Secondo un nuovo studio scientifico la variante inglese del Coronavirus si sta diffondendo a macchia d’olio negli States, ad una tale velocità che i casi che presentano la ormai nota mutazione B.1.1.7 raddoppiano indicativamente ogni dieci giorni.
Ancora una volta, la pandemia scivola tra le dita dei mezzi di comunicazione, che questa mattina tiravano cubitali sospiri di sollievo sulle prime pagine dei quotidiani, titolando che il peggio fosse passato, e nel giro di poche ore si sono trovati a comunicare allarmati i nuovi dati sulla diffusione della mutazione britannica.
A questa velocità, secondo gli studiosi, entro Marzo negli Stati Uniti vi saranno più casi di variante inglese che della sua parente originale. Per la verità questa, purtroppo, non può essere esattamente definita una notizia dell’ultim’ora. Il Center for Disease Control and Prevention aveva previsto queste precise tempistiche il mese scorso, ed i nuovi studi non fanno che confermarne le proiezioni.
Questo rappresenta uno sviluppo non privo di complicazioni per tutti gli USA: si stima che su suolo americano la variante inglese si sia dimostrata tra il 30 ed il 40% più infettiva rispetto al Covid “standard”. Mantenendo le attuali precauzioni e senza imporre misure più severe, si teme che si possa verificare una situazione analoga a quella britannica, costretta ad un terzo lockdown per contenere i contagi.
Commentando i dati USA, il dottor Nicholas Davies, epidemiologo della London School of Hygiene and Tropical Medicine, si è detto allarmato: i dati statunitensi sono molto disomogenei, poiché non tutti gli Stati monitorano con la stessa efficienza la diffusione delle nuove varianti. Lo Stato a maggiore rischio nell’immediato sembra essere la Florida, ma il dottor Davies teme che i suoi dati siano rappresentativi dell’intero territorio nazionale. Se così fosse, secondo l’epidemiologo rimarrebbe davvero “poco tempo per agire”.
Un ulteriore motivo di preoccupazione è che, appunto a causa della sua maggiore infettività, la versione UK del virus si sta dimostrando più aggressiva nei confronti di bambini e ragazzi. I dati provenienti da Israele, in cui oltre l’80% degli over60 sono già stati vaccinati, mostrano un aumento di infezioni nei giovani tale da preoccupare l’Associazione dei pediatri. L’immunologa dell’Università di Padova, Antonella Viola, ha scritto su Facebook che “In Israele ad esempio si sta verificando un fenomeno preoccupante: aumentano notevolmente i casi di Covid-19 tra bambini e adolescenti, con un picco tra i 6 e i 9 anni“. Si tratterebbe di un enorme ostacolo, che potrebbe minare la possibilità di mantenere aperte le scuole.
In Italia, per ora, la situazione sembra più calma. Anche in virtù delle misure piuttosto rigide che hanno regolato gli spostamenti negli ultimi mesi, le varianti non sembrano ancora eccessivamente diffuse. Sequenziare il genoma dei tamponi positivi è un processo che richiede un certo tempo, e dunque per ora non abbiamo numeri accurati.
Tuttavia, se non dei dati numerici, possiamo fidarci dei dati empirici: laddove prendono piede, le varianti divampano rapidamente e si fanno notare, basti guardare Irlanda, Danimarca, Portogallo e, naturalmente, Regno Unito. Infatti anche in Italia i primi focolai di variante inglese, registrati a Corzano (provincia di Brescia) e Guardiagrele (provincia di Chieti), si sono fatti notare.
Gianni Rezza, direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute, ha caldamente raccomandato che le singole Regioni stabiliscano zone rosse nel loro territorio laddove si registri la presenza di varianti, nonostante quasi tutta la penisola ora sia gialla e la curva dei contagi sia per ora stabile. La maggiore preoccupazione interessa il centro Italia, infatti da domani la provincia di Perugia, sei comuni del Ternano e diverse località del Molise diventeranno zona rossa.
Per difendersi dall’avanzata di queste varianti le autorità sanitarie raccomandano di non abbassare la guardia, di continuare a rispettare rigidamente le norme di prevenzione, e soprattutto di vaccinarsi. La variante inglese, infatti, si è dimostrata suscettibile ai vaccini Pfizer, Moderna ed AstraZeneca.