
Al centro di un Convegno sul tema Le emozioni dei bambini, incontriamo la Dottoressa Valentina Galeotti. Psicoterapeuta specializzata in terapia dell’adulto e di coppia. Ad oggi svolge attività clinica e di ricerca presso il suo studio a Roma. È mamma di due bambini. Dopo la laurea in psicologia nella Marche, sua regione di appartenenza, ha conseguito il titolo di psicoterapeuta ad indirizzo analitico transazionale a Roma mentre parallelamente occupava il posto di cultrice della materia presso la cattedra di Psicologia della Personalità e Psicologia nell’Arte. Negli anni ha approfondito la psicologia clinica ad indirizzo prevalentemente psicodinamico, nella psicoanalisi delle relazioni oggettuali e nella decennale esperienza clinica sia in studio che in comunità terapeutica.
Mi parli dell’importanza della carezza che ha potuto sperimentare nella sua esperienza in luoghi protetti come le Comunità terapeutiche.
“Negli anni durante l’esperienza in comunità protette per minori e madri di minori ho avuto modo di lavorare a contatto con bambini richiedenti protezione e sostegno psicologico poiché figli di mamme che, se presenti, non erano state ritenute idonee per crescere il figlio in maniera adeguata e protettiva. Da quell’esperienza ho approfondito lo studio dell’attaccamento fisico del contatto della carezza tra madre e bambino e di come, in presenza di abusi, assenze e mancanze dello sguardo materno il bambino ne rimanga profondamente colpito e sia poi predisposto a diventare un adulto con importanti vuoti affettivi”.
Dietro un adulto equilibrato, sereno, capace di relazionarsi, gestire le proprie emozioni, essere indipendente, c’è stato un bambino sereno, un bambino ascoltato nei suoi bisogni? Che bambino c’è stato?
“Le emozioni non sono innate, ma evolvono dalle pulsioni e dai bisogni primari attraverso l’apprendimento e il continuo rispecchiamento con gli adulti (vedi il concetto di neuroni specchio di Gallese e Rizzolatti et al. 2004), i quali devono per questo dare regole e indicazioni, accogliere ed essere autorevoli, incoraggiare e sanzionare. Dalla psicoanalisi delle relazioni oggettuali si pensa alla mamma come motore trasformativo. Per il corretto sviluppo il bambino e futuro adulto non ha bisogno di una madre perfetta, bensì di una madre “sufficientemente buona” che sappia adattarsi ai bisogni del neonato e ne supporti il senso di onnipotenza. Dopo una fase di fusione con la madre ricca di odori, sguardi, tatto, subentrerà il padre atto ad introdurre un limite e la legge, necessarie alla futura autonomia del figlio. La complessa coopresenza di queste due funzioni fungerà da base sicura per la costituzione di un adulto sano”.
Di che cosa soffrono maggiormente i nostri bambini oggi? Crisi di abbandono, attacchi panico. Quando si può parlare in termini di vere e proprie patologie che affliggono i nostri bambini?
“Oggetto del mio studio in qualità di terapeuta dell’adulto e della coppia sono i bambini in relazione all’adulto di riferimento e alle caratteristiche di quest’ultimo soprattutto in un’epoca in cui l’adulto, e dunque il genitore, è spaventato. Il giovane adulto ha cessato di desiderare, di sperare, di attendere. In risposta a questa delusione e frustrazione tenta di soddisfare standard di efficienza e velocità sempre più elevati non atti a gratificare ma a lasciare affamati di contenuti “nutrienti”. Vittime di questa “spinta cieca al riempimento” sono i bambini. E qui è richiesto l’intervento di noi come clinici. I bambini non sono più liberi di annoiarsi e stare nei loro pensieri fluttuanti perché oggetti di un tempo saturato dagli adulti. Ne derivano disturbi del comportamento quali iperattività e aggressività che nella maggior parte dei casi non fanno che rispecchiare emozioni compresse ma non accolte e comprese”.
