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June 13, 2016
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La democrazia americana alla sfida degli intolleranti

Donald Trump approfitta della strage di Orlando commessa proprio da chi avrebbe potuto votarlo

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
strage orlando
Time: 5 mins read

Dopo il massacro di Orlando, soprattutto alla notizia che con 50 morti (poi diventati 49) si trattasse del più grande “shootout” della storia degli Stati Uniti, ho avuto un sussulto e dei pensieri di cui forse dovrei provare vergogna, sarete voi a giudicare. Sorpreso dal dato, ho infatti pensato: che fortuna che abbiamo avuto finora negli Stati Uniti!

Che il terribile evento in Florida risulti il peggiore della storia nel suo genere, per chi scrive significa che in questo paese abbiamo avuto finora una maledetta fortuna. Perché nonostante la conservazione di una criminale legislazione sull’acquisto di armi grazie a degli idioti professionisti della politica (incluso ora anche Donald Trump), inginocchiati davanti alla potente lobby della NRA, noi americani dovremmo sentirci tutti veramente fortunati se dopo tanti anni abbiamo battuto il record con “solo” 49 morti.

Che dite, sentirsi fortunati dopo Orlando è un pensiero di cui vergognarsi? Non lo siamo, in effetti, così fortunati perché adesso, oltre agli idioti, abbiamo in forte crescita la popolarità del pensiero intollerante che rischia addirittura di conquistare la Casa Bianca. E li sarebbe la fine dell’America e della democrazia.

Trump, purtroppo, non è un idiota, ma è furbissimo ad approfittare degli idioti, delle loro paure e di chi lo voterà proprio per la sua intolleranza. Tra i primi tweet apparsi dopo la strage, Trump sosteneva di aver avuto ragione lui: bisogna tenere fuori per legge i musulmani, tutti potenziai terroristi.

Ma è terrorismo quello che è successo in Florida? O pazzia? Ma dobbiamo ancora chiedercelo? Cosa sarebbe il terrorista quando uccide indiscriminatamente civili innocenti se non un pazzo? Chi sarebbe capace di uccidere così se non fosse matto da legare?

Anders Behring Breivik, lo ricordate? Il “pazzo” che in Norvegia ha ucciso da solo oltre 70 studenti. Non era un convertito musulmano, era un fondamentalista cristiano. Lui pazzo ma non terrorista? Invece Omar Mateen, che era musulmano, solo terrorista?  No, pazzo quanto Breivik che, a scanso di equivoci, era pure un terrorista. Ma con una brutta differenza: in Norvegia, così come a Parigi o Bruxelles, certi pazzi-terroristi hanno qualche problema a procurarsi le armi per ammazzare più innocenti possibile. Per Omar invece procurarsi un fucile automatico per sparare come se andasse alla terza guerra mondiale veniva facile facile e soprattutto era legale: questo nonostante fosse stato indagato due volte dall’FBI per sospetti legami con il terrorismo islamista.

Dopo la strage di San Bernardino in California,  non è successo nulla al Congresso di Washington, e ora siamo giunti all’assurdità che l’ennesima strage potrebbe avvantaggiare un candidato come Donald Trump e la sua demagogia pericolosa e antiamericana.

Su questa colonna, dopo San Bernardino, avevamo scritto: “Forse alla fine bisognerà ‘ringraziare’ I’ISIS e i suoi pazzi fondamentalisti islamisti per aver fatto venire finalmente l’ultimo nodo, quello più grande, al pettine del “dibattito degli imbecillì”, che ancora al Congresso si teneva con chi difende le lobby delle armi spacciandolo per difesa della Costituzione e delle sue libertà. Riassumendolo, dicevano questi che il problema non sono il possesso facile (libero) delle armi, ma di chi non si accorge dei malati di mente in tempo per curarli … Insomma un problema “sanitario” da risolvere mettendo i matti sotto controllo… E se non si riesce a metterli tutti in ospedale? Allora andate al lavoro con la vostra pistola così appena ne spunta uno armato voi sparate per primi… Proprio così, questo il livello  su cui si era arenato il dibattito degli imbecilli!”.

