Spalato si è destata alle prime luci dell'alba, svegliata dagli stessi raggi di Sole che si allungano anche sulle italiche coste situate dalla parte opposta del Mare Adriatico. Un circolo di elementi votivi illuminati dall'aurora occhieggia sull'antico molo della città romana. Più tardi il sole sarà implacabile costringendo i più anziani ad una sosta forzata nella piazzetta medievale dove a gruppi di tre si riuniranno per dare vita ad interminabili partite di "trijumf" tra sorsi ristoratori di Slijvovica gelata. L'acquavite si mescola perfettamente tra i discorsi di politica, di storia e di calcio L'oggetto principale delle discussioni tra gli abitanti della storica cittadina è l'arrivo della Nazionale di Calcio italiana di scena allo stadio del glorioso e decaduto Hajduk di Spalato.
I tifosi hanno superato indenni decine di difficoltà, il passaggio al comunismo reale, la caccia alle streghe staliniana, il conflitto civile contro la serbia e persino una guerra mondiale, la febbre per l'Hajduk non si è assopita nemmeno dopo la caduta di Tito e la caduta del muro. I drammatici scenari etnici non hanno scalfito di una virgola la passione della gente per la squadra della propria città e per il gioco del calcio in generale. Penserete che nessuna forza al mondo sia capace di tenere lontani dallo stadio una tifoseria simile. Ed invece è bastato uno scarno comunicato stampa dell' UEFA per impedire ai tifosi di assistere all'evento calcistico quasi senza precedenti. La prima (ed unica) gara giocata qui a Spalato risale quasi vent'anni fa. Finì in pareggio, 1 a 1 con l'Italia in dieci uomini per quasi tutto l'incontro. Questa volta nessuno ha assistito all'incontro nello stadio dell'Hajduk a causa delle intemperanze passate e reiterate dei tifosi croati. Durante la gara di andata a Milano , la partita venne interrotta un paio di volte perché alcuni fumogeni entrati chissà come, sono stati scaraventati sul terreno di gioco impedendo la visuale per decine di minuti all'arbitro ed ai giocatori. Partita disputata a frazioni di gioco e gara finita in pareggio per uno a uno: dopo il vantaggio di Candreva i croati pareggiano il conto con Perisic.
Ma non sono stati i fumogeni lanciati a Milano la causa delle porte sbarrate dello stadio dell'Hajduk. I cori razzisti contro la Norvegia hanno fatto peggio di quattro fumogeni, hanno offuscato un intera Nazione che oggi paga il pegno più doloroso in termini sportivi. La gara contro l'Italia in uno stadio completamente e desolatamente vuoto. La tifoseria storica dell' Hajduk ha assistito alla gara tra suoni e rumori tipici del porto notturno, vicino alla piazzetta medievale, tra acquaviti e birre ghiacciate con l'animo triste e lo spirito ferito del dodicesimo giocatore squalificato per un turno.
Conte ha paura della Croazia. La vigilia della gara non si apre tra i migliori auspici poichè in questo viaggio oltre adriatico la Nazionale è orfana di molti giocatori titolari. Zaza, De Rossi, Chiellini, l'oriundo Eder per dirne alcuni. Il tecnico cerca di infondere la sua proverbiale cattiveria agonistica ai superstiti che scendono nel catino vuoto dello stadio dell Hajduk senza accoglienza alcuna, senza il calore della folla, senza una bandiera ad onorarne il merito calcistico di un secolo di vita e di vittorie. Semplicemente in campo come una partitella del giovedì tra scapoli ed ammogliati in cui gli attori improvvisati recitano un personalissimo copione immaginario fatto di folle trepidanti ed oceaniche al seguito, per poi svegliarsi inopinatamente dal sogno ad occhi aperti, trovare il campo di calcetto miseramente vuoto e ritornare in fabbrica la mattina seguente.
Gli schieramenti
Il modulo di Conte prevede la difesa a quattro, De Silvestri, Astori, Darmian e l'unico bianconero, Bonucci. Un solo mediano, Pirlo triste ed abbandonato in mezzo al campo, poi altri quattro centrocampisti: Parolo, Marchisio, El Shaarawi e Candreva questi ultimi due smontabili all'occorrenza come difensori ed attaccanti a seconda delle circostanze. Unica punta l'"inglese" del Southampton Pellè, che non aveva sfigurato nella gara di andata a San Siro.
Questa Italia coperta fino alle spalle nel caldo torrido di Spalato sembra davvero eccessivamente prudente. Ma Conte aveva avvisato i naviganti nel temere le acque perigliose dell'Adriatico specialmente sotto costa croata. Le innumerevoli isole che compongono il litorale sono state fatali per molte navi della Serenissima che pur conosceva quel pelago a menadito.
Il fischio d'inizio è in realtà un sibilo lacerante udito perfettamente nel silenzio dello stadio. Le voci dei giocatori si distinguono nettamente , chiamano il pallone, segnalano ad un compagno l'arrivo dell'avversario, le parole di Buffon che già striglia il suo reparto sono perfettamente udibili anche dalla sala stampa. Ma più di tutte cattura l'attenzione la voce di Conte, le sue grida arrivano fino al porto, alla piazzetta medievale gremita dai tifosi dell'Hajduk che sicuramente si saranno chiesti chi mai fosse uno che mostra tanta protervia tra le mura nemiche.
I gol
Dopo sette minuti il primo colpo di scena, anzi due. Incursione in area di Srna che si lancia il pallone verso il fondo. Preso dal panico Astori si avventa con irruenza degna di un cavaliere medievale con corazza ed armatura e frana addosso al povero croato che piomba a terra più sorpreso dall'impeto dell'italiano che soddisfatto dalla concessione del Penalty. Si incarica del calcio di rigore una vecchia conoscenza del calcio internazionale, Mandzukic. L'attaccante dell'Atletico Madrid sistema il pallone sul dischetto. Buffon cerca le armi per confondere il croato spostandosi nervosamente tra i pali e le trova tuffandosi alla sua destra neutralizzando il tiro debole e prevedibile dell'attaccante della Croazia.

