Dopo alcuni mesi di notizie sostanzialmente positive, negli ultimi giorni gli Stati Uniti stanno assistendo ad un aumento dei casi di Covid-19 registrati ogni giorno, con una media di circa 65mila quotidiani nell’ultima settimana. Non un aumento da poco: è quasi un quinto in più rispetto ai numeri di metà marzo.
La direttrice Rochelle Walensky del CDC non ha nascosto la sua preoccupazione, quando lunedì ha abbandonato il copione prestabilito delle sue dichiarazioni durante una conferenza stampa ha detto di avere una sensazione di “minaccia incombente”. “In questo momento sono spaventata”, ha aggiunto la direttrice, facendo riferimento alla dissonanza tra la realtà dei dati epidemiologici e la pressante volontà di cittadini e politici di sollevare definitivamente le restrizioni.
Già, perché la pandemia non è ancora terminata. Gli stati più colpiti in questo momento sono ancora una volta quelli del Nord est: New York, New Jersey, Michigan. I numeri negli USA sono molto lontani da quelli dello spaventoso e vertiginoso picco di gennaio, ma non così dissimili da quelli della scorsa estate, che destavano al tempo tanto allarme.

Gli scienziati e gli esperti tuttavia non sono affatto sorpresi: la variante più contagiosa del virus, la B.1.1.7 nota come variante inglese, è diventata dominante negli USA. Un evento previsto già da gennaio su cui era stato lanciato l’allarme sin da allora.
La diffusione di una variante più contagiosa è mitigata dal fatto che molti americani sono già stati infettati e moltissimi altri vaccinati, ma al contempo è coadiuvata dalla stanchezza della popolazione, che si comporta in modo meno prudente, e dalle decisioni politiche di molti governatori e sindaci che hanno progressivamente eliminato provvedimenti relativi a mascherine e luoghi di assembramento.
Di variante inglese ne sa qualcosa anche l’Italia, che oggi è alle prese con un nuovo dpcm firmato da Draghi che proroga le attuali restrizioni almeno fino alla fine del mese, rimandando le riaperture di bar, ristoranti e palestre a data da destinarsi per tamponare una curva dei contagi che continua ad essere impietosa e determinare una media di decessi giornalieri che ancora si aggira attorno ai 450.

La realtà ineluttabile, per tutti i paesi che si sono trovati a fronteggiare una diffusione capillare di queste nuove varianti, sembra semplicemente essere che occorre maggiore prudenza, ancora più attenzione, poiché le vecchie precauzioni non sono più sufficienti. In Italia come in America, comportarsi come la scorsa primavera non sarà abbastanza contro un nemico più aggressivo e capace di infettare di quello di allora.
Secondo gli esperti lo sguardo al futuro dunque deve essere duplice. Da una parte c’è quello a lungo termine, ottimista e positivo: i vaccini funzionano eccezionalmente bene, si prevede che entro l’autunno la campagna di inoculazione sarà ad un ottimo punto anche qui in Europa, l’estate aiuterà con le sue temperature miti a ridurre le occasioni di assembramento al chiuso e di contagio. Ma d’altra parte c’è lo sguardo a breve termine, cauto e prudente: lasciarsi andare ora, proprio quando la variante inglese è divenuta definitivamente dominante, tanto in America quanto in Italia, sarebbe catastrofico e deleterio nell’immediato. Nonostante la fatica e la stanchezza, dopo un trascinarsi di restrizioni prorogate di mese in mese e quasi mai allentate dallo scorso autunno, occorre tenere duro ora che siamo allo sprint finale di una maratona terribile.