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April 27, 2019
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Vite appese ai like: quando l’attesa di un cuoricino ti spezza il cervello

Sentimenti vissuti sui social: dopo il ghosting arriva l'orbiting

Francesco PirabyFrancesco Pira
Vite appese ai like: quando l’attesa di un cuoricino ti spezza il cervello
Time: 3 mins read

Ormai ci rendiamo conto che buona parte delle nostre conversazioni che riguardano i nostri sentimenti corrono via Whatsapp. La nostra comunicazione viaggia molto di più con parole scritte o inviate con messaggi audio con il popolarissimo social che non al telefono o di persona. Il numero delle telefonate è diminuito bruscamente in compenso sono aumentati in maniera esponenziale i messaggi che ci vengono recapitati su Whatsapp o Telegram. Ci sono anche applicazioni per ridurre il tempo dei messaggi audio, Telegram ne ha una molto utile, per poter ascoltare in pochi minuti messaggi chilometrici che vengono depositati sul nostro account e che richiedono tantissimo tempo per l’ascolto. Del resto la messaggistica veloce non ferma le logorroiche e i logorroici.  Le nostre relazioni sono diventate molto più ansiogene. Scriviamo e pretendiamo subito la risposta.

L’era social ha  modificato il linguaggio e la gestione delle relazioni interpersonali. Abbiamo nell’arco della giornata molti più rapporti social che rapporti sociali.

Sono tanti gli  strumenti che abbiamo a disposizione. E noi adulti stiamo seguendo i più giovani nella digitalizzazione dei sentimenti, nella vetrinizzazione di qualunque performance. Ci si conosce in chat, si comunica attraverso app di tutti i tipi. Abbiamo bisogno di documentare tutto quello che facciamo, ogni istante, con un ritmo quasi forsennato. Cerchiamo ascolto, amicizia e amore sui social. Auspichiamo che qualcuno condivida il nostro post, un nostro pensiero, una massima, una foto. Aspettiamo il like o il cuoricino. E’ la gratificazione piena di quanto abbiamo scritto o pensato, o addirittura copiato.

Le parole vengono sostituite sempre più dalle immagini. Prima si raccontava agli amici cosa era successo, cosa si provava, le emozioni, le liti, oggi sembra quasi che se non si produce una storia su Instagram per documentare cosa stiamo facendo o è successo, non siamo credibili o riconoscibili.

Prima vivevamo di ghosting, persone che virtualmente entravano nella nostra vita e poi sparivamo, esattamente come i fantasmi, oggi la grande moda è l’orbiting.  Ci sono molti campioni in giro. Ci seguono, ci studiano, ci osservano. Si mantengono nella nostra orbita. Mettono qualche like ogni tanto, rispondono a qualche storia su Instagram.

Si è chiesta qualche giorno fa, in un articolo molto spassoso Cristiana Mastronicola, su Huffingthon Post Italia : “E’ una presenza costante? No. Ma non è nemmeno un’assenza. E’ un adesso no, ma magari domani. E domani chi lo sa. L’orbiting è un giochetto psicologico”.

E mentre gli altri giocano continuiamo a chiederci se interessiamo davvero. Se quel like ha un significato, se quel cuoricino su Instagram batte o meno.

E questo accade, provate a pensarci, perché viene a mancare il contatto umano, il guardarsi negli occhi, l’abbraccio affettuoso e consolatorio di una persona che vediamo e tocchiamo. Il sociologo Manuel Castells  già nel 1996 predicava:

“I social sono il luogo della democratizzazione del privato, dell’autorappresentazione, dell’autonarrazione, dell’autocomunicazione di massa, dove si realizza la proiezione che ciascuno vuole dare di se stesso agli altri ed anche il luogo per eccellenza dove gli altri attraverso il loro gradimento ci ridefiniscono”.

Adesso sono anche il luogo dove chi orbita nella nostra vita gioca, ci illude, ci cerca, scappa, ritorna insomma orbita. Le relazioni social sono spesso caratterizzate da un’estremizzazione delle emozioni e la ricerca continua di forti emozioni, come se i contenuti digitali fossero un filtro che ammortizza le emozioni o rendesse le stesse altro da sé.  Le azioni sono orientate a seguire di volta in volta sciami di individui che si aggregano intorno ad un’emozione prevalente, pronti ad inserirsi in un’altra tribù appena questa perde di stimolo. Stiamo assistendo ad un processo di stabilizzazione del provvisorio, solo presente senza proiezione sul futuro.  Studiare i nostri sentimenti più virtuali che reali diventa sempre più complesso. Sempre più difficile.

Alda Merini ha scritto: “I sentimenti non hanno età, non hanno sesso, ma desiderio di vita, desiderio d’amore e soprattutto di felicità”. Come la mettiamo con l’orbiting. Ci basterà?

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Francesco Pira

Francesco Pira

“Il potere è fare le cose per gli altri”. Questa frase scritta nella piccola sacrestia di un prete cristiano caldeo a Bagdad è quella che mi ha sempre accompagnato nelle mie esperienze umane e professionali. Amo leggere, scrivere, ma soprattutto quando posso narrare. Mi piace, come sosteneva Enzo Biagi, raccontare storie di persone comuni. Scrivo da quando avevo 14 anni. Fin da giovane ho coltivato la passione del giornalismo. Oggi insegno, nell’ambito della sociologia, comunicazione istituzionale e teorie e tecniche del linguaggio giornalistico all’Università di Messina. I miei territori di ricerca comunicazione e giornalismo con focus costanti sul rapporto tra adolescenti e nuove tecnologie, la comunicazione politica, sociale e pubblica. Sono un siciliano che ama il “lato giusto” della Sicilia. Vivo con il sogno prima o poi di trasferirmi negli Stati Uniti.

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