Buffon para il rigore
Pochi minuti dopo un perfetto cross dopo un azione in velocità mette il Faraone nelle condizioni di depositare in rete un pallone invitante servito dalla destra. El Shaarawi è lesto a farsi trovare all'appuntamento con il gol e mette in rete, ma il guardalinee frustra dapprima le esultanze degli italiani poi zittisce le rimostranze per il gol annullato. E mentre almeno quattro giocatori azzurri si attardano a protestare davanti all'uomo con la bandierina, l'arbitro nel frattempo aveva fatto riprendere il gioco. Proprio come un perfetto contropiede tra la famosa gara aziendale di cui sopra, la difesa italiana si fa uccellare di brutto dalla scaltrezza croata che seguita il gioco presentandosi davanti all'area in superiorità numerica schiacciante. Rakitic offre un delizioso assist a Mandzukic che a porta spalancata segna nonostante l'uscita del guerriero e capitano tra i pali. Buffon nell'estremo tentativo di evitare la rete rimedia anche una serie di tacchetti che si stampano sul ginocchio causati dalla furba ed inopportuna pedata rifilata dall'attaccante croato al portiere azzurro. Questo scherzo poi costerà a Buffon un posto in panchina per tutta la ripresa e dieci punti di sutura.
Una buona occasione alla mezz'ora capitata tra i piedi del Faraone è il preludio al calcio di rigore assegnato agli azzurri. Un cross di Pirlo dalla destra attraversa tutta l'area avversaria, ma mentre la sfera sta per essere incornata da Pellè, il braccio galeotto di Mandzukic la toglie letteralmente dalla cabeza dell'attaccante italiano. Rigore ineccepibile ed esecuzione lasciata ad Antonio Candreva che con glaciale noncuranza sistema la sfera sul dischetto, fa quattro passi indietro, prende una breve rincorsa e calcia con la parte superiore del collo del piede imprimendo alla pelota una traiettoria a palombella blanda, lenta e centrale chiamata volgarmente "cucchiaio". Definizione quasi bandita dai vocabolari dei portieri di mezzo mondo per il dileggio e l'irridenza con la quale viene eseguita nei confronti degli estremi a difesa dei pali.
Allo scadere della prima frazione Pellè ha una ghiotta occasione ma la getta alle ortiche. Un invitante assist non si trasforma in rete per mancanza di precisione dell'attaccante italiano che tira debolmente verso il portiere che ha tutto il tempo di deviare in calcio d'angolo.
Nella ripresa non accade più nulla, la cronaca di un pareggio annunciato trova conforto nelle giocate senza storia delle due squadre, le sostituzioni la dicono lunga sulla volontà di vincere la gara. Conte infatti, oltre a Sirigu al posto dell'infortunato Buffon, rinforza ulteriormente gli argini ed invia in campo un difensore, Ranocchia al posto di un attaccante, El Shaarawi. Anche gli spifferi possono sembrare uragani quando si teme eccessivamente la tempesta.
Triplice fischio
Finisce in parità senza "ultra mortem patebant" così come era cominciata. Senza pubblico ne vinti e nemmeno vincitori. Gli unici sconfitti della serata sono stati i tifosi esuli della Croazia compatti ed uniti vaganti nelle piazze della Spalato medievale, ed alcuni loro conoscenti che nottetempo con una vernice ritardante hanno dipinto una croce uncinata sull'erba sbiadita dello stadio dell'Hajduk. Il commento non aggiungerebbe alcun risalto a ciascuna parola che non sia già stata detta a riguardo, ora si attende solo la mannaia fustigatrice sul capo della già vituperata federazione croata ed i suoi scellerati tifosi che torneranno a vedere una partita della Croazia non prima di qualche decennio.
Conte esce indenne da Spalato. Non ha perso ma non ha neanche vinto, e con questo colleziona il terzo pareggio di fila che mette a nudo un po tutte le magagne che condiscono questa Nazionale. Alcuni vedono il bicchiere mezzo vuoto, molti spinti da uno strabordante ottimismo lo vedono mezzo pieno. Altri ancora non vedono nemmeno il bicchiere. Conte si accontenta del pari e per tutto il secondo tempo alza gli argini per evitare l'inondazione deleteria di "una delle squadre più temute d'Europa". Già perché pare che ogni volta che questa Italia affronta un avversario sembra debba confrontarsi sempre con i propri fantasmi.
Comunque per vederla con sagace ottimismo il tecnico di Lecce ha preso le misure ad una qualificazione ormai centrata con questo sofferto pareggio. Non abbiamo perso contro una squadra oggettivamente più forte di noi, seppur partiti alla volta di Spalato completamente incerottati ed incompleti. Il Calcio di Giugno riserva queste mancanze di attenzione tra giocatori che hanno inseguito per una stagione intera trofei a destra ed a manca per tutto il vecchio continente. Un calo fisiologico è ammesso seppure con riserva. Gli altri problemi non sono affatto imputabili a Conte ma a tutto il sistema del calcio e per come è composto. Se in campionato abbiamo un capocannoniere di 38 anni suonati qualcosa suona strano. Ma questo sarà un altro argomento da affrontare in seguito, magari dopo una corroborante domenica sotto una palma a snocciolare gloriose formazioni azzurre di altri tempi tra vecchi e nuovi amici a meditare sulle differenze tra vecchio e nuovo corso… decisamente stiamo invecchiando.