Secondo le Nazioni Unite la popolazione anziana mondiale sta invecchiando: la fascia d'età che interessa i soggetti ultraottantenni (i cosiddetti "oldest old") sta aumentando più velocemente che le altre fasce d'età; globalmente, il numero di ultraottantenni dovrebbe quadruplicare, e il maggior incremento in termini numerici assoluti si registrerà in Asia. Il numero di ultracentenari dovrebbe aumentare di 15 volte addirittura.
Il database "European Health For All", sviluppato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, permette l'accesso a numerose informazioni statistiche relative ai 52 Paesi appartenenti alla Regione Europea WHO (European health for all database, WHO Regional Office for Europe, Copenhagen, Denmark).
Considerando per esempio la percentuale di anziani (dalla WHO definiti come soggetti ultrasessantacinquenni) sul totale della popolazione residente nella Regione Europea: a partire dal 1985 il trend temporale è in chiara crescita come si vede dalla figura (l’Italia è rappresentata dalla linea verde chiaro).
Questo è un indice di un progressivo e crescente invecchiamento demografico della popolazione. Prendendo a riferimento il 2002 (anno per cui sono disponibili dati completi per i diversi paesi secondo la WHO), la percentuale di anziani con 65 anni o più risultava pari al 14,37% nell'intera regione europea. La stessa percentuale risultava inferiore al 10% in paesi quali Albania, Armenia, Israele, e repubbliche dell'ex URSS, e valori invece superiori al 16% in Bulgaria, Francia, Germania, Grecia, Portogallo, Serbia e Svezia, con la punta del 18,9% dell'Italia.
Se consideriamo l'andamento della speranza di vita alla nascita come indicatore di longevità notiamo che l'Italia, a livello europeo, in base alle stime WHO-Europa, si attesta sui valori più alti di longevità nel 2002, preceduta solo da Svizzera e Svezia.
Viene definito invecchiamento demografico il processo per cui aumenta la proporzione di anziani sul totale della popolazione (dejuvenation). L'invecchiamento demografico è ovviamente un fenomeno distinto dalla senescenza ovvero dall'invecchiamento individuale, e dall'allungamento della vita umana come effetto dei progressi della medicina e del miglioramento delle condizioni di vita.
Verso la fine degli anni '80 è emersa l'esigenza di rivedere, non solo da un punto di vista demografico ma anche socio-economico e politico, la definizione di soglia d'invecchiamento. Si distingue tra invecchiamento demografico, di cui abbiamo discusso sopra e l’invecchiamento biologico e sociale. L'invecchiamento biologico viene misurato in corrispondenza del raggiungimento di una determinata età biologica, in combinazione al deteriorarsi di alcune capacità funzionali valutabili attraverso test fisiologici, psicometrici e socio-comportamentali. L'invecchiamento sociale viene invece ricondotto all'anticipo del termine delle età socialmente rilevanti: allevamento dei figli e attività lavorativa. Negli ultimi decenni, si è ampliata la distanza tra vecchiaia biologica e vecchiaia sociale: la prima è stata notevolmente rinviata, in seguito all'aumento del numero di anni vissuti e delle condizioni di salute che li caratterizzano; la seconda è stata invece anticipata con l'accorciamento dell'arco di vita socialmente rilevante.
Un progetto del Cnr diretto dalla professoressa Stefania Maggi fa il punto sulla situazione. Il progetto è intitolato: Invecchiamento, innovazioni tecnologiche e molecolari per un miglioramento della salute dell’anziano. Il progetto finalizzato alla comprensione dei meccanismi molecolari, della predisposizione genetica, della diagnosi precoce finalizzati all’individuazione di una terapia dell’Alzheimer efficace è visibile presso il sito http://www.progettoinvecchiamento.it/index.php/cms/it/Home.
L’Italia è dunque qualificata per essere paese leader in un settore di grande interesse mondiale: le risorse ci sono e pure le competenze. Questo è un esempio di come un problema possa diventare una risorsa.