Dopo dodici anni la Juventus conquista una finale di Champions eliminando il Real Madrid proprio al Bernabeu, stadio epico situato nel cuore della capitale spagnola e teatro di mille vittorie delle Merengues. Una volta tanto tocca anche a loro e questa sera il pubblico di fede madridista ha dovuto celebrare a malincuore i fasti della squadra avversaria . La partita finisce con i “blancos” e la gente di Madrid in lacrime mentre in un contrasto disarmonico dall’altro lato del campo di gioco i paladini bianconeri , stasera in una mise blu elettrico per l’occasione, a godersi la passerella finale sotto lo spicchio dei tifosi juventini ebbri di gioia e di incredulità per la finale che già a dicembre sembrava un miraggio. Il Santiago Bernabeu si era preparato nella sua veste migliore per accogliere i propri eroi ed i giocatori ospiti, pronto ad incutere il rispettoso timore agli avversari con una scenografia impressionante in una serata tropicale estiva ed atipica per queste latitudini con la colonnina che staziona sui 35 gradi . La Juve prova a forzare il cupo destino, non se la sente di scendere in campo come l’ennesima vittima sacrificale, come un toro che attende l’ultima platea in cui andare in scena per poi finire nel modo che tutti noi sappiamo. Alzano lo sguardo al cielo i giovani eroi bianconeri , guardano dritti gli enormi spalti gremiti dalla folla che non aspetta altro di vederli al tappeto implorando clemenza. Entrano sicuri nell’arena per giocarsi la finale contro un avversario che ha vinto la “decima” proprio l’anno scorso e che ha forgiato il simbolo della vittoria nell’angolo recondito dell’anima.
Il fischio d’inizio annuncia che l’attesa è finita , ora si fa sul serio. Ancelotti schiera il suo 4-3-3 d’ordinanza con il tridente stellare composto da Bale, Benzemà e Cristiano Ronaldo. Allegri sistema il suo manipolo ordinato con quattro difensori disposti in linea dinamica con due centrali, Chiellini e Bonucci e due esterni Evrà e Lichtseiner liberi di sganciarsi a supporto del centrocampo a tre con Pirlo mediano, Marchisio in fase di copertura e Pogbà come intenditore . Vidal al centro staziona almeno dieci metri più basso rispetto alla sua ideale posizione volto a proteggere più che ad offendere. Le due punte Morata e Tevez nella terra di nessuno chiamati al preciso compito di pungere per tenere sulle corde gli esterni del Real. Ancelotti trova un occupazione a tempo indeterminato a Kroos e per tutta la partita lo colloca sulle linee dove stazionano Pirlo e Vidal, Ramos rientra nei ranghi e ritrova il suo posto nella difesa dopo la fugace e disastrosa apparizione a centrocampo nella gara di andata a Torino. Marcelo e Carvajal propulsori esterni di fascia .
Primer Tiempo
L’inizio promette bene per gli italici vessill , infatti sul campo la Juve non annichilisce, preme, pressa alto e riparte con slancio. Il Real dapprima esita quasi incredulo poi comincia a manovrare con virile entusiasmo. Si chiamano a memoria i “blancos”, sbucano da ogni angolo ma sono sempre ben contenuti dall’attenta retroguardia juventina, che si fa però sorprendere in un paio di occasioni da Benzemà che una volta sparacchia alto ed un'altra purtroppo per lui trova Buffon sulla sua conclusione. Una punizione di CR7 merita una nota solo per la coreografica preparazione quasi maniacale del pallone d’oro, tre passi indietro, gambe divaricate, respiro profondo e tiro deviato dalla barriera. Tanto rumore per nulla. Al 20’ Bale si rende pericoloso, traguarda il bersaglio e sgancia il siluro deviato in angolo dal capitano inossidabile della Juventus e della nazionale Gianluigi Buffon che con questo intervento, ed altri nel corso della gara, si merita il titolo di migliore in campo ex-aequo con Morata. Il destino si accorge dei cori dei tifosi dei “galacticos” ed invia un messaggero in area di rigore per infondere una pozione magica capace di stordire il gigante Chiellini quel tanto che basta per fargli perdere il senno per un attimo e farlo franare goffamente su James Rodriguez che si apprestava a calciare in porta. Fischio acuto, braccio alzato dell’arbitro e dito sul dischetto, il brivido si materializza in un liquido gelido che scorre lungo la spina dorsale della notte. Batte CR7, tiro centrale ma violento, Buffon sceglie il suo lato destro per intercettare il tiro ma