Il rallentamento di emissioni di gas serra prodotto dalla pandemia è stato solo temporaneo, e queste sono rapidamente tornate ai livelli pre-epidemici, senza dare nessun segno di una ripresa “green” dopo il lockdown delle maggiori economie globali: lo dichiara il report sul clima del 2021 di United in Science, pubblicato oggi.
Il report United in Science 2021 è il terzo del suo genere ed è coordinato dalla World Meteorological Organization (WMO), riunendo le principali organizzazioni scientifiche del mondo che si occupano di ricerca climatica (UN Environment Programme (UNEP), Organizzazione Mondiale della Sanità, Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) e World Climate Research Programme (WCRP)).
Le stime preliminari indicano, appunto, una ripresa rapidissima nelle emissioni nel 2021, dopo un declino nel 2020 dovuto al Covid-19. In particolare, le emissioni dovute all’industria ed alla produzione di energia sono tornate ai livelli del 2019, superandoli in alcuni casi, già nel primo semestre del 2020.

Secondo il report c’è una crescente probabilità che, nei prossimi cinque anni, le temperature medie eccedano gli 1.5°C sopra i livelli preindustriali, cioè che superino quel limite massimo che gli esperti hanno indicato come il punto “di non ritorno”, oltre il quale i peggiori esiti naturali non potranno essere evitati.
“Questo è un anno cruciale per le azioni climatiche. Questo report delle Nazioni Unite e dei partner scientifici globali fornisce una valutazione complessiva della più recente scienza sul clima. Il risultato è un quadro allarmante che mostra quanto siamo fuori strada”, ha commentato nella conferenza di presentazione del report il Segretario Generale ONU Guterres. A cinque anni dall’adozione degli accordi di Parigi, infatti, il gap tra le emissioni ideali e quelle reali è il più ampio della storia: l’obiettivo che i paesi si sono prefissati, le cosiddette Nationally Determined Contributions, è ogni anno più lontano e più improbabile da raggiungere.
“A meno che non ci siano immediate, rapide e massicce riduzioni nelle emissioni di gas serra limitare il surriscaldamento sotto 1.5° sarà impossibile, – ha detto il Segretario – con conseguenze catastrofiche per le persone ed il pianeta”. Secondo il report, per quanto sia incoraggiante che molti paesi, che coprono circa il 63% delle emissioni globali, si siano impegnati a raggiungere l’impatto zero entro il 2050, non c’è sufficiente traccia di questi obiettivi nelle politiche a breve termine, relative a questo decennio. In altre parole: di questo passo, sono promesse vuote.

Come già confermato da molte prestigiose testate scientifiche, l’aumento delle temperature ed il cambiamento climatico sono la fonte degli eventi metereologici estremi cui abbiamo assistito con insolita frequenza negli ultimi anni. Ad esserne colpite sono principalmente le popolazioni vulnerabili, come dimostra un’analisi pubblicata dalla Federazione internazionale delle società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa: dall’inizio della pandemia, i disastri climatici hanno colpito almeno 139.2 milioni di persone, togliendo la vita a 17’242 di loro.
Il presidente della Federazione, Francesco Rocca, ha presentato il nuovo report: “il mondo affronta crisi umanitarie senza precedenti dove il cambiamento climatico ed il Covid stanno spingendo le comunità al limite. In vista del COP26, chiamiamo i leader mondiali a prendere provvedimenti immediatamente non solo per ridurre le emissioni serra, ma anche per far fronte agli impatti attuali ed imminenti del cambiamento climatico”.
Anche il Segretario Guterres, a cui è molto caro il tema della solidarietà globale, ha espresso la necessità di fornire molto più supporto ai paesi in via di sviluppo: “occorre molta più solidarietà, inclusa la piena realizzazione dell’impegno di lunga data sui finanziamenti per il clima per aiutare i paesi in via di sviluppo a intraprendere azioni per il clima”, ha ricordato, facendo riferimento alla promessa dei paesi del G7 di fornire 100miliardi di dollari all’anno per garantire ai paesi in via di sviluppo di poter crescere senza adottare lo stesso modello di sfruttamento naturale insostenibile utilizzato dai paesi occidentali.