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Mi avete chiamato Covid-19 e sono il riflesso del vostro odio e della vostra ingordigia

Co come corona, Vi come virus e D come disease, malattia: Io non sono arrivato da solo.  Mi avete chiamato voi, con la legge di attrazione, con la negatività... 

Alina Di MattiabyAlina Di Mattia
Mi avete chiamato Covid-19 e sono il riflesso del vostro odio e della vostra ingordigia

2020: l'anno in cui l'umanità è stata colpita dalla pandemia Covid-19 (Immagine by Geralt)

Time: 6 mins read

Tutto fermo. Anche i funerali. Anche le lacrime. Stop ai contatti sociali, alla vita frenetica moderna, alle corse quotidiane, ma anche agli acquisti compulsivi che hanno rubato i vostri soldi, il vostro tempo, la vostra vita, e affogato il mondo in una pozza infinita di immondizia e ipocrisia. 

All’improvviso avete smesso di lavorare, di andare a scuola, di prendere il treno, di viaggiare, di uscire a cena fuori, di passeggiare in un parco, di portare a spasso i vostri figli, di trascorrere le domeniche nei centri commerciali, di allenarvi in palestra, di assistere ad uno spettacolo, di vedere un film al cinema, di guidare la vostra auto, di incontrare i vostri amici, di ammirare le vetrine per strada, di fare l’amore con l’amante, di andare a ballare e persino di rubare.

Avete smesso di respirare.

D’un tratto siete finiti intrappolati in un vortice che vi ha sbattuto in faccia tutti i vostri limiti, che ha demolito le vostre certezze, seppellito la vostra tracotanza.

Forse non eravate invincibili come pensavate.

Mi avete chiamato Covid-19: Co come corona, Vi come virus e D come disease, malattia. Mi avete persino abbinato al 19, l’anno in cui mi avete scoperto, ma in realtà io ci sono sempre stato. Ero solo a qualche metro di distanza ad osservarvi, ad assistere alla vostra triste involuzione.

Prima che io arrivassi, mai avreste creduto che l’inferno potesse esistere davvero e che voi, proprio voi, sareste stati i prescelti per attraversare con me ogni girone dantesco. 

Eppure vi avevo avvisato.

Mentre voi costruivate muri di cattiveria e ostilità,  io vi riempivo di allergie, di intolleranze, di malattie. Vi riempivo di sofferenze.

Ma voi non mi avete ascoltato.

Vi ho mostrato interi patrimoni boschivi devastati dal fuoco della vostra  avidità, lo scioglimento di ghiacciai millenari con cui avete condannato gli animali all’estinzione e intaccato irreversibilmente l’ecosistema del pianeta, fumi e veleni che vi hanno privato dell’azzurro del cielo, della brezza primaverile, della neve sulle montagne, del calore d’estate.

Vi ho fatto assistere a violenti terremoti, tsunami, uragani, disastrose esondazioni, funeste valanghe che hanno spazzato via le vostre città, travolto le vostre case, seppellito i vostri corpi. 

Ma voi non mi avete capito.

Vi ho fatto vedere l’orrore della guerra, la devastazione dei popoli del mondo, le penose migrazioni dei profughi.  Ma eravate troppo lontani per comprendere la tribolazione dell’altro, troppo distanti per sovvertire il male procurato da governanti famelici e incapaci, che hanno condannato alla morte milioni di persone innocenti e distrutto le nazioni della terra. Per quanto sia stata compassionevole la disgrazia altrui, però, non era la vostra. 

Ergo,  avete continuato ad ignorarmi.

Mentre il pianeta vi urlava tutta la sua sofferenza, voi eravate  in balia di un consumismo sfrenato che vi ha imposto stili di vita incompatibili con le vostre reali possibilità, che vi ha costretto  a lavorare il triplo, il quadruplo,  togliendo tempo prezioso alla vita, agli affetti, a voi stessi. Avete riempito i vostri vuoti esistenziali con oggetti inutili, usati e scartati sistematicamente, senza preoccuparvi lontanamente del danno che stavate infliggendo all’ambiente. Poco vi è importato se i vostri rifiuti siano finiti nelle discariche del pianeta, sporcando mari, fiumi, praterie. Meno ancora vi è interessato se, con la produzione di massa di tali prodotti, creati per soddisfare i vostri bisogni inesistenti, avete cancellato artigiani, piccole botteghe, storiche attività che hanno permesso ai nostri nonni di nascere e crescere,  condannando alla miseria i vostri simili, e al lavoro bambini dell’età dei vostri figli, dei vostri nipoti. Quei figli e nipoti che adesso state proteggendo dalla mia furia devastante, gli stessi che non potete abbracciare perché potrebbero trasmettervi il virus ed uccidervi.

Io non sono arrivato da solo.  Mi avete chiamato voi, con la legge di attrazione, con la negatività. 

E lo ammetto, non mi piacevate affatto. 

Vi osservavo da tempo, ed ero stanco di assistere ad una tale regressione umana. Ero sfinito dai vostri conflitti interpersonali,  dalla vostra superficialità e dalla vostra ignoranza, dai vostri capricci e dalle vostre insulse lamentele, dall’invidia sociale e dall’acredine che riservate a chi è meritevole e si sforza più di voi, dalla banalità dei vostri pregiudizi e dal vostro becero provincialismo, dalla volgarità che si è impossessata del vostro essere, dalla maleducazione delle nuove generazioni, dall’egoismo di una società malata di arrivismo e individualismo.

