Il Brooklyn Bridge Park a New York, situato sul lungofiume, a lato dell’East River di Brooklyn, progettato dallo studio di architettura del paesaggio di Michael Van Vlkenburgh Associates, oggi oltre a comprendere lo storico attracco dei traghetti di Fulton, vanta giardini, percorsi e colline che ne fanno una destinazione ricreativa, ambientale e culturale apprezzata in tutto il mondo. Dietro questo progetto paesaggistico di successo c’è Rebecca McMackin, l’orticoltrice e designer di giardini, ossessionata dall’ecologia che da dieci anni è la direttrice dell’orticoltura del parco che dirige e gestisce con un occhio alla creazione di habitat per uccelli, farfalle e microrganismi del suolo. Cresciuta facendo giardinaggio in una vecchia fattoria nel Connecticut, è diventata una professionista solo a 30 anni quando, delusa dal mondo accademico, si è trasferita a Brooklyn per dedicarsi al giardinaggio dei parchi di New York. Ha iniziato a gestire il Brooklyn Bridge Park subito dopo la sua apertura nel 2010 e ha trasformato il dipartimento di orticoltura da squadra disordinata a un progetto appassionato ed efficiente che vanta strategie gestionali, prese come esempio e messe in pratica da giardinieri in tutto il continente.

Una donna acuta che ama identificarsi come un funzionario publico, amministratrice della terra, che si prende cura del bene comune tenendo a mente quelli che sono gli obiettivi di sostegno per la fauna selvatica. Mentre passeggia per strade e sentieri, la sua mente esamina con saggezza orticola i labirinti di Panicum virgatum e racconta che dopo aver fatto giardinaggio per tutta la vita non era mai stata consapevole nella sua giovinezza che potesse essere una carriera affascinante e gratificante. “L’ho imparato per caso e mi sono letteralmente innamorata”! La sua è una missione per il bene comune dedita al servizio pubblico, attraverso la quale ogni giorno realizza l’impresa impensabile di far vivere 180 specie di uccelli, 31 specie di capinere e diversi generi di piante alle spalle della caotica città. Tutto questo è ancora più sorprendente se si considera che il parco, visitato più da cinque milioni di persone l’anno, è sorto su un’area industriale abbandonata ed è stato costruito su moli bonificati. La grandezza del progetto ha comportato un cambiamento faticoso, “ci sono stati ostacoli e polemiche ma tutti sono felicissimi di vedere l’ambiente lussureggiante e fiorente che è diventato. Prima era solo un parcheggio, ora è pieno di farfalle”. L’infrastruttura innovativa crea il rifugio perfetto e terreno fertile per tante specie, “l’azienda che ha progettato il parco è stata dannatamente chic e sperimentale. Gran parte del legno per le nostre panchine ed edifici è stato recuperato da un magazzino demolito, i grandi cambiamenti di pendenza sono stati creati con il riempimento dello scavo dell’East Side Access Tunnel e la scalinata Granite Prospect nel Pier 1 utilizza il granito del Willis Ave Bridge”.

Rebecca ha l’arte di creare l’habitat accogliente per uccelli, farfalle e microrganismi del suolo nei parchi della città attraverso un lavoro organico e allo stesso tempo dinamico, prendendo spunto dalle abitudini riproduttive e migratorie, avviene tutto in modo semplice anche se “una parte davvero difficile è separare quelle che sono le aspettative estetiche delle persone, su come pensano che un giardino “dovrebbe” essere e spingerle a trovare la bellezza nella spontaneità e naturalezza dei giardini. Non taglio le piante che tendono a stringersi tra di loro dato che è il modo in cui la fauna selvatica vuole e può vivere. Tendo sempre a trattenerla piuttosto che a rilasciarla”. Molta della trasformazione prodigiosa di Brooklyn Park deriva dalla messa in pratica degli studi di Rebecca e per l’esattezza dall’orticoltura ecologica, “ il giardinaggio che studia le dinamiche tra piante, suolo, fauna selvatica e persone. È l’esatto opposto della versione puramente ornamentale, guidata dal controllo delle piante in nome dell’estetica. La priorità è quella della bellezza e dell’interazione umana con il paesaggio”.

Imparare a leggere i segnali della fauna selvatica richiede sperimentazione e per decidere l’inclusione di nuove specie si avvale “dell’incredibile app iNaturalist, per identificare e studiare i cicli di vita in modo da capire come supportarli al meglio”. Ama includere nel parco gli uccelli rari della città ma anche quelli comuni che di solito sono facilmente riconoscibili e per questo più apprezzati dai birdwatcher. “ I miei preferiti sono i silvidi migratori che non riesco mai a identificare perché mi sembrano tutti uguali ma sto imparando lentamente. A volte sono curiosi e si avvicinano saltellando. Mi incanto. Sono preziose creature, così gentili e ingenue che il mio compito coadiuvato da valorose persone è quello di proteggerli da auto, gatti e offrire loro un luogo di riposo”. In questi giorni è indaffarata con la sua squadra nella semina autunnale “pianteremo migliaia di piante. Quelle che ospitano le farfalle americane e quelle per l’ impollinazione sono tra le più eccitanti”. Il lavoro di squadra è di fondamentale importanza “il team di Hort è meraviglioso. È un grande onore per me lavorare con tutti questi giardinieri appassionati e motivati. Siamo 4 nella gestione, 12 giardinieri a tempo pieno e 4 giardinieri stagionali. Assumeremo nuovi giardinieri a gennaio, quindi a chiunque lo desidera dico: unisciti a noi!”
I suoi occhi si illuminano quando racconta che di tutti i giardini che ha creato, quello che più si avvicina alla sua idea di felicità è quello sotto il ponte Squibb, progettato dal giardiniere Junko Fujomoto. “È affascinante e adorabile, specialmente in primavera quando fiorisce il corniolo”. Ma si illuminano ancora di più quando si pensa come insegnante del Brooklyn Botanic Garden, perché l’amore per il giardinaggio prima che si manifesta sui libri è già maturato nel cuore.