Battersi per difendere le proprie idee ed i propri diritti è un punto cardine di ogni società civile. In questi giorni, gli Stati Uniti manifestano e constatiamo che maggiore è il numero dei partecipanti più la manifestazione può considerarsi un successo. Ma dopo mesi in cui la popolazione mondiale è stata messa in ginocchio dal virus Sars-CoV-2, responsabile di innumerevoli morti e di un crollo economico globale, la migliore forma di protesta dovrebbe svolgersi contemperando l’ esigenza di esprimere le proprie opinioni con quella di rispettare i sacrifici compiuti durante il lockdown.
È lecito essere preoccupati guardando come le proteste degli ultimi giorni siano andate di pari passo con un aumento del numero dei contagi; in tal senso, gli esperti sanitari e gli amministratori locali esternano i loro timori per un nuovo balzo dei casi.

I governatori del Minnesota e dello stato di New York, ad esempio, hanno richiesto a tutti i manifestanti di effettuare il test per il coronavirus. Richiesta più che dovuta se si pensa che, nell’ultima settimana, soprattutto negli stati che hanno riaperto (Texas, Arizona, Georgia, Alabama, Oregon) il numero dei contagi ha superato di nuovo quota mille.
Da un punto di vista scientifico non esiste alcun razionale per poter passare in modo immediato da una chiusura totale ed obbligatoria ad uno “stato di libertà e condivisione”. Non è possibile manifestare senza rispettare il distanziamento sociale e senza l’utilizzo di mascherine. Il virus continua a circolare e non vi sono dati realistici che, attualmente, ci possano far affermare che esso sia mutato in una forma più benigna.
Per poter sostenere una tesi simile sarebbe necessario isolare negli attuali pazienti il virus, sequenziarne il materiale genetico, confrontarlo con il precedente ed identificare mutazioni significative. Successivamente andrebbero, comunque, effettuate ulteriori indagini per poter dimostrare un’associazione diretta tra la mutazione eventualmente riscontrata e lo stato di patologia indotta.

Quindi, ad oggi, il virus che abbiamo conosciuto a gennaio è ancora lo stesso che sta approfittando di tali manifestazioni per continuare a diffondersi. I mass media ci hanno mostrato immagini di agenti della polizia e dei manifestanti privi di di mascherine e altri DPI. Le mascherine sono e devono essere considerate un presidio medico efficace. È fondamentale ignorare i fattori limitanti ad esse associati (come il fatto di non essere sopportabili nel lungo periodo o limitanti nel comportamento), poiché un loro corretto utilizzo (di almeno 80% della popolazione) è in grado di determinare una riduzione della diffusione virale in modo consistente.
Un’altra considerazione importante va fatta, in conclusione, riguardo la manifestazione clinica della patologia Covid-19. Potrebbe sembrare una malattia più mite, meno insidiosa dei mesi passati, ma anche in questo caso, la variazione ha riguardato più la popolazione clinica piuttosto che il virus. Innanzitutto le fasce più suscettibili, le persone più a rischio sono state tutelate, poi, a tempi record, la scienza ha dettato direttive migliori su come trattare la patologia, per cui si è passati da una “medicina di guerra” ad una “medicina normale”.
Quindi, questo cambio della popolazione clinica non deve trarre in inganno, tutti auspicano ad un cambiamento repentino del virus ma fin quando non si avrà la certezza è eticamente corretto evitare gli atteggiamenti a cui abbiamo assistito negli ultimi giorni.