Vi siete ingozzati di odio, di rancore e di cibo anche quando non avevate fame, costruendo le vostre illusorie felicità sulle macerie del mondo, sulla vita di altri esseri viventi, sulla devastazione della Natura.

Ho guardato la vostra commozione davanti al corpicino del piccolo Aylan Kurdi, ma subito dopo vi ho visto prendere a schiaffi il vostro bambino perché elemosinava la vostra attenzione;  ho osservato il vostro dispiacere davanti ad un orso polare alla deriva, ma vi ho sorpreso ad abbandonare il sacchetto dei rifiuti sulla spiaggia; vi ho trovato a manifestare contro l’inquinamento, ma ho appurato che non avete abbassato  di un grado il vostro riscaldamento domestico, rinunciato all’auto per fare 500 metri o resistito all’ultimo ritrovato tecnologico;  vi ho trovato impegnati a combattere le guerre nel mondo, e poi a distruggere la reputazione di una vostra amica o a giustificare la violenza di vostro figlio su un compagno disagiato; vi ho avvistato mentre inviavate offerte ai poveri del mondo, ma anche chiudere la porta in faccia al vicino di casa; vi ho sentito adirarvi con chi maltrattava gli animali, e poi vi ho scorto picchiare vostra moglie, abbandonare vostra madre in un letto d’ospizio, offendere l’insegnante dei vostri ragazzi.

Ho letto i vostri link solidali, le preghiere per il prossimo, le prediche sull’amore universale ma nella realtà non eravate in grado di dire ‘grazie’, ‘scusa’, ‘mi dispiace’ e neppure ‘per favore’. Come se tutto vi fosse dovuto.

Siete stati connessi globalmente ma separati da frontiere mentali che io ho abbattuto, rendendovi vulnerabili, rendendo visibili quelle connessioni che non avete visto, che non avete mai voluto vedere.

Presi dall’ostentare le  vostre lussuose auto, le vostre belle case, il telefonino di ultima generazione, montagne di abiti griffati, al seguito delle mode e degli influencer di turno e alimentati da una TV insolente e prosaica, avete scordato di accarezzare vostro padre, di giocare con vostro figlio, di prendervi cura dei vostri nonni, di nutrire la vostra anima, arricchire il vostro intelletto.

Da quanto tempo non guardavate le stelle? Da quanto tempo non odoravate il profumo di un fiore?

Affacciatevi alla finestra:  siete spariti voi umani e sono tornati gli animali a popolare i parchi, i mari, i laghi, le strade.  È tornato l’azzurro nel cielo, si respira.

Avevate tutta la bellezza del mondo a portata di mano, ma non il tempo per apprezzarla. Ora che disponete di tutto il tempo che volete, non vi do la possibilità di godervi tanta meraviglia!

Sono cattivo, lo so. Ma io sono lo specchio in cui ho riflesso tutta l’ingordigia planetaria racchiusa nel vostro involucro umano.  Nel vostro apparire del nulla. E questa rottura era inevitabile.

Avrei voluto darvi il colpo di grazia. Annientarvi.  Ma vi ho lasciato ancora in vita, agonizzanti e privati di tutto.  Per farvi aprire gli occhi. Per farvi ritrovare il desiderio di un contatto umano, di un sorriso, di un abbraccio. Per farvi tornare la voglia di vivere pienamente e con gratitudine.

Perché non avete saputo amarvi. Perché vi siete odiati e detestati. Lo avete dimostrato con l’abuso di veleni, di droghe, di dipendenze, di ideologie che vi hanno divisi da voi stessi e dall’altro.

Perdonatemi se non ho potuto escludere i virtuosi tra voi. Purtroppo avete pagato tutti, e chi da questa tragedia ne ha colto una preziosa lezione, in realtà non ne aveva assolutamente bisogno.

Ma soltanto nel dolore collettivo avreste imparato. E compreso.

C’era bisogno di qualcuno che restituisse un senso all’esistenza umana, che voltasse una brutta pagina.

Io l’ho fatto. Vi ho dato un’altra possibilità. L’ultima.

Adesso sta a voi ricominciare a scrivere la Storia. E sono certo che lo farete in nome dell’amore.

Ma badate bene: io ci sarò sempre e continuerò ad osservarvi.

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Alina Di Mattia

Alina Di Mattia

Artista del vecchio mondo, scrittrice del presente, Alina Di Mattia è nata nel cuore d’Italia e vissuta con il mondo cucito addosso. Si è occupata della produzione e della comunicazione di grandi eventi istituzionali e culturali ed è stata promotrice di campagne di sensibilizzazione sociale. All'attività artistica e manageriale ha affiancato quella di giornalista freelance. Il suo motto preferito: “Le ali per volare, le radici per non perdersi mai”. Alina Di Mattia is an Italian journalist, blogger and author with over thirthy years of experience in Media and Communication. She has dealt with Music and Show Business, press office and promotional activities, special events with public Administrations, and has promoted social awareness campaigns. Her favorite motto: “Wings to fly, roots to never get lost”.

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