Di solito trascorriamo l’intero mese di agosto nella nostra casa di campagna in Italia, nelle Marche, spesso rimanendo fino all’inizio di settembre e godendo del cambiamento di clima e temperature che arriva puntuale il 1° del mese. Quest’anno nostra figlia ha iniziato il college e abbiamo quindi dovuto lasciare l’Italia in anticipo, l’11 agosto. Per questo eravamo già negli Stati Uniti quando c’è stato il terremoto, mercoledì 24. Proprio mentre stavamo preparando e caricando in macchina tutto il necessario per nostra figlia, tentando di contenere la forte e inevitabile emozione che si prova quando la tua unica figlia lascia il nido e si avvia verso una nuova fase della sua (e della nostra) vita, abbiamo cercato di metterci in contatto con i nostri amici e vicini in Italia, per assicurarci che stessero bene.
La cittadina dove abbiamo casa, Penna San Giovanni, in provincia di Macerata, si trova a 97 chilometri (circa due ore di strada tra le montagne) da Norcia, l’epicentro del terremoto. Abbiamo percorso proprio quella strada verso la metà di luglio quando siamo andati a vedere i sorprendenti campi di fiori selvatici a Castelluccio del Norcia e nel tragitto siamo passati anche per Arquata del Tronto, una delle località maggiormente colpite dal sisma. È stata una gita molto piacevole, il paesaggio montuoso è fantastico e i fiori erano proprio come ho sempre immaginato i campi di tulipani in Olanda.
In linea d’aria la nostra città si trova a 40 chilometri di distanza dall’epicentro del sisma, e le mappe che mostrano le aree danneggiate si estendevano verso est fino alla nostra località e verso il Mar Adriatico. Stando alle prime notizie, pareva che la città non avesse subito troppi danni. In seguito, però, la situazione è cambiata a causa delle scosse di assestamento che hanno avuto luogo il 28 agosto. Sappiamo ancora poco riguardo ai danni nella nostra area e all’eventuale coinvolgimento di amici, parenti e della casa.
Dopo il terremoto del 24 agosto un amico che vive da sempre a Penna San Giovanni ci ha detto che i danni peggiori si erano verificati nella zona antistante le montagne. Sia noi che lui viviamo sul versante opposto dove il sisma è stato avvertito con minore intensità. Nonostante questo, lui e tutta la sua famiglia hanno comunque dormito all’aperto, in tende montate sulla loro terra.
Dopo le scosse di domenica abbiamo letto qualche rapido aggiornamento su Internet che faceva riferimento a danni sostanziosi alle abitazioni localizzate sulla strada che va da Penna a Gualdo, la cittadina a fianco. A Villa Pilotti, dove alcuni nostri amici si sono sposati in una deliziosa chiesa neo-Gotica, le case sono state danneggiate così come la chiesa che, anche se non è caduta, ha riportato varie crepe, sia all’interno che all’esterno.
Altri amici erano preoccupati per i loro cavalli, ma fortunatamente quando hanno controllato li hanno trovati calmi nei campi. Sono cavalli italiani e hanno già vissuto altri terremoti, riuscendo così a gestire bene anche le scosse successive. La settimana scorsa una giornalista del Times of London è stata intervistata dalla National Public Radio, mentre era in vacanza a Penna San Giovanni: ha riportato notizie di danni importanti alla casa in cui alloggiava con amici, dove l’intonaco è caduto dal soffitto e i bambini sono stati messi a dormire nel cortile nel mezzo della notte. Durante l’intervista la giornalista inglese ha fatto notare che le strade sembravano essere rimaste intatte, ma le crepe erano evidenti in molti edifici.
Abbiamo contatto i nostri conoscenti più anziani che ci hanno rassicurato sul fatto che loro e la loro abitazione, risalente agli anni ‘60 e costruita con cemento e mattoni invece che pietre, erano illesi. Sono stati così fortunati da evitare anche i potenziali danni delle scosse del 28 agosto, ma siamo anche venuti a sapere che le case di circa 85 persone della nostra città al momento non sono più abitabili. Ci siamo anche preoccupati molto per un’amica che vive a Perugia. Sua madre è originaria di Accumoli ed è solita passare lì la maggior parte dell’estate. Eravamo molto in pensiero per lei e ci siamo sentiti estremamente sollevati quando abbiamo scoperto che la donna era salva e che sua figlia la stava riportando a Perugia. Nonostante questo, però, rimane la preoccupazione per i suoi familiari e le loro abitazioni.
