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December 14, 2015
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Palermo: il grande imbroglio del percolato. Agrigento: addio alla raccolta differenziata dei rifiuti

Giulio AmbrosettibyGiulio Ambrosetti
Time: 8 mins read

Correva l’anno 1986. Per la prima volta il movimento politico dei Verdi entrava con un proprio rappresentante al Consiglio comunale di Palermo. Qualche mese dopo le elezioni comunali piombava in Sicilia il Ministro dell’Ambiente dell’epoca. Tema: l’emergenza legata alla discarica di Bellolampo, uno dei monti che sovrasta il capoluogo siciliano dove, da tempo immemorabile, vengono seppelliti i rifiuti della città. Sono passati trent’anni e la discarica di Bellolampo è ancora lì, sempre in ‘emergenza’, ma sempre aperta. Di iniziare la raccolta differenziata dei rifiuti non se ne parla nemmeno. Palermo è entrata nel circuito Arabo-Normanno dell’Unesco, è stata candidata e ‘bocciata’ come ‘Capitale’ della cultura europea e si è candidata ad ospitare Manifesta, la più importante biennale di arte contemporanea del Vecchio Continente. Ma la munnizza finisce sempre sotterrata a Bellolampo, non prima di aver stazionato per giorni – e talvolta per settimane – lungo le strade e i marciapiedi della città.

Oggi vi raccontiamo due storie. La prima ve l’abbiamo già accennata: Palermo e l’immondizia, con il corollario di affari gestiti tra mafia e antimafia, che ormai si somigliano sempre di più. La seconda storia va in scena ad Agrigento, nel silenzio quasi generale. E’ sempre una storia di munnizza. Solo che all’ombra della Valle dei Templi la raccolta differenziata stava prendendo piede. Ma gli attuali governanti della Regione e del Comune di Agrigento – tutti rigorosamente di centrosinistra – hanno smantellato la raccolta differenziata tra i Templi. Per consegnare tutta la munnizza nelle mani dei ‘Signori delle discariche’. Affari, insomma. Ed è anche ‘giusto’: se mafia e antimafia – che oggi governano la Sicilia scambiandosi i ruoli, o sovrapponendosi l’una all’altra – hanno deciso che nell’Isola bisogna andare con le discariche, beh, bisognava assolutamente smantellare il ‘cattivo’ esempio di Agrigento. E così è stato. Ma andiamo con ordine.

Iniziamo da Palermo. Con una breve digressione. In Sicilia non solo non si effettua la raccolta differenziata dei rifiuti (tranne in alcuni centri dove certi sindaci testardi cercano di far trionfare la civiltà del riciclo dei rifiuti), ma si utilizzano discariche che sono quasi tutte fuori legge. A parte gli imbrogli sulle autorizzazioni all’apertura e agli ampliamenti delle stesse discariche sulle quali indaga la magistratura, va detto che in quasi tutte le discariche di una Sicilia sempre più disastrata l’immondizia che arriva viene seppellita in quattro e quattr’otto, senza una selezione. Una follia, in termini di tutela ambientale, perché la frazione morbida dei rifiuti non dovrebbe andare sotto terra, perché produce un liquido tossico che si chiama percolato. Questo benedetto percolato, se la vasca dove vengono sepolti i rifiuti presenta dei fori, va ad inquinare le falde acquifere, creando problemi ambientali.

Questo, nel rigoroso silenzio generale, è successo a Palermo dove alcune vasche della discarica di Bellolampo (nel corso degli anni, di vasche per contenere i rifiuti, ne sono state realizzate sei: e speriamo di non avere perso il conto) si sono fessurate e il percolato ha inquinato una falda, arrivando anche nel mare dell’Acquasanta, una borgata marinara della città sede di un porto turistico. Tutto questo, ribadiamo, nel silenzio generale. A Palermo avvelenare acqua, aria e terra non costituisce un problema. E nemmeno un reato.

Il percolato si forma in tutte le discariche. Ma se – come avviene in Sicilia in quasi tutte le discariche – sotto terra finisce anche la frazione umida dei rifiuti, ecco che il quantitativo di percolato cresce a dismisura. A questo punto, dando per scontato che le vasche siano impermiabili, bisogna togliere questo percolato. E qui comincia l’avventura…

Va precisato che il percolato è un liquido di derivazione organica che va trattato con i normali processi depurativi. E proprio per depurare il percolato di Bellolampo, tre anni fa circa, una società ha presentato un progetto. Questo succedeva prima che la vecchia AMIA – la società controllata dal Comune di Palermo che si occupava della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti – entrasse in crisi. L’AMIA è stata sbaraccata, cioè posta in liquidazione e poi dichiarata fallita. Il suo posto è stato preso da un’altra società, sempre partecipata dal Comune di Palermo: la RAP. Questa società costa ai palermitani oltre 125 milioni di Euro all’anno più IVA. Sono i soldi che i cittadini pagano con la TARI, la tassa per la raccolta dei rifiuti, che nel capoluogo dell’Isola è tra le più care d’Italia.

