Anno speciale questo per me, affollato da avvenimenti così intensi che sono già ricordi, come un film che scorre in loop. E dunque passa e ripassa anche quest’anno, in attesa del prossimo.
Rivedo inevitabilmente la vita di mia mamma, che è stata lunga, sembrava infinita, e invece a settembre si è fermata, trasformandosi appunto in ricordi, suoni, parole e gesti man mano più lenti irradiati da uno sguardo sempre più mite e sapiente. Per fortuna ci sono le mamme, che ci lasciano nutrire ogni volta che ne abbiamo voglia o bisogno. E così mi porterò dietro i clacson felici e le piazze nuovamente colorate della calda notte di questo 12 luglio in cui il cielo d’Europa s’è vestito d’azzurro. Perché ho visto la finale dei campionati europei di calcio proprio con lei, soli io e mia madre. Urlavo come un pazzo e lei rideva, è stata sveglia sperando fino all’ultimo rigore, e poi felice più per me che per l’Italia stessa.
Speranza e felicità, due parole che viaggiano insieme mano nella mano. Una è diventata quasi proibita, tabù. È la felicità, che si nutre di speranza, fatta di attimi, lo sappiamo, che dipendono anche dal periodo. Probabilmente adesso ci rende felici anche un solo abbracciò perché un virus cattivo ci ha portato via il calore delle persone. La felicità è qualcosa di prezioso che ci manca. Perché allora facciamo così fatica a parlarne?
In questo periodo sto conducendo un appassionante percorso di coaching, insieme al mio socio, rivolto ad insegnanti di una scuola primaria e secondaria di primo grado (elementare e media) di una periferia di Palermo. L’obiettivo è riscoprire la motivazione del singolo docente ed una più ampia motivazione in quanto comunità allargata di un territorio in crescita: allievi, docenti, genitori, personale scolastico. Abbiamo deciso di lasciar perdere i soliti luoghi comuni che remano contro e di concentrarci seriamente sull’ascolto. Può un docente raccontare meno e ascoltare di più? Può favorire un processo di crescita a partire dal desiderio, invece che dall’obbligo?
Possiamo chiedere ai nostri ragazzi: “Che cosa è per te la felicità?”
Abbiamo cominciato a farlo e… sorpresa, altro che telefonini e consumismo, ecco alcune delle risposte dei piccoli studenti:
“È un’emozione che ti fa stare bene.”
“Stare con le persone che ami.”
“È qualcosa che tutti abbiamo dalla nascita ma che non tutti utilizziamo.”
“Svegliarsi al mattino e trovare la mia cagnolina sempre pronta a farmi sorridere.”
“Sentirsi liberi da pensieri negativi e concentrarsi solo su quello che ti rende felice.”
“Quando conquisti qualcosa con grande fatica.”
Leggere le risposte dei piccoli alunni è come sfogliare un manuale base di coaching: la felicità è il potenziale dentro di noi, che va riconosciuto ed allenato. E soprattutto va condiviso, ci ricordano i ragazzi, la felicità è una parola al plurale, il meglio di noi stessi in relazione con ciò che amiamo e ci circonda, famiglia, amici o cagnolina.
Ecco cosa voglio rendere fertile di questo 2021 che se ne va, il ricordo della gioia di una mamma che ti vede urlare per un gol, la speranza di tutti coloro che sono in viaggio e il diritto dei bambini alla felicità, che dipende anche da noi.
E come al solito, la musica aiuta. Stappiamo le bottiglie che arrivano dai mari vicini e dagli oceani lontani, leggiamo i messaggi e ascoltiamo le voci.
Message in a bottle è un pezzo strepitoso in cui Sting urla al mondo la sua solitudine, per poi accorgersi che a ben vedere non è solo affatto, basta ascoltare e guardare gli altri per riscoprirsi comunità.
Rispetto all’originale dei Police, vi propongo una versione acustica dal vivo del 2018, che amo moltissimo, in cui Sting si accompagna con il chitarrista Dominic Miller e con il rapper Shaggy.
La sua voce bellissima è perfetta per il naufrago in cerca di aiuto. Il riff principale di questo brano è fatto da quattro accordi che usano tutti l’intervallo di nona, ed è questa persistente nota lontana ma vicina che a mio parere rende magico il richiamo del naufrago. L’intervallo di nona consiste nella nota contigua subito accanto alla principale ma spostata di un’ottava. Per intenderci, immaginate un pianoforte, prendiamo un do e un re in un registro basso, quindi un po’ a sinistra rispetto al centro, suoniamoli insieme o subito in sequenza. Bisticciano, non vanno d’accordo, non si sopportano. Ma se spostiamo il re ad un’ottava superiore avviene la magia: l’intervallo do-re adesso si è allungato oltre l’ottava ed è diventato intrigante, affascinante. E ripetuto, come fa Sting, nei rispettivi quattro accordi del giro, sembra proprio l’urlo del naufrago a qualcuno che conosce bene, qualcuno vicino e lontano che possa ascoltare il suo S.O.S.
Auguri a tutti per un 2022 pieno di ascolto, di noi stessi e di chi ci sta accanto.