La settimana scorsa, il giorno seguente al terremoto, la nostra amica Serenella, l’ingegnere che si occupa della nostra casa, si è recata sul luogo e ci ha riferito che la nostra “forte e bellissima” casa non ha riportato alcun danno significativo. Tutto ciò che ha notato erano alcuni armadi aperti nella stanza padronale. Non sappiamo se la casa è intatta dopo le scosse di domenica. I nostri amici stanno giustamente pensando alle loro famiglie, abitazioni e ai danni in città. Ci metteremo in contatto con loro non appena la situazione si sarà stabilizzata. Speriamo di essere fortunati: quando abbiamo ristrutturato la casa nel 2008 quasi i due terzi erano diroccati e abbiamo riutilizzato i materiali originali per rimetterla in piedi e migliorarla. Serenella e suo fratello ci hanno aiutato nella progettazione tenendo ben presente la minaccia rappresentata dai principali pericoli ambientali: i terremoti e le alluvioni. Per questo la casa si è salvata dai danni più consistenti.
La nostra casa fu costruita all’incirca nel 1750 ed è stata, per la maggior parte del tempo, una tipica casa di campagna, nella zona in cui vivevano gli animali aveva un pavimento di terriccio e niente fondamenta. Inizialmente aveva tre piani ma quando abbiamo ristrutturato abbiamo eliminato l’ultimo, optando invece per soffitti più alti e un soppalco nella camera da letto di mia figlia. Varie volte durante il corso dei lavori la casa è stata rinforzata e stabilizzata. Inizialmente, alcuni studi del terreno avevano reso necessario un rafforzamento nel lato sud, dove la terra era più soffice. È stato il primo passo: operai e materiali sono arrivati direttamente sul posto per installare delle tubature d’acciaio riempite con calcestruzzo ai lati della struttura. Alla fine, queste sono diventate delle vere e proprie fondamenta.
Delle strutture in plastica che somigliavano a degli sgabelli a quattro gambe formano la base per i pavimenti, permettendo all’aria di circolare al di sotto della casa e combattere così l’umidità. Quando possibile, abbiamo riutilizzato le travi originali in legno per i soffitti, specialmente per la stanza che una volta era il fienile e oggi è diventata la cucina. Le travi sono state però rinforzate con acciaio e calcestruzzo per assicurare che avrebbero sostenuto correttamente il peso, senza crollare. I muri sono spessi circa 61 centimetri e le nuove pareti hanno mantenuto le pietre originali nella parte più esterna mentre all’interno sono costituite da mattoni, isolante e intonaco o pietra. Il nuovo tetto è di cemento, coperto poi con una membrana resistente all’acqua e le tegole originali. Dove questo si incontra con le pareti c’è una spessa banda in calcestruzzo che percorre tutto il perimetro della casa, stabilizzando l’edificio contro le scosse sismiche.
La devastazione che ha colpito le piccole località del Centro Italia è straziante. Abbiamo visitato L’Aquila questa estate, cercando una tipologia particolare di torrone della quale avevo letto, e siamo rimasti profondamente rattristati. Sette anni dopo il terremoto del 2009 l’intera città è ancora piena di impalcature, l’odore di polvere e calce bagnata riempiono le piccole strade, rivoli di fango scorrono sui ciottoli, i negozianti hanno spostato la loro merce nella piazza principale in bancarelle pericolanti. Il pensiero che questo possa capitare anche alla nostra cittadina è insopportabile. Da quello che abbiamo potuto vedere dalle immagini che circolano su Internet, la piazza principale è ancora intatta. I danni più gravi hanno colpito la periferia, soprattutto le strade che conducono ai villaggi limitrofi. La vita nei piccoli centri rurali in Italia è già particolarmente precaria dal punto di vista economico e sociale perché i giovani spesso lasciano la comunità in cerca di un lavoro e di condizioni di vita migliori. Se a tutto ciò si aggiungono le calamità naturali la tradizione di questi antichi stili di vita diventa ancora più fragile.
Una parte della cerchia di mura della nostra città e del nostro vialetto è crollata lo scorso anno a causa di una primavera particolarmente piovosa. Noi abbiamo fatto riparare il vialetto e le mura sono state ricostruite nel giro di uno o due anni. La nuova sezione è diversa da quella originale, ovviamente, ma speriamo che le legislazioni riguardanti i nuovi edifici vengano rispettate e che i danni alle preziose e amate case e strutture vengano riparati in modo che possano durare per i prossimi cinque o sei secoli. Come molti altri, ci sentiamo terribilmente impotenti qui a New York, e se potessimo avremmo già imbracciato la pala e l’elmetto e iniziato a scavare per collaborare. Il pensiero va alle persone di Penna San Giovanni e di tutte le altre comunità distrutte da questa tragedia, sperando che avranno la forza e il supporto necessari per ricostruire e andare avanti.
Traduzione di Laura Loguercio