centrale difensivo, un terzino ed una punta ( ancora una ). Siamo sempre in attesa di qualcosa, ed in attesa di Perisic e del futuro di Hernanes, Mancini fa le sue richieste ed attende. Anche lui evidentemente aspetta qualcosa, o meglio, qualcuno.
Sulla sponda Milan Mihailovich cita addirittura Napoleone per imprimere un senso alla gara vinta con sofferenze indicibili contro l’Empoli. “Una vittoria che ha il sapore di una sconfitta” disse l’”Empereur” dopo la vittoria di Eylau, frase riportata ad effetto dopo due secoli dall’allenatore del Milan per descrivere quello che il campo ha trasmesso alla folla. Una serie di attacchi simultanei dei toscani che vengono neutralizzati dall’unico tiro in porta dei rossoneri nella ripresa. Gesto capace di regalare la vittoria insperata e immeritata al Milan. Ma per dirla alla Galliani: “Le sofferenze poi passano ma le vittorie restano”. Pare abbia studiato anche lui alla perfezione le citazioni del Bonaparte.
Al San Paolo di Napoli ognuna delle due squadre accusa cali paurosi di zuccheri evidenziati in perfetto sincronismo un tempo per parte: decisamente meglio il Napoli all’inizio, chiude la Sampdoria in rimonta che pareggia e addirittura rischia di vincere. La sintesi della gara è double-face. Nel primo tempo esistono solo i partenopei scatenati e decisi a vincere l’incontro. Mentre Higuain dalle sembianze di un alieno sceso in campo direttamente da Marte realizza un gol dopo 10’, i Doriani stanno a guardare fissi come le stelle. Segna il Napoli, balla sulle punte raddoppia con lo stesso Pipita alla mezz’ora…. Poi il buio. Lo spogliatoio ha un effetto anestetico per i napoletani che rientrano in campo inebriati dagli effluvi soporiferi, effetto deleterio dovuto alla convinzione di aver già vinto la partita. Ed invece la Samp si sveglia, il vecchio leone Walter Zenga ruggisce ai suoi lungo il tunnel che conduce al campo di gioco. Minaccia, scalpita ed urla il suo rammarico per essere sotto di due gol. La sua voce ha un effetto immediato. I blucerchiati approfittano dei balletti leziosi dei padroni di casa e colpiscono duramente ai fianchi. Bastano pochi affondi e la Sampdoria prima accorcia le distanze, poi pareggia. Si eclissa la stella del Pipita e si illumina quella di Eder, spettatore non pagante nel primo tempo. Finalmente si accorge di essere un campione ed il suo secondo gol ha la stoffa del fuoriclasse. Stoppa un pallone appena dentro l’area, con uno scatto si gira e manda per le terre con una finta due difensori napoletani, accarezza la sfera con il piatto destro, un tiro quasi sussurrato. La traiettoria lenta ad effetto stordisce Reina che lascia passare la sfera che si insacca delicatamente in rete. Tutto molto semplice, ma di una genialità efficace. La Doria a questo punto prova a vincerla. Muriel, il migliore in campo ha un rapporto confidenziale con il pallone, prima costringe Reina a superarsi per deviare un siluro dal limite, poi lo stesso Reina respinge una fucilata che finisce sul palo. Brutta botta per gli Azzurri che escono dal campo umiliati e contestati dal pubblico che fino a 45’ prima cantava ed osannava. I centrali del Napoli sono apparsi lenti ed impacciati mostrando le stesse lacune evidenziate ormai da un paio d’anni. Gabbiadini, copione già visto, resta in panchina per tutto l’incontro. Della serie: cambiano gli allenatori ma il prodotto non produce effetti sulle sorti di Manolito. La Samp in crescita sembra sulla strada giusta almeno nel carattere. Voci lontane di mercato vogliono Eder prossimo partente per la Milano nerazzurra. Zenga dopo la gara gli ha sussurrato parole indicibili promettendo di attuare la minaccia nel caso il brasiliano made-in-Italy decida di andarsene. Fossi in lui e conoscendo Zenga ci penserei due volte prima di decidere.
Libro cuore
Il Toro vince ancora, convince ed è primo in classifica a sei punti dai rivali cittadini. Ma quello che l’allenatore granata lascia trapelare in conferenza stampa mette tutti al tappeto. Parla poco della partita vinta, anzi stravinta dalla sua squadra, e pone l’accento su un aspetto popolare e sociale infinitamente più importante delle cifre. “Finalmente tornano i bambini allo stadio, hanno riempito gli spalti con le loro maglie granata. Sono i figli dell’umiltà, della serietà e del lavoro svolto”. Le parole di Mister Ventura ci riconciliano con un calcio sempre più immerso in una palude di relativismo economico. Il linguaggio usato dal Mister è merce rara quanto preziosa ed indica semplicemente una strada da percorrere se si vuole davvero evitare di cedere totalmente uno sport come il calcio alle leggi fredde ed inospitali della finanza. Utili sicuramente ad incrementare il fatturato, ma sotto certi aspetti deleterie e dannose per le aspirazioni delle nostri giovani promesse.
Seconda di Campionato:
Atalanta – Frosinone : 2-0
Bologna – Sassuolo : 0-1
Carpi – Inter: 1-2
Chievo – Lazio : 4-0
Genoa – Verona: 2-0
Milan – Empoli: 2-1
Napoli – Sampdoria: 2-2
Roma – Juventus: 2-1
Torino – Fiorentina: 3-1
Udinese – Palermo: 0-1
La Classifica:
Chievo, Torino, Inter, Sassuolo e Palermo: 6 Punti
Sampdoria, Roma: 4 Punti
Atalanta, Genoa, Fiorentina, Udinese, Milan, Lazio: 3 Punti
Napoli, H.Verona: 1 Punto
Bologna, Juventus, Empoli, Frosinone e Carpi: 0 Punti
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