si piega solo per raccogliere la sfera in rete. Siamo al 23’ ed il Real passa in vantaggio. Si sciolgono le merengues, cavalcano l’onda del provvisorio vantaggio con giocate sul velluto, innescano pericolose incursioni che solo Buffon riesce a disinnescare, corrono rapidi e veloci sul campo ma le conclusioni hanno il piede rozzo della frenesia di raddoppiare e spesso l’esibizione muscolare di bicipiti non inganna la retroguardia bianconera che copre senza affanni. Ronaldo e Benzemà vanno tenuti in stretto abbraccio come fossero vecchi amici, guai a lasciare loro spazi isolati di libertà. Una sola zolla di terra per loro rappresenta una prateria, se gli lasci un metro come per incanto si girano di scatto e ti lasciano a mangiare il sapone. Bale e James Rodriguez si scambiano i ruoli, Marcelo apre la manetta e si spinge fin oltre i tabelloni pubblicitari, Pogbà fatica ma regge l’urto, Marchisio è l’uomo ovunque. Ogni angolo battuto dal Real e sottoposto ad una attenta analisi della panchina, Ancelotti si cura di far alzare il suo secondo per controllare le posizioni dei suoi delanteros. Non è affato opera del caso se il tecnico parmense siede su una delle panchine più prestigiose del mondo. Proprio su corner alla mezz’ora Buffon respinge un insidioso colpo di testa di Benzemà che svetta in alto ma non imprime alla sfera la giusta potenza. Ci riprova CR7, raccoglie in area un cross dal fondo ma il suo tiro finisce a lato. Ci prova ancora Benzemà ma Buffon si oppone ancora una volta ed esce vincente nell’ipotetico e suggestivo confronto tra portiere ed attaccante in una personale e singolare tenzone. Ad un minuto dal fischio della prima frazione mister 80 milioni James Rodriguez trascina la gamba in area e simula un fallo in area puntualmente ammonito da Eriksson. Il primo tempo si chiude, un the caldo ed uno scambio di idee attendono i calciatori nello spogliatoio, luogo di immani e malcelate sfuriate ma anche uno spazio unico dove l’unità e la compattezza di una squadra si mostra come in nessun altro settore.
Medio Tiempo
“Se la gara dovesse finire adesso il Real sarebbe qualificato” osa bofonchiare qualcuno dei presenti, subito ammonito e comandato a prelevare una scorta di birre dal freezer. Al 51’ Marchisio prova dalla distanza dopo una bella azione di disimpegno, il suo bolide sibila di poco sopra la traversa di Casillas. Morata si sbraccia, chiama largo il pallone che però per la fretta di gli viene servito sempre centrale favorendo in questo modo l’anticipo di Sergio Ramos. Gli specchi riflettono sempre il rovescio dell’immagine ma anche ciò che non possiamo vedere normalmente alle nostre spalle, e quello che non riusciamo a scorgere è proprio la capacità dei blancos di fare la partita. La Juve si dimostra tenace, concreta, spiazza tutti gli scettici che la volevano difensivista fino all’estremo sacrificio ed invece si dimostra viva e presente. Non cede di un metro nemmeno sotto tortura, a volte barcolla sotto i colpi degli spagnoli, in una occasione Pogbà preso dal panico intercetta un pallone in area e lo respinge dove e come può, Marcelo raccoglie l’invito ma sbaglia di poco il tiro. Al 55’ la Juve gestisce male una ripartenza, quasi per liberarsi dalla morsa degli attaccanti del Real, in tutta fretta viene servito un pallone a Morata che non ha il tempo di sottrarsi dal fuorigioco e l’azione sfuma.
L’hombre del partido.
Corre il minuto 57. Pogbà sacro guerriero watusso rimette al centro un pallone di testa preda di Morata che da vero centravanti lo stoppa di petto con un movimento armonioso ed equilibrato , lo spagnolo nato proprio a due passi dallo Stadio coglie al volo l’opportunità che il destino gli ha concesso in una notte caliginosa ed unica, mentre la palla è ancora a mezz’aria la protegge con il corpo occultandola alla vista dei difensori spagnoli. Il pallone scende per insopprimibile gravità fino a congiungersi con lo scarpino dorato del piede di Alvaro, il numero nove traguarda la porta mentre il tempo sembra congelarsi anche nell’insopportabile calura del Bernabeu. Casillas attende la bordata che puntualmente arriva, tira al volo e segna. La notte si fa meno buia, la folla di fede bianconera acclama i prodi che in generosa referenza li omaggia della presenza fin sotto la curva dove sono assiepati i circa 2000 tifosi juventini.
