Il 31 Maggio si celebra la Giornata Mondiale Senza Tabacco, il World No Tobacco Day.
I numeri appena diffusi dall’OMS lasciano a bocca aperta: sono oltre 8 milioni i morti ogni anno a causa delle gravi patologie (malattie cardiovascolari, tumori, malattie respiratorie e diabete) correlate al consumo di tabacco (la maggior parte dei decessi si verifica nei paesi a basso e medio reddito). Un numero di gran lunga superiore a quello della pandemia di coronavirus. Eppure, nessun governo ha mai pensato di adottare misure drastiche per porre fine a questa carneficina.
Quella da tabacco è una vera e propria dipendenza: nel mondo, circa metà dei fumatori (780 milioni su 1,3 miliardi di persone) afferma di voler smettere, ma pochi ci riescono. Ciò potrebbe essere dovuto al fatto che solo il 30% di loro ha accesso agli strumenti che potrebbero aiutarli. Strumenti peraltro parte fondamentale delle misure previste dalla Convenzione Quadro dell’OMS sul Controllo del Tabacco (FCTC). Un documento che indica anche le misure che i vari governi dovrebbero adottare (aggiornando indirizzi e linee guida sulla base dell’evolversi dei dati rilevati). Misure come l’estensione degli ambienti dove è vietato fumare, l’adozione di politiche fiscali sui prodotti che contengono tabacco da fumo e il controllo della pubblicità.
Anche l’Unione Europea, aderendo alla FCTC, dovrebbe muoversi in questa direzione con le sue raccomandazioni e le sue direttive. Invece, le sole misure adottate sono quelle inserite Piano Europeo di Lotta contro il Cancro (Europe’s Beating Cancer Plan) presentato a febbraio scorso. Misure che parlano di diagnosi precoce, trattamento e assistenza dei malati. Poche le iniziative per la prevenzione, come quella di “realizzare un’Europa senza tabacco”. Ma come per altre misure, si tratta di promesse a lungo termine, obiettivi troppo lontani nel tempo per essere credibili e funzionali: creare una generazione in cui meno del 5% della popolazione ne faccia uso entro il 2040, rispetto a circa il 25% di oggi (obiettivo intermedio la riduzione relativa del 30% del consumo entro il 2025, ma rispetto al 2010, corrispondente a una prevalenza del fumo di circa il 20% della popolazione della Unione Europea). E nel frattempo la gente continuerà a morire a causa del “fumo”.
Anche in Italia il consumo di prodotti del tabacco causa morti e malati gravi. E tanti. Si stima che, ogni anno, i decessi attribuibili al fumo di tabacco siano oltre 93.000 (il 20,6% del totale di tutte le morti tra gli uomini e il 7,9% del totale di tutte le morti tra le donne). Solo per quanto riguarda i tumori, il tabacco è il fattore di rischio con maggiore impatto al quale sono riconducibili almeno 43.000 decessi all’anno. Il tutto con un costo non solo umano e sociale, ma anche economico: la spesa diretta e indiretta supererebbe i 26 miliardi di euro (dati Tobacco Atlas).
Una situazione grave che nell’ultimo periodo avrebbe meritato un’attenzione particolare: il legame tra il tabagismo e la pandemia in atto non è secondario (come è noto, il virus colpisce le vie respiratorie, proprio le più danneggiate dall’uso continuo di tabacchi). Invece, i consumi di questi prodotti non solo non sono diminuiti, ma anzi sono aumentati. La pandemia ha cambiato in peggio le abitudini degli italiani rispetto al fumo. Dopo un leggero calo ad Aprile 2020 (rispetto a gennaio), il consumo di questi prodotti è aumentato. Preoccupante anche il numero di giovani consumatori di tabacchi: un adolescente su tre tra i 14 e i 17 anni ha già avuto un contatto con il fumo di tabacco (quasi il 42% con la sigaretta elettronica). A dirlo sono i dati di un nuovo studio dell’ISS in collaborazione con l’Istituto Farmacologico Mario Negri. “Un ruolo chiave nell’aumento dei fumatori – ha detto Roberta Pacifici, direttore del Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’ISS – lo hanno avuto i nuovi prodotti del tabacco (sigarette a tabacco riscaldato, HTP) e le e-cig. Il loro uso in Italia contribuisce alla iniziazione e alla ricaduta del consumo di sigarette tradizionali e ne ostacola la cessazione, alimentando l’epidemia tabagica”.
Di tutti questi dati nessuno ha parlato. Così come nessuno ha parlato della Giornata contro il Tabacco. Perchè? Per capirlo basta sfogliare il Libro Blu dell’Agenzia Dogane e Monopoli, presentato a Settembre 2020 alla presenza dell’ex premier Conte: il contributo diretto all’Erario di Accise e Iva dei tabacchi ammonta alla stratosferica somma di 13,9 miliardi di euro. Solo in un anno. A questo si devono aggiungere i “benefici” (chiamarli così è quasi una bestemmia) per il PIL derivanti dal giro d’affari che ruota intorno alle cure richieste dalle malattie causate dal fumo (altri miliardi di euro). Entrate, secondo alcuni, sufficienti a giustificare il non voler attuare il divieto totale dell’uso dei tabacchi. Per salvare la coscienza basta sarà sufficiente indicare ipocritamente sulle confezioni di tabacchi che “può causare la morte” o che “nuoce gravemente alla salute”.
Di fronte a numeri come questi è inutile sperare che possano trovare terreno fertile gli appelli dell’OMS che, in occasione della Giornata Mondiale senza Tabacco, ha lanciato numerose iniziative tra le quali una campagna il cui obiettivo sarebbe consentire a 100 milioni di persone dipendenti dal tabacco di fare un tentativo di smettere, creando reti di supporto e aumentando l’accesso ai servizi. Per farlo l’OMS ha creato un servizio innovativo, “Florence”, una sorta di operatore sanitario digitale (disponibile in inglese 24 ore su 24, 7 giorni su 7) al quale si affiancano programmi di supporto su WhatsApp e Viber.
“Fumo” per convincere oltre un miliardo di fumatori a smettere di fumare.