“Negli anni ho parlato con gli esperti top mondiali, dai vertici delle case farmaceutiche, ai medici, agli accademici. Gli ho domandato qual è a livello cellulare la cosa più potente per cambiare una cellula? Tutti invariabilmente mi hanno risposto “il digiuno””.

Ci ha detto così la scorsa settimana Valter Longo, l’ideatore genovese della dieta della longevità. Ed è su questo potente alleato, gratuito e a disposizione di tutti noi, che si è incentrata parte della nostra conversazione telefonica.
Leggendo The Longevity Diet si rimane colpiti subito dalla traiettoria per cui da sedicenne appassionato di chitarra rock Longo è arrivato a dirigere uno dei centri più prestigiosi al mondo nel suo campo, quello della longevità, alla University of Southern California, la Davis School of Gerontology di Los Angeles – oltre che essere il direttore del programma di ricerca di Longevità e Cancro presso l’Istituto di Oncologia Molecolare Ifom di Milano.
Gli abbiamo dunque rivolto alcune domande. Lo scienziato ha ideato in decenni di sperimentazione clinica e in laboratorio una dieta “mima digiuno” da eseguire tre volte l’anno che porta benefici a livello cardiovascolare, di diabete, di prevenzione di cancro e malattie neurodegenerative, e quindi a vivere più a lungo. Per cinque giorni si mangia e si beve solo quello che è indicato nel protocollo “Prolon”. L’operazione non ha scopo di lucro: i proventi dalla vendita sia di questo prodotto che del libro vanno alle fondazioni dedite alla ricerca.
Di dove è in Italia? Dove cioè si è formato il suo rapporto con il cibo e la terra? C’è qualche “piatto del ricordo” che si porta dietro dalla sua infanzia?
“Sono ligure ma i miei sono calabresi, ho passato molto tempo tra Genova e la Calabria. Il mio piatto della memoria, che mangio tutt’ora è la “pasta e vaianeia”, cioè una sorta di minestrone con varie verdure, tra cui i fagiolini. Anche quando sono a Los Angeles me lo preparo, con ingredienti locali”.

Che cosa l’ha portata inizialmente negli USA?
“Volevo studiare musica e raggiunsi una mia zia a Chicago a sedici anni con la chitarra dentro lo zaino. Pensavo di starci un mese, dal 24 luglio al 24 agosto, e invece sono poi rimasto qui a studiare”.
C’è un aspetto del suo training musicale che ha in seguito informato la sua ricerca?
“La musica ha vari elementi in comune con la ricerca scientifica come l’improvvisazione e la forte struttura matematica: mi piace riportare l’esempio dei “radicali liberi” nella teoria dell’invecchiamento. Pretendere di prolungare la durata della vita semplicemente assumendo vitamina C sarebbe come voler migliorare una sinfonia di Mozart aumentando il numero dei violoncelli: per quanto il violoncello sia uno strumento stupendo l’operazione non funzionerà. Parimenti, non si può pretendere di modificare in positivo una struttura complessa come l’organismo, che si è evoluta in migliaia di anni con un semplice supplemento”.
Quando le è stato chiaro che il percorso di studi che più le si addiceva l’avrebbe portata a studiare l’invecchiamento? Dove si trovava in quel momento?
“Ero all’Università in Texas, passai dalla musica alla biochimica”.
Quali sono le differenze principali tra la dieta della longevità e la dieta mediterranea?
“Ci sono sicuramente elementi comuni, ma la dieta mediterranea fu formulata in un certo periodo storico. Questo fa sì che alcuni degli clinici su cui è basata sono segno di quell’epoca, basti pensare alla grande povertà del dopoguerra, cui fece seguito il benessere economico – con le relative conseguenze sull’alimentazione”.
Si parla ora spesso e ovunque di digiuno e dei vantaggi ad esso legati. Che parte ha il digiuno nella dieta da voi elaborata, e che effetto le fa sentirne parlare giornalmente su riviste, social, al bar etc. La ritiene una diffusione positiva o controproducente?
“Sia l’uno che l’altro. Effettivamente il digiuno è adesso il dietary pattern più diffuso al mondo, una sorta di movimento planetario. Ma digiunare in sé non vuol dire nulla, proprio come mangiare: c’è modo e modo di farlo, e ambedue le attività possono portare grande aiuto e grande danno. Certo mi colpisce leggere ovunque del digiuno intermittente delle 16 ore (tra parentesi, quello che io consiglio è piuttosto 12 ore).
Direi che sentirne parlare è un buon punto di partenza. Da lì si comincia e poi ci si documenta”.
Che differenza c’è tra un regime di digiuno e una “starvation diet” a limitazione calorica come quella che studiò Keys, o quella di Ray Walford che cita nel suo libro? Cioè a un lettore inesperto e curioso potrebbe sembrare un controsenso: perché la limitazione calorica porta a un deperimento, mentre il digiuno porta a un ringiovanimento?
“Una restrizione calorica fatta senza criteri scientifici e non testata clinicamente porta alla perdita di massa magra e rallenta il metabolismo. Nel digiuno, o meglio nella dieta “mima digiuno” che noi proponiamo e abbiamo testato clinicamente, non c’è perdita di massa magra”.
In che cosa crede che il suo essere italiano abbia influito sulle sue scelte alimentari, e anche nell’ideare la dieta mima digiuno dei cinque giorni?
“Il nostro kit dei cinque giorni contiene dei preparati che avrebbero potuto essere fatti di molti tipi di ingredienti, a parità di nutrimenti. Ma nella formulazione ha avuto un ruolo chiave lo studio che abbiamo portato avanti con i centenari, sia in Sud Italia che ad Okinawa in Giappone. La nostra dieta, testata clinicamente, è tutta composta di ingredienti vegani che si trovano nel cibo che si consuma in questi due luoghi”.
Oltre alla lettura del libro, come può un lettore avvicinarsi al materiale che ha elaborato in trent’anni di studio?
“Offriamo spesso dei seminari gratuiti. Il prossimo appuntamento, su adolescenti e obesità si terrà in diretta il 2 marzo e in differita il 7 marzo. Per informazioni e iscrizioni mandate un messaggio qui: gro.ognolretlavenoizadnof @enoizacude
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