Lo confesso. Lo so, mi vergogno ma lo devo dire, così mi libero da un peso: “Non ho mai fotografato un piatto”.
Sì, uno di quei piatti che arriva in tavola dopo le ordinazioni e che non vediamo l’ora di spolverare in tre secondi, specialmente quando abbiamo fame. Non so cosa mi ha preso, ma io prendo la forchetta e comincio a mangiare. Proprio così. Faccio una cosa stranissima: lo mangio.
Invece vedo che tutti, ma anche agli altri tavoli, appena arriva il piatto, si frugano freneticamente in tasca, estraggono il cellulare, lo posizionano sopra al cibo e scattano la foto. Poi, altrettanto freneticamente, vanno su Whatsapp e girano la foto a qualcuno. A chi e perchè mi piacerebbe saperlo. Poi vanno su Facebook e su Instagram e la pubblicano, accompagnata da una didascalia.
Solo quando hanno finito queste operazioni, finalmente iniziano a mangiare. Io intanto sono già a metà, perché il lavoro di pubblicazione e condivisione di quegli scatti è lungo, soprattutto se lo devi mettere anche sulle storie come videino. Ma loro quando mangiano sembrano più contenti di me. Perche sanno che da qualche parte c’è qualcuno che apre il proprio social, vede la foto del timballo di verdura, o dell’insalatona mista, o del caghino di qualche chef, ed è contento.
Forse un po’ invidioso, ma sicuramente rassicurato e rapito dalla visione di quel piatto. A volte fanno anche una carrellata video sui piatti degli altri, soprattutto le donne. Poi finiscono il giro inquadrando se stesse e compiendo l’atto di protendere in avanti le labbra chiuse, con contemporaneo segno di vittoria con indice e medio. Ma questi gesti li fanno sempre, ovunque, basta ci sia una musica in sottofondo. Cos’hanno vinto poi? Mi piacerebbe chiederlo.
Non so perché ma il piatto io non lo fotografo, anche se è bello, anche se è colorato, anche se è una fantasiosa istallazione da arte fiera dello chef di turno. Penso che non freghi niente a nessuno, che non crei nessun beneficio a chi lo vede. Sbaglio, lo so che sbaglio. Lo so che se a uno arriva la foto di una carota o di un avanzo di costata, la sua serata sarà più gradevole, ma non mi viene. Andrò a farmi vedere.
Forse ho bisogno di sbloccarmi, forse ho bisogno di capire dove affonda le radici questo mio disagio, questo mio non voler scattare quella foto. Forse un trauma. Forse perché le foto della roba da mangiare mi hanno sempre fatto un po’ senso. Chissà. Intanto sono qua che mangio. E quando ho finito provo a protendere le labbra chiuse in avanti, a culo di gallina per intenderci. Ma è soltanto per pulirmi la bocca col tovagliolo. E basta. Mi dispiace.
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