Purtroppo il dibattito degli imbecilli, oltre che continuare al Congresso, ora favorisce un candidato come Trump, che può dire che il problema verte su come fermare il terrorismo dell’Islam radicale, come se in America non ci fossero state ogni anno stragi compiute da pazzi e cristianissimi terroristi (La strage, dopo l’11 settembre, che ha causato più morti non è quella di Orlando, ma quella di Oklahoma City. L’ha forse dimenticata Trump?).

Con la strage di Orlando, oltre al numero dei morti, si aggiunge la gravità della scelta dell’obiettivo. Il Pulse era un club frequentato da ragazzi gay. La pazzia intollerante di Omar ha alzato il tiro, come lo avevano fatto già i terroristi matti a Parigi, andando a colpire i ragazzi che ascoltavano un concerto rock. Tutto questo ci ricorda che il nemico numero uno è rappresentato dall’intolleranza, che ancora cresce nello spirito degli uomini insicuri. Di coloro che rifiutano  a chi diverso da loro il diritto di avere uguali diritti. Di coloro che odiano soprattutto chi ama e rispetta la diversità. E l’amara ironia di questi tempi, è che questi stessi valori di intolleranza degli islamisti, sono ora propagandati da Trump e fanno presa tra molti, troppi americani spaventati, ma anche tra coloro che intolleranti e razzisti lo sono sempre stati, a prescindere dal pericolo terrorista. Donald Trump approfitta della strage di Orlando commessa proprio da chi avrebbe probabilmente votato per lui.

Proprio mentre in Florida il pazzo terrorista Omar scatenava la sua folle intolleranza contro i ragazzi gay di Orlando, in Italia Il Giornale di Milano — che non ha proprio più nulla del giornale fondato da Indro Montanelli —  mandava in edicola a prezzo scontato il  Mein Kampf di Adolf Hitler. Ecco un altro gravissimo segnale che il virus dell’intolleranza continua ad essere diffuso nell’Occidente, forse pensando così di confrontarsi ad armi pari con l’estremismo islamista, e finendo per rifletterne i valori più oscurantisti. Silvio Berlusconi ha ancora qualche voce in capitolo sul Giornale? Con l’aldilà che si avvicina, il Cavaliere vorrebbe forse lasciar il ricordo, oltre di certi peccatucci, anche di una tale orrenda e pericolosa operazione editoriale?

Comunque non tutto è perduto e il male che ci circonda può essere arginato, emarginato, sconfitto. Per fortuna che alla Casa Bianca abbiamo ancora un presidente come Barack Obama. Su Hillary Clinton abbiamo le nostre riserve (non sulle capacità, ma non ci piace la “democrazia dinastica”), eppure rispetto all’alternativa Trump, l’ex First Lady diventa di colpo una salvezza. A questo punto è indispensabile un patto tra tutti i cittadini che respingono l’ideologia dell’intolleranza e hanno orrore dei delitti commessi nel suo nome, sia se si tratti di pazzi terroristi islamici, cristiani, ebrei, nazisti…

Bernie Sanders, per cui nutriamo grande simpatia per certe sue battaglie sociali, è avvertito: non si scherza col fuoco delle divisioni che danno l’opportunità all’estremismo di vincere. Oggi, dopo essere stata sfidata nel 1922 in Italia e dieci anni dopo in Germania, la democrazia negli USA rischia di essere travolta da una ondata di demagogia e intolleranza. La sfida è enorme ma la democrazia americana non perderà.

Sotto il video del discorso tenuto da Donald Trump, lunedì 13 giugno, in Manchester, NH, al Saint Anselm College: il discorso è intitolato “National security and Hillary Clinton”.

 

 

Sotto un aggiornamento del 14 giugno: il discorso del Presidente Barack Obama che attacca le posizioni di Donald Trump dopo la strage di Orlando.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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