Si ricompatta il Real dopo il pareggio, si comprime sulle fasce e si assesta all’indietro in fase di non possesso la Juventus. alla mezz’ora dopo un mezzo assedio la piu bella azione della partita. James spalle alla porta di tacco lancia in profondità Marcelo che dalla linea di fondo in velocità supersonica mette in area per Gareth Bale il quale spinge il pallone fuori di un soffio per il disappunto dei tifosi e dei compagni. Benzemà in riserva di ossigeno e di idee viene sostituito da Chicharito mentre continua la pressione dei Galacticos. James servito da Bale con un tiro da fuori non trova la porta e nel successivo capovolgimento di fronte la più incredibile delle azioni della Juve: Vidal serve Marchisio, il centrocampista di destro piazza la sfera sul palo sinistro e Casillas sull’anticipo si supera. Iker Casillas aveva previsto nella sua immensa esperienza che il pallone sarebbe finito proprio su quel lato della porta, un riflesso in anticipo che gli ha permesso di vanificare il tiro a colpo sicuro di Marchisio. La grandezza di un lavoro che non consente leggerezze crea dei campioni come il portiere del Real. Manca un rigore ai Blancos per un atterramento di Evra ai danni del solito James, mancano anche di precisione le merengues, producono molto in fase offensiva ma le conclusioni sono poco precise. Intanto Allegri prepara Barzagli, lo fa alzare dalla panca, poi ci ripensa ed opta su Pereyra, anzi no, ci ripensa ancora ed alla fine in un perfetto gioco di spie inserisce Barzagli al posto di Pirlo che esce tra gli applausi del pubblico. Il Bernabeu sa sempre apprezzare i grandi campioni. Barzagli ricompone la difesa a tre con gli esterni Lichtsteiner ed Evrà pronti a sganciarsi e, come accadrà tra breve, a tenere in piedi l’assetto difensivo per l’ultimo assalto dei blancos. Kroos finalmente scevro dalla presenza di Pirlo si permette qualche timida conclusione. Lichtsteiner ammonito protesta in una lingua sconosciuta e gutturale ed infiamma la reazione del pubblico inferocito del Bernabeu. Marcelo è l’uomo ovunque del Real, Marchisio lo è della Juventus .
Tiempo finàl
Manca un quarto d’ora, ora l’accerchiamento è completo. Le torri e le macchine d’assedio sono pronte per l’ultimo assalto. I bianconeri preparano le difese, scavano fossati e preparano gli spuntoni per respingere i cavalleggeri spagnoli, mitici guerrieri di epoca punica. Allegri tenta di affrettare i minuti, mette in campo forze fresche, entra Llorente , altro spagnolo al posto di Morata che esce subissato dai fischi del Bernabeu. Ci resta male Alvaro, ma che cosa puoi aspettarti da un pubblico al quale hai fatto due gol? Non certo petali di rose. Cinque minuti ancora di passione a Madrid. Dopo quasi un ora e mezza di gioco i piedi diventano ruvidi, si perde la sensibilità per la stanchezza, la lucidità manca, ora è un gioco di nervi. Tre minuti e qualcosa di recupero e la Juve è qualificata per Berlino. Casillas non si scompone sul tiro di Pogbà e respinge a pugni chiusi ma con gli occhi ben aperti. Sbanda il Real, ha paura e si vede. La Juve cerca il colpo del KO, prova a pressare alto per tenere le merengues lontano dall’area di rigore. Il triplice fischio è una liberazione. Finisce la partita del Bernabeu con il risultato di uno a uno in una serata storica che riporta la Juventus con merito a giocarsi una finale di Champions a Berlino il 6 Giugno contro le Star del Barcellona. Stavolta le stelle però sono bianconere, Buffon alza le braccia al cielo di Madrid in trepidante attesa e con il velato ottimismo di alzare la coppa tra un paio di settimane, con il luminoso presagio di poter colorare ancora una volta con il tricolore il cielo sopra Berlino, benvoluto ed adottato dalle moltitudini italiche presenti nella mitica finale dei Mondiali del 2006.