Care lettrici e lettori de La Voce di New York
Questa nuova rubrica si chiama “Fuori dal Bozzolo”, perché chi scrive vuole raccontarvi delle storie che avverte col battito di chi vive a New York da oltre vent’anni ma che allo stesso tempo, spero, rivelino sensibilità e saggezza della terra dove si nasce e cresce. Queste, infatti, si possono leggere anche sull’edizione cartacea della gloriosa Gazzetta di Mantova.
Si dice, a ragione, che New York è la capitale del mondo e senza dubbio molte tendenze, mode, manie e follie iniziano qui e da qui partono per conquistare il mondo. Si pensi all’influenza che esercita questa città nel campo delle arti visive e della musica: dalla pop art a Lady Gaga. Per non parlare della moda che impone ad alcune grandi maison di pagare in pianta stabile consulenti che girano per le strade dei vari quartieri per fotografare e prendere nota di tendenze e vezzi che ritroveremo nelle collezioni dei grandi stilisti.
Ma ho parlato non a caso anche di manie e follie, come le due che vi voglio raccontare oggi e che hanno come sfondo le sale solenni del Metropolitan Museum of Art, affacciate su Central Park e le strade pittoresche che circondano Washington Square. Nel museo più importante della città (e tra i più prestigiosi al mondo) è iniziato infatti nelle settimane scorse un curioso esperimento che permette a un gruppo selezionato di visitatori di utilizzarlo come palestra di lusso, mentre qualche chilometro più a sud nel Greenwich Village lunghe code di giovani e non più giovani golosi si mettono pazientemente in fila per più di due ore per degustare impasto crudo per biscotti.
Andiamo per ordine: la coreografa Monica Bill Barnes, contattata dalla direzione del Metropolitan per l’allestimento di un tradizionale spettacolo di danza ambientato al suo interno, ha lanciato come sua controproposta il Museum Workout (letteralmente “allenamento al museo”): un tour guidato per una dozzina di visitatori che alternano jogging, posizioni yoga ed esercizi aerobici.
La Barnes, che con una collega guida l’allenamento in abito di paillettes e scarpe da ginnastica ci ha messo più di due anni per convincere i responsabili che l’idea era valida e soprattutto per rassicurarli che le inestimabili opere d’arte non avrebbero corso rischi. La sua perseveranza è stata premiata con un successo travolgente: tutte le sessioni (l’ultima è stata il 9 marzo) sono andate esaurite fin dal primo annuncio dell’iniziativa e, nonostante qualche risolino e qualche smorfia di disapprovazione, pare che altri blasonati musei della città abbiano già chiesto alla Barnes di preparare anche per loro degli allenamenti ad hoc. Ma la prova più certa che il workout ha funzionato è che le guardie, che in un primo momento avevano manifestato la loro forte perplessità, adesso accennano qualche passo di danza quando nelle sale ancora vuote arriva il gruppo di atleti sulle note di Staying Alive.
Altra musica invece suona nel Greenwich Village dove sembra che bruciare calorie e tenersi in forma non sia una priorità. Da circa una settimana infatti è aperto un piccolo locale con un nome ancora più piccolo: “do”, che vende principalmente impasto per biscotti crudo (Cookie Dough in inglese). Sì, proprio quello che mamme e nonne magari vi facevano raccogliere con il dito dalla zuppiera ma che non vi lasciavano mangiare a cucchiaiate perché “ci sono le uova crude”, e “poi lievita e ti gonfia la pancia”… In controtendenza rispetto alla sempre imperante dieta salutista che porta ad eliminare dalla tavola carboidrati, grassi saturi e alimenti raffinati, la pasta per i biscotti li infila proprio tutti: farina, burro, uova, zucchero e altri ingredienti dai colori inquietanti per lo più sconosciuti a noi italiani. Centinaia di persone ogni giorno si mettono in fila per più ore per assicurarsi una cucchiaiata del magico impasto che si trasformerà immediatamente in chili da smaltire, magari saltellando a ritmo di disco music davanti a un Raffaello. Passando davanti alla folla in attesa l’altro giorno mi è venuta in mente una scritta apparsa sul muro della facoltà di filosofia di Firenze qualche anno fa: “non è mai troppo tardi per farsi un’infanzia felice”.