Il servizio raccolta e smaltimento rifiuti, assicurato dalla RAP, fa acqua da tutte le parti. Non a caso l’immondizia, come già ricordato, rimane spesso per giorni e giorni non raccolta lungo strade e marciapiedi. Nel 2013, come accennato, viene presentato il progetto per la depurazione del percolato della grande discarica di Palermo. I lavori vengono appaltati, ma tutto si blocca. Perché? Sembra che i vertici della RAP non siano molto convinti. Su quali elementi si basino i dubbi dei vertici della RAP noi non siamo in grado di saperlo. Sappiamo che l’impianto avrebbe dovuto essere realizzato in project financing. In pratica, i soldi sarebbero stati anticipati dai privati. Sappiamo, inoltre, che l’impianto sarebbe costato 5 milioni di Euro più 3 milioni di Euro all’anno per cinque anni. In totale, poco meno di 20 milioni di Euro per cinque anni. In compenso, la discarica di Bellolampo sarebbe stata liberata dal percolato, che sarebbe stato depurato.

La RAP, però, non ha voluto sottoscrivere il contratto con la società che avrebbe dovuto realizzare l’impianto. Piuttosto che depurare il percolato nell’area della discarica di Bellolampo, i vertici della RAP – supponiamo in accordo con l’Amministrazione comunale di Palermo – hanno preferito mandare in giro per l’Italia il percolato, che viene raccolto con mezzi gommati nella discarica di Bellolampo, viene trasportato a Termini Imerese e poi, sempre su mezzi gommati, viene spedito a Chieti. Costo dell’operazione: 35 milioni di Euro circa in tre anni. Morale: il Comune di Palermo, per smaltire il percolato della discarica di Bellolampo, invece di spendere 20 milioni di cinque anni ha speso 35 milioni in tre anni!

Questi, almeno, sono i dati in nostro possesso. Che raccontano un fatto molto grave: uno sperpero di denaro pubblico in danno degli ignari cittadini di Palermo, che questi maggiori costi li hanno pagati – e li continuano a pagare – con una maggiorazione della TARI, la già citata tassa sui rifiuti. Che dire? Che se i nostri dati sono giusti, ce ne sarebbe abbastanza per dare lavoro ai magistrati. Nella speranza – sempre nel caso in cui i nostri ‘numeri’ dovessero essere giusti – che tutto non finisca come l’incredibile storia della Sezione di prevenzione del Tribunale di Palermo, dove con la vecchia gestione – in materia di beni sequestrati alla mafia – ne hanno combinate di tutti i colori. Ma nonostante il clamore suscitato da questo scandalo denunciato da TeleJato di Pino Maniaci nessuno, almeno fino ad oggi, si è ‘fatto male’.

Di più. Presso la discarica di Bellolampo è stato realizzato un impianto per il Trattamento Meccanico Biologico (TMB) dei rifiuti. Semplificando, diciamo che si tratta di un’operazione di triturazione e vagliatura dei rifiuti, che serve anche a ridurre il volume degli stessi rifiuti che, così, occupano meno spazio nelle vasche. Ebbene, l’impianto di TMB è bloccato. E sapete perché? Perché le autorità hanno rilasciato un’autorizzazione unica per la sesta vasca della discarica, per l’impianto di TMB e per l’impianto di depurazione del percolato. Il blocco di quest’ultimo ha bloccato anche il funzionamento dell’impianto di TMB. Danni su danni.

Per non parlare della trituvagliatura dei rifiuti, messa al bando dall’Unione Europea nel lontano 1999. Siamo arrivati nel 2015 e la trituvagliatura dei rifiuti è la regola in alcune discariche siciliane, autorizzate, a quanto sembra, dai commissari del Ministero dell’Ambiente… Illegalità su illegalità su illegalità con il concorso (e con i silenzi) delle ‘autorità’.

Riassumendo. In Sicilia la raccolta differenziata dei rifiuti non supera il 5 per cento. Trionfano ancora le discariche gestite dalla mafia e dall’antimafia che, se ci sono di mezzo affari, sono praticamente la stessa cosa. E la gestione dei rifiuti non è un affare: è un grande affare dove mafia e antimafia sguazzano alla grande.

Quasi tutte le discariche sono fuori legge. Si ignorano prescrizioni comunitarie vecchie di oltre quindici anni con la connivenza del Ministero dell’Ambiente. Si seppelliscono i rifiuti con tutta la frazione umida. E poi, come avviene a Palermo, si blocca un impianto per la depurazione del percolato che avrebbe la sola ‘colpa’ di costare la metà, o giù di lì, del trasporto del percolato con i mezzi gommati a Chieti.         

