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December 9, 2020
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Nel Regno Unito al via le vaccinazioni mentre l’UE guarda invidiosa

Nel V-Day gli inglesi tirano un respiro di sollievo, ma iniziano le prime reazioni allergiche. Intanto anche il Canada approva Pfizer

Sonia TurrinibySonia Turrini
ONU cerca “risposta coordinata a Covid-19”, ma i leader mondiali mancano l’obiettivo

Il vaccino Pfizer e BioNTech contro COVID-19 è efficace in oltre il 90% dei casi (BioNTech/UN)

Time: 4 mins read

Il giorno nell’Immacolata concezione è stato ribattezzato V-Day dal ministro della sanità britannico Hancock. Come regalo di Natale anticipato, ieri, la Gran Bretagna ha iniziato la sua campagna di vaccinazione; si tratta del primo paese occidentale. “Oggi segna l’inizio del contrattacco contro il nostro comune nemico, il coronavirus”, ha detto Hancock.

Ormai superstar mondiale, la prima vaccinata è stata la novantunenne Margaret Keenan, con la sua adorabile t-shirt natalizia adornata di pinguini. Sui social già tutti si chiedono, scimmiottando i complottisti no vax, che cosa Bill Gates farà fare per prima cosa alla signora Keenan, ora che finalmente grazie al farmaco si trova sotto il suo fantomatico controllo.

La 91enne Margaret Keenan, la prima donna al mondo a ricevere il vaccino antiCovid-19 (Youtube)

La prima giornata di vaccini in UK pare essersi svolta senza intoppi: oltre 50 ospedali in tutto il Paese inoculano il farmaco. Come annunciato si è iniziato dai membri più fragili della comunità, cioè gli anziani, che hanno poi regalato alla stampa britannica allegre interviste in cui raccontano di non vedere l’ora di poter riabbracciare le famiglie.

Per ora, solo due quarantenni, subito dopo aver ricevuto la dose del vaccino sono stati colpiti da “reazione anafilattoide”. Ciò nonostante si sono ripresi immediatamente e la BBC ha riportato che il professor Stephen Powis, direttore medico del NHS in Inghilterra, ha affermato che questi sono sintomi “comuni con i nuovi vaccini”, ma ovviamente non dovrebbero essere somministrati a persone allergiche a qualsiasi sostanza presente.

Come sarà anche negli USA e, pare, in Italia, anche gli UK hanno affidato all’esercito l’organizzazione. Sono pronti a somministrare 800’000 vaccini nelle prossime settimane, e hanno già assicurato l’arrivo di 4 milioni di dosi entro fine mese. Anche Boris Johnson, in visita ad un ospedale londinese, ha fatto la sua parte, ricordando ai cittadini l’importanza di farsi vaccinare, non solo per la propria salute, ma anche per la comunità.

Il primo ministro inglese Boris Johnson (wikimedia)

Il vaccino utilizzato per ora dagli inglesi è quello Pfizer. Nel corso della giornata di ieri anche la FDA ha concordato che, dai dati forniti, non vi sia ragione di considerarlo rischioso. Giovedì dovrebbe annunciare l’approvazione formale per l’uso emergenziale. Il tutto rende ancora più complesso, per Trump, giustificare la decisione di rifiutare, questa estate, l’offerta fattagli da Pfizer di assicurarsi più dosi per gli USA.

Intanto il Canada ha approvato il vaccino Pfizer. Il primo ministro Justin Trudeau ha fatto sapere che il paese potrebbe ricevere fino a 249.000 di dosi entro la fine dell’anno e che la nazione si sta preparando alle prime somministrazioni.

Procede bene anche AstraZeneca, il cui vaccino è stato considerato “sicuro ed efficace” secondo un articolo pubblicato ieri da Lancet. Nel frattempo, giunge notizia che, secondo i trial condotti negli Emirati Arabi Uniti, il vaccino cinese sia efficace all’86%, e Xi Jinping promette di renderlo fruibile in tutto il mondo. Tuttavia, su quel vaccino, come su Sputnik V prodotto dalla Russia, vi sono pochissime informazioni, e sulle banche dati scientifiche internazionali non si trova quasi nulla a riguardo.

Mentre il Regno Unito procede, il resto dell’Europa guarda invidiosa. Perché la Gran Bretagna ha potuto iniziare la campagna di vaccinazione prima degli altri? Sarà perché, grazie alla Brexit, non deve sottostare alle regole dell’UE, perpetua antagonista, come viene detto da alcuni? Diciamolo una volta per tutte: no.

La Gran Bretagna è ancora nell’Unione Europea, fino alla fine del 2020, e pertanto sottostà esattamente alle stesse regole degli altri, Italia inclusa. Come tutti gli altri Paesi dell’UE, può non aspettare le delibere dell’EMA (European Medicines Agency) sui vaccini e utilizzarli fornendo una autorizzazione d’emergenza. A differenza di tutti gli altri Paesi dell’UE, ha deciso di farlo, e procedere prima che l’EMA renda pubbliche le sue conclusioni sul farmaco Pfizer. Molti negli ultimi giorni sostengono si sia trattato di una mossa azzardata o avventata, anche se naturalmente ci auguriamo che la campagna britannica di vaccinazione non incontri nessun inghippo.

Scienziati del Jenner Institute dell’Università di Oxford che lavorano allo sviluppo di un vaccino contro il coronavirus (University de Oxford/John Cairns/UN)

Relativamente, in particolare, al caso italiano, attendere le delibere dell’EMA sembra assolutamente indispensabile: data la grande diffidenza che circola nel nostro Paese nei confronti del vaccino, procedere senza avere fatto tutte le verifiche del caso azzopperebbe definitivamente ogni sforzo di convincere la popolazione.

La Germania pare avere stilato già, con la solita precisione teutonica, una lista con nomi e cognomi dei primi vaccinandi, mentre gli italiani, alle prese con il disastro organizzativo che si sta rivelando essere il cashback di Stato, sono molto poco fiduciosi sull’efficienza del loro governo nel gestire l’impresa di vaccinare efficacemente e velocemente 42 milioni di cittadini.

Quando sarà ora, speriamo gli italiani facciano tesoro delle parole di Margaret Keenan: “il mio consiglio a chiunque possa fare il vaccino è di farlo. Se posso farlo io a novant’anni, puoi farlo anche tu!”.

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Sonia Turrini

Sonia Turrini

Sono laureata in psicologia, attualmente impegnata in un PhD in Neuroscienze a Bologna. Sono cresciuta con la cultura americana nell’aria, l’Herald Tribune in salotto, i libri dei grandi presidenti sulle mensole di casa, e Bruce Springsteen nelle orecchie. Non ho memoria di quando ancora non conoscevo Streets of Philadelphia, perché ero troppo piccola per ricordare. E pensavo parlasse di formaggio. Ho visitato gli Stati Uniti la prima volta, ancora ragazzina, nell’estate 2008, e ho passeggiato con la mia spilletta Yes We Can appuntata sullo zaino. Seguo con passione la politica americana da anni, e oggi ne scrivo sperando di portarci il valore aggiunto della mia formazione scientifica: le opinioni sono sempre ben accette, ma solo sulla base di fatti oggettivi, dimostrati e condivisi.

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