Una biciclettata, un orologio digitale (di quelli che, come si dice a Firenze “sbattono anche l’ova”) e soprattutto un cardiologo competente e tempestivo mi hanno probabilmente salvato la vita. Oggi vi racconto questa storia molto personale solo perché credo seriamente che possa salvare altre vite e per ringraziare chi quelle vite le salva ogni giorno, lontano dai riflettori e, a volte, senza sentire un grazie.
Uno dei tanti motivi per cui attendevo l’inizio della ‘Fase 2’ era la possibilità di riprendere le mie biciclettate di buon mattino tra stradine di campagna, su per un argine, alla scoperta di una piccola pieve, sulle assi rullanti di un ponte di barche. Ligio alle regole, ero ancora senza le mie compagne di avventure e con l’inconfessato intento di ricongiungermi a loro quando verrà il momento, un po’ allenato e senza zavorrarle troppo. Ma proprio durante quella prima passeggiata, dopo neanche un chilometro, ho accusato un forte dolore oppressivo al petto. L’i-Watch mi segnalava un battito accelerato e alterato e consigliava di consultare un medico. Ho chiamato subito Marco Aroldi, il mio cardiologo di fiducia, che, dopo un’attenta analisi dei sintomi e considerando la mia anamnesi familiare, ha ordinato un ricovero per accertamenti nonostante la mia riluttanza. Gli esami clinici hanno confermato la diagnosi e hanno suggerito un intervento microchirurgico vascolare immediato, perfettamente riuscito. La professionalità e la competenza del dottor Marco Aroldi, dei suoi colleghi e di tutto lo straordinario personale del reparto Cardiologia dell’Ospedale Carlo Poma di Mantova, diretto dal professor Corrado Lettieri mi hanno probabilmente salvato la vita.

La cosa che mi ha più colpito nei pochi giorni del mio ricovero è stato l’atteggiamento del personale nei confronti dei pazienti. Temevo che l’emergenza Covid19 e lo stress aggiuntivo da superlavoro avesse reso tutti tesi e irritabili, mentre mi sono trovato in una realtà in cui, dietro gli apparati di protezione che ci impedivano di vedere volti e sorrisi, avvertivo che chiunque fosse al nostro capezzale era lì con tutto se stesso e con il tempo necessario non solo per controllarci e curarci ,ma anche per ascoltarci, capire i nostri timori e magari sdrammatizzarli con una battuta.

Uno studio del New England Journal of Medicine (29 aprile 2020) che mi ha segnalato il dottor Aroldi quando stono stato ricoverato rivela che le morti per arresto cardiaco fuori dagli ospedali in questo periodo di emergenza sono aumentate del 58% nelle provincie di Pavia, Cremona, Lodi e Mantova. Pare, infatti, che molte persone per timore di contrarre il coronavirus, trascurino forti dolori oppressivi al petto e altri sintomi di origine cardiovascolare. Questo fattore psicologico, unito alla forzata sedentarietà di questi mesi e ad un’alimentazione determinata più da esigenze consolatorie che di sussistenza, è probabilmente la ragione di questo aumento di decessi.
Io sto bene e sto trascorrendo la mia convalescenza a casa, ma vorrei che dalla mia avventura arrivasse un messaggio semplice e chiaro a tutti i lettori. Non sottovalutate i sintomi cardiaci o di altra natura e cercate le adeguate cure mediche nonostante l’emergenza Covid. I nostri ospedali sono in grado di assisterci e curarci contenendo nei limiti del possibile il rischio contagio. Anche in questi momenti di estrema tensione troverete professionisti competenti ed empatici che meritano tutta la nostra gratitudine ed ammirazione.