Che dire di altro? Che proprio in questi ultimi giorni l’assessore della Regione siciliana con la delega alla gestione dei rifiuti, Vania Contraffatto (che nella vita fa il magistrato), ha avviato una serie di verifiche in tutte le discariche siciliane. Per capire come viene smaltito il percolato. Forse i governanti siciliani hanno il dubbio che il percolato sia diventato un business in barba alla legge? Ma va…   

Dalla munnizza di Palermo alla munnizza di Agrigento. Qui iniziamo a leggere cosa scrive Progeonews, un sito che si occupa di gestione dei rifiuti in Sicilia. Il titolo è scoppiettante: “Agrigento sbaracca la raccolta differenziata dei rifiuti”. Nell’articolo leggiamo che, “dallo scorso 2 dicembre Agrigento non effettua più la raccolta differenziata dei rifiuti. Era uno dei pochi Comuni della Sicilia che non era ancora stato ‘inghiottito’ dal bubbone infetto delle discariche. Ma nei giorni scorsi fa il sindaco della Città dei Templi, Calogero ‘Lillo’ Firetto, ha deciso di chiudere il capitolo raccolta differenziata. Insomma, anche Agrigento si rivolge ai ‘Signori delle discariche’”.

E ti pareva. Figuriamoci se lasciavano in pace un Comune capoluogo di provincia con la raccolta differenziata dei rifiuti. “Se è vero che la Sicilia del governo di Rosario Crocetta va indietro invece di andare avanti, se è vero che in un’Isola dalle mille contraddizioni tutto sembra andare a rotoli – leggiamo sempre nell’articolo di Progeonews – ebbene, di questa triste realtà Agrigento ne è l’ennesima testimonianza, l’ennesima materializzazione del negativo. E tutto questo avviene, paradossalmente, proprio quando il segretario regionale di Legambiente, Mimmo Fontana, occupa il posto di assessore del Comune di Agrigento con la delega alla gestione dei rifiuti. Insomma, con Legambiente in Giunta, il Comune di Agrigento si rivolge alle discariche”.

Così scopriamo anche che a ‘pilotare’ l’addio alla raccolta differenziata dei rifiuti ad Agrigento c’è un assessore comunale che è anche il numero uno di Legambiente in Sicilia. A questo punto ci dobbiamo chiedere: magari il sindaco di Agrigento e il suo assessore ‘ambientalista’ hanno deciso di abbandonare la raccolta differenziata dei rifiuti per risparmiare? Ma a quanto pare non è così, perché i cittadini di Agrigento, leggiamo sempre su Progeo news,   “pagheranno la tassa per i rifiuti (TARI) più cara. Di fatto, la scelta del sindaco Firetto e dell’assessore Fontana va contro gli interessi degli abitanti di Agrigento. Per non parlare dell’aumento dell’inquinamento dell’ambiente”.

E dire che gli amministratori di Agrigento e di alcuni centri di questa provincia sono stati sempre molto attenti alla raccolta differenziata. Fino al 2009, da queste parti, la raccolta differenziata dei rifiuti sfiorava il 20 per cento: in pratica, la percentuale più alta in Sicilia.

“Dal 2009 ad oggi – leggiamo sempre su Progeo news – il servizio è stato ridimensionato. Così, fino ad oggi, la raccolta differenziata si è attestata intorno al 13%. Ora, con la scelta adottata dall’amministrazione comunale Firetto, la percentuale scenderà ancora. Invece di andare avanti, Agrigento torna indietro. Per la gioia di chi gestisce le discariche, ma per i dolori – mettiamola così – dei cittadini di Agrigento, che, come già accennato, pagheranno una TARI più ‘salata’. A differenza – per citare un esempio – di quanto sta avvenendo a Piazza Armerina, dove il Comune ha valorizzato la raccolta differenziata riducendo la TARI, per la felicità dei cittadini, che si ritrovano con l’ambiente meno inquinato e con una TARI più bassa”.

Insomma, fino al 2009 Agrigento era la prima provincia in Sicilia per percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti. Da allora od oggi la situazione è cambiata in peggio. E hanno preso piede i ‘Signori delle discariche’. Sarà un caso – o forse non è affatto un caso – ma da quando la Regione siciliana è governata dal centrosinistra la percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti si è ridotta. Ed è aumentato il ricorso alle discariche, che come non ci stancheremo mai di ripetere, sono tutte fuori legge. C’è un rapporto diretto, in Sicilia, tra discariche e centrosinistra? E di che tipo?

 

 

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Giulio Ambrosetti

Giulio Ambrosetti

Sono nato a Palermo, ma mi considero agrigentino. Mio nonno paterno, che adoravo, era nato ad Agrigento. Ho vissuto a Sciacca, la cittadina dei miei genitori. Ho cominciato a scrivere nei giornali nel 1978. Faccio il cronista. Scrivo tutto quello che vedo, che capisco, o m’illudo di capire. Sono cresciuto al quotidiano L’Ora di Palermo, dove sono rimasto fino alla chiusura. L’Ora mi ha lasciato nell’anima il gusto per la libertà che mal si concilia con la Sicilia. Ho scritto per anni dalla Sicilia per America Oggi e adesso per La Voce di New York in totale libertà.

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