E’ tempo di consuntivi. Il 31 dicembre 2013 è terminato, di fatto, il settimo programma quadro della ricerca. E’ iniziato un nuovo programma intitolato Horizon 2020 cui la ricerca italiana dovrà attingere per avere delle risorse economiche, le uniche disponibili, data l’endemica povertà economica della ricerca nazionale. Di questo programma ho già, in parte parlato, in altri articoli e vi tornerò appena si avranno novità degne di nota. Intanto cercherò di fare un consuntivo del settimo programma quadro, almeno in quei settori in cui ho più cognizione.
Ricordo che il programma fu suddiviso in quattro parti: il programma Cooperazione, Idee, Persone, Capacità con un bilancio di circa 50 miliardi di euro distribuiti tra il 2007 e il 2013.
Il programma Cooperazione serviva a incoraggiare la cooperazione e a rafforzare i legami tra l’industria e la ricerca in un quadro transnazionale. L’obiettivo era di costruire e consolidare la leadership europea nei settori più importanti della ricerca. Il programma era articolato in 9 temi, autonomi nella gestione, ma complementari per quanto riguardava l’attuazione. Essi erano: salute; prodotti alimentari, agricoltura e biotecnologie; tecnologie dell’informazione e della comunicazione; nanoscienze, nanotecnologie, materiali e nuove tecnologie di produzione; energia; ambiente (ivi compresi i cambiamenti climatici); trasporti (ivi compresa l’aeronautica); scienze socioeconomiche e scienze umane; sicurezza e spazio.
Il programma Idee doveva servire a incoraggiare le ricerche di frontiera in Europa, cioè la scoperta di nuove conoscenze che cambiassero la nostra visione del mondo e il nostro stile di vita.
Il programma Persone serviva a mobilitare le risorse finanziarie per migliorare le prospettive di carriera dei ricercatori in Europa e attirare un maggior numero di giovani ricercatori di qualità. Il programma era la continuazione naturale del programma”Marie Curie", che da anni offre opportunità di mobilità e formazione ai ricercatori europei.
Il programma Capacità doveva fornire ai ricercatori degli strumenti efficaci per rafforzare la qualità e la competitività della ricerca europea. Si trattava di investire di più nelle infrastrutture di ricerca delle regioni meno efficienti, nella creazione di poli regionali di ricerca e nella ricerca a vantaggio delle PMI.
Infine, il Settimo programma quadro finanziava la ricerca sull’energia di fusione; la fissione nucleare e la radioprotezione.
Piuttosto che fare una disamina dei singoli settori, peraltro prematura, dedicherò il mio articolo al programma Idee, come programma indicativo della capacità dell’Italia a sviluppare nuove iniziative, alcune delle quali dovrebbero essere sfruttate in Horizon 2020. Per questo mi avvarrò dei dati contenuti in un documento stilato dal collega Zecchina che assieme al collega Anfossi ha redatto la tabella seguente:
Come si può vedere l’Italia non è stata in grado di recuperare i fondi stanziati, ha, di fatto, contribuito a finanziere paesi come la Gran Bretagna, la Svizzera e altri, basta leggere la tabella. Il nostro ritorno economico è stato dell’ordine del 40%. Non solo, guardando la distribuzione dei centri di ricerca europei più richiesti, nessuna Istituzione italiana ha avuto l’onore di avere dei ricercatori provenienti da altri paesi europei.
Questa situazione non è solo indicativa dello stato della ricerca, dove sarebbe ora di cambiare registro, ma si può verificare anche su altri progetti che vengono finanziati in Europa. Primo fra tutti il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale FESR che mira a consolidare la coesione economica e sociale dell'Unione Europea correggendo gli squilibri fra le regioni. Per il periodo 2007 – 2013, l’Unione Europea ha stanziato per l’Italia 59,4 miliardi di euro, di cui 47 per le regioni del meridione. Il bilancio a fine del 2013 indica che l’Italia, pur avendo fatto alcuni progressi nell’utilizzo dei fondi, per quanto riguarda la ricerca e lo sviluppo, i così detti PON Ricerca e Sicurezza ha avuto un ritorno nell’ordine del 58%, mentre per il PON Reti è stato sul 37%. Questo dato è indicativo anche del fatto che l’Italia non ha una politica per la Banda Ultra larga. Guardando poi alla percentuale di utilizzo dei fondi regionali, si vede che le regioni Calabria, Campania e Sicilia sono le regioni che hanno maggior difficoltà a utilizzare i fondi.
Un documento della Dg Affari regionali di Bruxelles nel fotografare lo stato di utilizzo dei fondi strutturali da parte del nostro paese, individua una possibile soluzione: rompere il legame tra alti dirigenti amministrativi e politica. I numeri, intanto, parlano chiaro: senza una decisa inversione di tendenza, per il 2015 sono a rischio almeno dieci miliardi di euro.
La crisi economica non è solo un fatto globale, anche noi contribuiamo a farci del male. Non solo la classe politica ha le sue colpe, ma anche i cittadini sono responsabili di questo degrado. E’ ora che si chieda trasparenza negli atti degli enti che gestiscono le risorse, come sta facendo l’associazione Libera sulla Sanità, sia che provengano dall’Europa, sia che siano risorse interne.
Un ultimo inciso: i soldi che arrivano dall’Europa sono i nostri, se non li spendiamo o se non li spendiamo in modo corretto avremo sempre un danno e non ci riprenderemo mai dalla crisi economica.
fonti: http://www.coesioneterritoriale.gov.it/spesa-certificata-31-dicembre/
http://www.libera.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/8382