Nella Terra dei fuochi in Campania si registrano più morti, ricoveri e tumori rispetto alla media regionale. Lo scrive l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) nell’aggiornamento del rapporto sulla situazione epidemiologica nei 55 Comuni definiti dalla Legge 6/2014 come “Terra dei Fuochi”, in relazione allo smaltimento illegale dei rifiuti.
Questo è quello che per qualche giorno apre le pagine di siti web e giornali, per qualche giorno rimbalza nei servizi dei tg, locali e nazionali. Per qualche giorno se ne parla, se ne chiacchiera, si esprime indignazione, si critica, si crea l’allarme. Poi si aggiusta il tiro. Si ridimensiona, si abbassano i toni, si volta pagina, si cambia l’apertura. “Guarda, c’è la storia di Quarto”, si parla di quello. Dopo qualche giorno i dati dell’ISS non fanno più notizia, né nei tg né tra la gente. E’ la legge della notizia, quella che seguo anch’io, e che conosco bene, è la legge del web che divora tutto prima ancora di riuscire a farlo assaporare. E’ la legge del XXI secolo, è la legge. Quella che manca sulla Terra dei Fuochi.
O meglio la legge c’è. L’hanno fatta nel 2012, l’hanno modificata, l’hanno potenziata. L’hanno provata. La legge c’è. Ma anche la Terra dei Fuochi c’è ancora. Ma cos’è questa Terra dei Fuochi per chi ci vive, per un campano? Beh, per un campano l’Istituto Superiore della Sanità scopre l’acqua calda. Qui si muore. Si muore più che altrove. E te ne accorgi quando parli con un vecchio amico e lui di ritorno dall’ospedale ti parla di questo o quel parente ricoverato, malato, agli sgoccioli. Oppure torna da un funerale di un parente o di un amico. Non ti scomodi nemmeno a chiedergli come è morto: “di quel male là”, ti risponderebbe. Così come hai risposto tu quando è successo a te.
In Campania, la Terra dei Fuochi non è quella di questo o quell’altro decreto legislativo, quella di questo o quell’altro libro che la racconta, quella di questo o quell’altro politico che viene a parlarne. La Terra dei Fuochi per un campano è quando vai a fare la spesa e compri il prodotto in busta: il pomodoro, la lattuga, la mela. Hai voglia a dire che in Campania i prodotti “sono più controllati che altrove”. E’ vero. Ma non vuol dire che tu non scelga lo stesso il prodotto imbustato che viene da lontano. In Campania la Terra dei Fuochi è quando cammini nelle terre di provincia, nelle terre di Caserta e immagini che sotto i tuoi piedi ci sia la monnezza. Immagini metri e metri di rifiuti tossici seppelliti sotto di te. Poi alzi gli occhi: vedi una nube tossica. Ne vedi due o tre. E ti chiedi se la stai respirando e quanto male ti sta facendo. A te. A tuo figlio magari. A quello che hai per mano o che porti in grembo. Ti chiedi perché mai nascere qui debba essere così una condanna. Nascere nella terra dei “morti ammazzati” non è abbastanza.
Questa è anche la terra dove quando apri il rubinetto pensi sempre al posto da cui proviene quell’acqua. Pensi a se qualcuno ha pensato male di buttarci dentro gli scarti di qualcosa in quella falda. Di una fabbrica, di un’industria. Al Nord non c’era spazio. Da noi al Sud sì. Da noi ripensi alle cartoline delle mamme della Terra dei fuochi e all’atrocità di una madre che sopravvive al figlio, strappatole da un cancro. All’innaturale ciclo della vita che si compie da queste parti. La morte fa parte della vita, qui come dovunque ma la rabbia è sapere che qui si muore prima, si muore peggio, si muore di più, soprattutto se sei donna o bambino.
L’Istituto Superiore della Sanità lo dice. E lo vedi con i tuoi occhi. Sono i più deboli le donne e i bambini. Lo sono anche nella morte. E la rabbia diventa ancora più forte quando sai che c’è una colpa. Che ce ne è più d’una. C’è la colpa della camorra, certo, spietata e senza scrupoli come l’abbiamo vista su un maxi schermo al cinema e come la vediamo dalla finestra di casa nostra. Ma c’è anche lo Stato, che si gira dall’altra parte, quando non è connivente. C’è la stampa che a volte parla troppo ma a volte troppo poco. E allora che fai? Lasci tutto? Molli tutto? Cambi città, cambi vita, cambi terra? No, non puoi. Resti qui, resti a vivere qui, perché è questa la tua terra, anche quando gli altri la chiamano “Terra dei Fuochi”.