Una “bambolina imbambolata…”. Non finisce la frase, rivolta alla neo eletta sindaco di Roma Virginia Raggi, e il governatore della regione Campania Vincenzo De Luca viene sommerso da critiche e contestazioni da ogni parte; come si permette, questo Donald Trump in sedicesimo? E via, accuse di “maschilismo”, “sessismo”, “razzismo” .
Ora è noto che il governatore De Luca non si è abbeverato ai manuali di monsignor Giovanni Della Casa, e tantomeno lo si immagina lettore de “Il cortegiano” di Baldassarre Castiglione; è un personaggio pittoresco, non nuovo a ruvidi exploit; verrebbe da pensare che se le va cercare, fedele al motto di Oscar Wilde: “Non importa che se ne parli bene o male, l’importante è che se ne parli”. Non è stato elegante definire Virginia Raggi “bambolina imbambolata”; e bene ha fatto a reagire chi ha reagito.
Appurato che Raggi non è “una bambolina, imbambolata”, va pur rilevato che sono trascorsi un bel po’ di mesi da quando i romani l’hanno eletta prima cittadina della capitale; e Raggi non muove foglia che Beppe Grillo, gran capo del Movimento 5 Stelle, non voglia.
Roma vive in una situazione che definire penosa è essere gentili; è il risultato di precedenti amministrazioni, spesso criminali: stratificazione di pessime gestioni che durano da svariati decenni. Però un gesto, un “segno”, questo sì, lo si può e lo si deve chiedere. Invece nulla. C’è l’imbarazzante situazione di una giunta che si monta e smonta nel giro di poche ore; ci sono gli imbarazzanti silenzi, le bugie, il sapere che persone cui si è data fiducia hanno qualche problema con la giustizia, e l’averlo negato… Dilettanti allo sbaraglio, solo che non c’è davvero nulla di che dilettarsi, e allo sbaraglio viene mandata una città, Roma capitale, e i suoi milioni di abitanti; e si offre uno spettacolo desolante a tutto il mondo che infatti guarda attonito e stupefatto. E su tutto, la questione delle Olimpiadi.
Beninteso: è un piatto ricco, ricchissimo, attorno a quale ruotano concreti interessi, appalti, milioni e milioni di euro in ballo. Nessuno è così ingenuo da non saperlo. Li possiamo immaginare, dietro i Luca Cordero di Montezemolo e i Giovanni Malagò, i branchi di lupi famelici e voraci, tovagliolone attorno al collo, coltelli e forchette branditi, bava alla bocca: pronti ad azzannare la loro fetta di carne. Lo sappiamo bene che ogni grande opera comporta questi rischi, contempla questa possibilità. Se è questo il timore, se è questa l’obiezione si deve per coerenza dire NO a qualsiasi grande opera, si tratti di Expo a Milano, Olimpiadi invernali a Torino, treno Alta Velocità, potenziamento della rete autostradale; e NO anche alle opere legate all’Anno Santo.
C’è però la possibilità che si possano realizzare grandi opere, grandi eventi, senza che ci siano i disastri che solitamente sono paventati. Lo provano le Olimpiadi a Torino e l’Anno Santo del 2000.
L’Anno Santo del 2000 per esempio, evento che è stato di ben più vasto richiamo rispetto quello in corso, non ha visto nessuno scandalo giudiziario; nei cantieri di allora non si è registrata alcuna morte “bianca”. Insomma, la prova è stata positivamente superata. Idem per le Olimpiadi a Torino. Evidentemente è un problema di competenze, di affidarsi a persone che sanno fare il loro mestiere; di vigilanza efficacia e controlli. Se si vuole si può fare.
Le Olimpiadi a Roma poteva essere una grande opportunità che si è rifiutata per una sorta di pregiudizio ideologico. Un vero peccato. Una opportunità sciupata.