Come si recupera il rispetto e l’attenzione di un figlio che erroneamente definiamo ribelle e voi in termini psichiatrici interpretate come “oppositivo”?
“I bambini sono un derivato di come l’adulto di riferimento sin da molto piccolo si è rapportato a lui. Il mondo emozionale dei bambini va sollecitato. Rispetto a questo, dal mio punto di vista di clinica, trovo fondamentale per un genitore l’ascolto del proprio bambino, il cogliere da un litigio con lui una preziosa opportunità per stabilire intimità e non un episodio da evitare in tutti i modi. Nel fare questo convalida i sentimenti del bambino e allo stesso tempo pone dei limiti, limiti di cui i bambini, poi futuri adolescenti, hanno estremo bisogno”.
Lei parla speso di limiti. Molti genitori oggi non hanno più limiti di spazi, di funzioni, di responsabilità e l’effetto è di confusione. Come arginare il fenomeno?
“I genitori molto spesso sono spaventati dalla condotta aggressiva del figlio e si rivolgono a specialisti come se esistesse un vademecum o una panacea per arginare il fenomeno. In realtà la clinica sta attestando che questi bambini “difficili” null’altro fanno che testare i confini. Nel caso in cui i confini che gli adulti mettono loro sono incoerenti, labili, non chiari, loro li testeranno ripetutamente sino ad ottenere una risposta netta utile a contenere la spinta all’esplorazione da un lato e il desiderio di protezione dall’altro. Quindi non esiste una bacchetta magica per arginare il fenomeno bensì una strada da percorrere all’insegna della pazienza, dell’ascolto e della coerenza nella trasmissione dei limiti”.
Oggi sono sempre più diffusi disturbi comportamentali tra gli studenti sono anche spesso legati alla mancanza di sonno e ad esposizione alle tecnologie. Vietare o concedere con parsimonia? Angeli o demoni?
“Chiaro ed evidente come la tecnologia oggi sia permeante nelle nostre vite e in quelle dei nostri figli. Tuttavia occorre da parte di noi clinici e genitori non perdere di vista la responsabilità che ognuno di noi ha nel far fruire a bambini e futuri adolescenti, dispositivi tecnologici e loro affini. Gli adolescenti si mostrano a volte disinvolti, noncuranti, ma sono costantemente alle prese con sentimenti di noia, ansia, rabbia, solitudine, inadeguatezza. Sentimenti che non sanno come gestire e che decidono di condividere raramente, con un amico e talvolta attraverso i social network. Il punto è che da questi dispositivi artificiali non trovano rispecchiamento e questo non fa che frustrarli e spaventarli sempre di più. Sono possessori di alti livelli di competenza al livello informatico e tecnologico, ma analfabeti nelle emozioni e nei vissuti. Inoltre nei bambini al di sotto dei tre anni i danni possono essere anche di natura neuro fisiologica. A seguito di un’esposizione prolungata possono comparire alterazione del sonno, problemi di vista, postura, emicrania e nei casi estremi disturbi del comportamento. Senza contare che il tempo dedicato ad i pad e cellulari viene sottratto all’attività fisica e ad uno stile di vita sano. Insomma, l’invito è ad un utilizzo limitato consapevole e responsabile da parte del genitore che prospetta regole al figlio”.
Al convegno si sosteneva il potere trasformatore della mamma sul minore grazie alle sue carezze, alla voce, all’odore e a una maggiore propensione nella capacità di ascolto, mentre il padre incarna più la sfida, l’impatto, il gioco: che cosa accade se i valori sono ribaltati e ad essere più presente più assertivo ed affettivo è il padre e più complice e giocosa la mamma?
“Dal mio punto di vista l’arricchimento proviene dagli elementi e non da chi li rappresenta”.
Possiamo dare qualche istruzione per l’uso semplice in tre passaggi? Giusto tre regole d’oro per gestire meglio a casa i nostri bambini.
“Ascolto, incoraggiamento, sviluppo del desiderio!”.
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