Francesca Belluomini si definisce una fashion writer,autrice ed esperta di stile. Ma è molto di più. È una ambasciatrice del gusto italiano in terra d’America. In particolare della moda slow, sostenibile ed equo solidale.
Viareggina di origine, viene dalla terra che ha dato i natali a Guccio Gucci e Emilio Pucci ha dedicato la sua carriera alla moda e al design. Dopo la laurea in sociologia della moda e un master in comunicazione e mass media all’ università di Firenze, Francesca prosegue la sua avventura lavorando a stretto contatto con altri professionisti del settore, da Milano a Parigi a Londra specializzandosi in sartoria, in particolare mixando capi sartoriali a abiti scovati nei mercatini a pezzi vintage.
La sua missione in America è diventata quella di aiutare le donne a personalizzare il proprio stile, in base alle loro personalità e esigenze di vita, rispettando i principi di sostenibilità, artigianalità che rende un abito lo specchio di un modo di essere. A questo proposito Francesca da anni cura il sito ChicFB, in cui scrive consigli preziosi per le donne che desiderano essere chic senza spendere troppo denaro o energie, aiutandole a sentirsi più sicure e vicine al modo di vestire italiano.
Ora Francesca lavora come digital and media manager per un gruppo di cliniche a Miami, ma il suo tempo libero è tutto dedicato alla continua ricerca della bellezza nel campo del fashion.
L’abbiamo intervistata proprio su questo argomento, di cui esiste già un libro da lei scritto e pubblicato dal titolo “The Cheat Sheet of Italian Style“.
Partiamo da ciò che hai scritto in questa tua guida allo stile. Come è nata la tua idea?
“Qui a Miami spesso le persone si complimentavano con me per il mio modo di vestire. Ammiravano l abilita di abbinare i capi con la non chalance Innata nello stile italiano. Ho lavorato molto per capire questo atteggiamento e catturare l’origine che ne creava la necessità e ho pensato ad una serie di strumenti che ogni donna può usare per adattare il proprio guardaroba a se stessa con il gusto, appunto, riconosciuto all italian style”.
Raccontaci il percorso del tuo libro.
“L’input per il mio manuale di stile è nata dal blog che scrivevo su tumbrl, che ho curato molto attentamente che Però riusciva a raggiungere una parte di pubblico non molto allargata. Dopo essermi documentata, ho capito che dovevo creare un lettore immaginario e dirottare verso di lei le mie attenzioni. Così è nato Lennox, un personaggio che troverete nel libro.
La scrittura mi ha impegnata per tre mesi, ogni mattina mi svegliavo alle 4 per lavorarci per avere la lucidità mentale e la concentrazione prima di staccare e andare al lavoro. La pubblicazione è stato un processo durato 9 mesi, che curiosamente mi ha ricordato una maternità e Lennox è diventata la mia ragazza da copertina!”
Parlaci del messaggio che vuoi trasmettere al lettore.
“La mia missione è assistere donne professioniste, mamme impegnate, imprenditrici ad avere il look adatto a loro senza sforzi, sentendosi a proprio agio in ciò che indossano, che rispetti il loro modo di essere. Si può imparare ad adattare il guardaroba alle proprie esigenze e leggendo “Cheat Sheet of Italian Style” si possono superare i cliché che dicono che per essere eleganti si devono spendere molti soldi.
In Usa si ha la tendenza a favorire la quantità a discapito della qualità. O meglio, si pensa che avere tanti abiti e accessori sia la chiave per vestire bene, ma noi italiani sappiamo che non è così. Meglio selezionare i tessuti, i tagli, i dettagli di tutto ciò che indossiamo e renderlo personale, non importa il logo o quanto si è speso.
Credo ancora che La moda possa raccontare storie, e crearla è come costruire un sogno, fatto di cose belle, di tradizioni,di artigianalità e di patrimonio. Deve essere testimone del concetto di commercio equo solidale, della qualità contro la quantità”.
Perché esiste questa tendenza all’accumulo secondo te?
“Anche qui è la storia italiana e le nostre origini che parlano. Molti di noi sono stati abituati, fin da bambini, ad avere cura dei nostri abiti, come di tutto il resto, proprio perché non esistevano risorse infinite. Quando si riutilizzavano i capi indossati dai fratelli maggiori, o si invertivano i colletti sulla stessa camicia, le donne erano in grado di riadattare modelli di capispalla in base alla stagione e sapevano confezionare in casa i vestiti.
Oggi abbiamo riscoperto il fascino del passato attraverso i mercatini vintage, dove mi avventuro spesso e che mi regalano grandi soddisfazioni. Alla fine, l’Italian style di cui parlo nel libro si avvicina ai principi che sono stati stabiliti dal movimento Fashion Revolution, è il concetto di tornare al passato per riscoprire i valori e applicarli al futuro. In altre parole un capitalismo coscienzioso”.
Quindi si tratta anche di etica del consumo.
“Assolutamente. Comprare tanto per comprare é una cosa del passato e non abbiamo scelta, la Moda, con la M maiuscola, è diventata l’industria può inquinante dopo quella del petrolio, dobbiamo ridurre il nostro consumo e, anche se sembra un’impresa impossibile, si deve cominciare da noi stessi. Come fare? Basta informarsi: i 17 Global Goals for a Sustainable Development istituiti dalle Nazioni Unite”.
Ci fai un esempio pratico?
“Nell’ultimo evento che ho organizzato, con due care amiche, Nathalia di Maria Loves Green, Joanis di Nomad Tribe, ci siamo concentrate sul cambiare l’approccio con la scelta di abiti di seconda mano. Abbiamo trattato il tema da varie angolazioni, con statistiche che dimostrano per preservare il pianeta dall’inquinamento non basta dare una seconda vita agli abiti che possono essere di nuovo indossati, ma possiamo essere soggetti attivi di un processo di economia circolare che porta a riciclare tessuti, creandone di nuovi: con parsimonia e senso civico possiamo dare una speranza di un nuova vita quando acquistiamo sapendo che riconsegnamo alla nostra comunità. In questo caso abbiamo collaborato con la Lotus House, una struttura femminile che accoglie e supporta le donne senza tetto ed i loro figli, aiutandoli a ricostruire le loro esistenze. All’interno del comprensorio esiste una boutique dell’usato Thrift Chic Boutique dove ognuno può donare abiti smessi, mobili e accessori, ma anche acquistare capi di qualita’ sapendo che l’intero ricavato verrà devoluto al Lotus House ed andrà a beneficio delle donne e bambini che sono ospiti.
Per me è una buona pratica dedicarmi alla comunità e dare il mio contributo attraverso i miei consigli di stile con organizzazioni come No More Tears, Fashion Revolution, Lotus House, e U.N. Women Miami Chapter”.
E ora cosa riserva il futuro?
“A febbraio durante la settimana della moda a New York parteciperò ad un paio di evento che per scaramanzia accenno solamente. Il mio sogno è di portare Lennox in Italia un’altra volta, ma questa volta girerò la Toscana, la mia terra, dove incontrerò i designer e i professionisti della moda che mi hanno ispirato durante la scrittura”.