Si prendano Roma e Milano, e le si compari. Il valore aggiunto procapite di Milano è pari a 44.555 euro; quello di Roma 31.415 euro, un distacco del 41,8 per cento. Il PIL procapite è del 18,8 per cento a favore di Milano. Si dirà che sono cifre; che si deve valutare la ricchezza reale, il livello di vita. D’accordo. Vorrà tuttavia dire qualcosa che nella graduatoria del valore aggiunto per province Roma è, tra le prime dieci, quella che ha subito il più violento contraccolpo della crisi, con un calo del 7,9 per cento fra il 2009 e il 2013. Nello stesso periodo Milano cresceva dell’1,7 per cento. Il tasso di occupazione giovanile è passato fra il 2008 e il 2014 dal 19 al 12,7 per cento a Roma; la quota di giovani di età compresa fra 15 a 24 anni in cerca di un lavoro è salita dal 29,1 al 43,9 per cento. A Milano era al 38,2 per cento, quasi sei punti meno che a Roma. Nella capitale ci sono 84 mila giovani fra 15 e 29 anni che non lavorano né studiano e neppure frequentano corsi di formazione. Sono il 20,7 per cento, contro il 15,3 per cento di Milano, dove ne vengono censiti 26 mila. Meno di un terzo. A Roma nel 2015 si registra una crescita pari allo 0,3 per cento degli occupati rispetto al 2014; a Milano l’aumento è del 4,3 per cento; nello scorso anno a Roma i disoccupati sono diminuiti del 3,1 per cento, a Milano è sceso del 9,2 per cento. Negli ultimi anni la struttura dell’economia della capitale si è profondamente modificata. Sono cresciute le attività economiche più speculative. Enorme il balzo del settore immobiliare: +14,8 per cento fra il 2008 e il 2013, nonostante le difficoltà di un mercato che nei nove anni precedenti era salito di ben il 63 per cento. E’ l’unico che continua a tirare. Occupazione e attività economiche ristagnano. Questa la cornice.
Roma, insomma, vive di turismo mordi-e-fuggi, e deve soprattutto ringraziare il Vaticano, e i tesori che custodisce. Per il resto, il turista viene maltrattato quanto basta. Ecco dunque perché le Olimpiadi potevano costituire un volano importante, per l’occupazione, lo sviluppo, l’ammodernamento di infrastrutture di cui la città ha grande bisogno. Certo, con tanti, innumerevoli rischi. Ma come dice il proverbio: c’è un modo sicuro per non rompere i piatti, non usarli, non lavarli, non toccarli.
Per stare ai fatti: il budget stimato per le Olimpiadi a Roma era di 5,3 miliardi. I costi operativi di 3,2 miliardi. Si obietta che sarebbero certamente lievitati. E’ una presunzione; forse sarebbe accaduto; ma forse no, se si assicura e garantisce il controllo e verifiche adeguate. Ad ogni modo, non un euro era a carico del Comune. La signora Raggi dunque nulla aveva di che temere, per quel che riguarda le casse capitoline. Si prevedeva, secondo le stime e le previsioni del Ceis-Tor Vergata, un qualcosa come circa 177mila posti di lavoro; un incremento del PIL pari al 2,4 per cento tra il 2017 e il 2023. Bazzecole? A Londra, dopo le Olimpiadi del 2006, e nonostante la paura terrorismo, solo nel 2013 l’affluenza turistica è cresciuta di un 1,3 per cento in più. A Torino, dopo le Olimpiadi del 2006 del 4,1 per cento. L’università di Limoges ha calcolato che se la sede delle Olimpiadi sarà Parigi, si creeranno almeno 250mila nuovi posti di lavoro. Ecco.
Un’ultima considerazione, che ci riporta alla “bambolina imbambolata” con cui si è cominciato questo intervento. Il NO alle Olimpiadi lo ha decretato Beppe Grillo. Poi, temendo ripensamenti dell’ultimo minuto, ha letteralmente “blindato” Virginia Raggi, e l’ha praticamente costretta a ripetere il “Niet” ai giochi olimpici. Nessuno dei tanti che si sono inalberati per il “bambolina imbambolata” ha fiatato. Cos’è più offensivo: bambolina imbambolata, o che il vero sindaco di Roma non sia la persona che i romani hanno eletto, ma un comico che con le sue assurde boutades crede di fare politica, gestisce il suo movimento in modo opaco, e ogni volta che apre bocca è uno sconcertante fiorire di scempiaggini e corbellerie?