Dal 10 luglio Palermo ospita, negli spazi dei Cantieri culturali alla Zisa, una mostra che ha fatto molto discutere. Si tratta dell’esposizione dell’artista austriaco, Hermann Nittsch, intitolata: Hermann Nitsch – das Orgien Mysterien Theate. La mostra è stata accompagnata da aspre polemiche. Proteste che si sono via via attenuate, forse perché i malintesi, almeno, in buona parte, sono stati fugati. In risposta alla mostra di Hermann Nittsch è stata promossa in questi giorni InContemporanea ArteAttiva, una rassegna nata da una "follia" dell'architetto e consigliere comunale, Luisa La Colla, con l’obiettivo di "occupare" simbolicamente la città con tutto ciò che oggi è Arte, “in contrapposizione con la scelta dell'amministrazione di consentire la mostra dell’austriaco Hermann Nitsch, aperta nel luglio scorso a Palermo”.
Insomma, a Palermo vanno in scena due idee diverse dell’arte. Da una parte c’è la mostra dell’artista austriaco, curata insieme a Giuseppe Morra e Michel Blancsubé, voluta da Andrea Cusumano, assessore alla cultura del Comune; e dall’altra parte c’è la mostra promossa la Luisa La Colla, la “follia” (si spera erasmiana) presso lo spazio del Nautoscopio, un’area che si trova a due passi dal porto. I due spazi espositivi – che, come ricordato, ospitano due modi diversi di concepire e vivere l’arte – hanno qualcosa in comune: si tratta di due aree per anni abbandonate al degrado e oggi recuperate. I Cantieri culturali alla Zisa, tra la fine dell’800 e i primi del ‘900, ospitavano le officine Ducrot. E una zona della città dove un tempo venivano realizzati manufatti in legno e metallo in stile Liberty. Opere disegnate dell'architetto palermitano, Ernesto Basile. Parliamo della Palermo della Bella Epoque, quando la ‘Città Felicissima’ era una delle Capitali d’Europa. Insomma la Palermo della famiglia Florio, commercianti e armatori originari di Bagnara Calabra che fecero fortuna in Sicilia. Sono di quegli anni, per l’appunto, i mobili Ducrot, utilizzati come arredi dei saloni delle navi da crociera dei Florio. Ma anche in altre parti d’Italia: per esempio, a Montecitorio, la sede della Camera dei deputati.
Già dopo la seconda Guerra mondiale dei Ducrot c’erano solo i ricordi. Negli anni ‘6’ e ’70 del secolo passato l’area dell’ex mobilificio Ducrot diventa sede delle industrie create dalla Regione siciliana, che chiuderanno, una dopo l’altra nei primi anni ’80. L’area verrà abbandonata. Saranno le amministrazioni di Leoluca Orlando, negli anni ’90, a valorizzare la zona dell’ex mobilificio Ducrot, creando un grande spazio per iniziative culturali, ribattezzando il luogo con il nome di cantieri culturali alla Zisa (dal nome del castello della Zisa che si trova a due passi).
Nel decennio in cui Palermo è stata amministrata dal centrodestra (2001-2011), i Cantieri culturali sono stati di nuovo abbandonati. I berlusconiani avevano l’esigenza di inventarsi qualcosa di diverso. Ma, alla fine, non ci sono riusciti. Dal 2012 – da quando Orlando è tornato a fare il sindaco – i Cantieri culturali sono tornati a vivere. Non ci sono più i soldi degli anni ’90. Anche perché l’Euro ha impoverito l’Italia. Ma la cultura si fa lo stesso. C’è vivacità. La contrapposizione tra due mostre ne è testimonianza.
Il Nautoscopio è uno spazio che si trova nell’area portuale. In una zona risanata dalle amministrazioni comunali di centrodestra. Possiamo dire che è una delle poche testimonianze positive lasciate dai berlusconiani di Palermo. Cosa sia il Nautoscopio, inteso come luogo non convenzionale, lo potete leggere qui. Noi oggi lo inquadriamo come sede di una manifestazione culturale, anzi di una serie di iniziative culturali che si sono aperte con il grido d'allarme lanciato da Graziano Cecchini. Un grido d'allarme lanciato al mondo per aiutare l'arte del territorio a uscire dallo stato di indifferenza e apatia in cui versa da troppo tempo.
“La kermesse – scrivono gli organizzatori della mostra – ha avuto come fulcro d'origine il Nautoscopio, che per l'occasione si è trasformato in una galleria a cielo aperto. Ad accogliere giornalisti e curiosi, il Comitato promotore dell'iniziativa, formato dalla fotografa Angela Scafidi, da Giovanni Purpura, attivista che da anni si batte per la tutela dei beni monumentali cittadini, dal pittore Antonino Gaeta, dall’architetto Antonio La Colla, da Fabio Cinquemani, avvocato e collaboratore di Vittorio Sgarbi quand’era sindaco di Salemi e dalla già citata Luisa La Colla, insieme all’associazione culturale B&Art Palazzo Resuttano di Beatrice Feo Filangeri e alla sua proprietaria, Maria D'Agostino. La manifestazione ha inoltre avuto tanti patrocini gratuiti tra cui la Galleria d'Arte Trapani, i magazzini d'architettura, la Ditta Amato; l'Ordine degli Architetti e il Farm cultural park”.
Ingresso trionfale per Cecchini, che si è imbracato e calato dalla struttura che dal giugno 2009 ha vita al Foro Italico. Momento clou quello in cui l'artista romano, noto a tutti per aver dipinto nel 2007 di rosso le acque della Fontana di Trevi, si è spostato alla Cala insieme al Comitato promotore dell'evento e ha acceso dei fumogeni davanti al mare, muovendosi e facendosi fotografare tra la nebbia. Delle boette arancioni, le stesse che vengono usate sulle imbarcazioni per chiedere soccorso. "Ho scelto di inviare dei segnali di fumo – ha spiegato Cecchini – rimanendo così in una tradizione selvaggia e allo stesso tempo innovativa, per lanciare un SOS di emergenza a causa della mancanza di cultura e della pochezza mentale di oggi".
Per Cecchini, infatti, "viviamo in un periodo in cui non si può rispondere alla domanda su quale sia lo stato dell'arte, perché non ce n'è. Siamo circondati dalle lobbie dell'arte, dove i critici e gli storici sono diventati manager di pseudo artisti che si fanno così gestire, che fanno punti neri su tele bianche, senza seguire alcun percorso. Ci sono gli artisti veri – ha continuato – e quelli 'juke-box', ovvero che prendono il gettone e 'suonano' la canzone, ma di trasgressivo non hanno nulla. Ed è un peccato: l'Austria ha avuto un Klimt, noi ne abbiamo avuto uno in ogni angolo".
"Basta con la ghettizzazione dell'arte a Palermo – ha dichiarato Luisa La Colla -, l'essere artista deve essere un volano di crescita e spinta culturale ed economica per la società. E' per questo vogliamo occupare simbolicamente ogni spazio, per mostrare la vera anima della città. Abbiamo accolto la domanda di tutti gli artisti, siamo già arrivati a quota 98. L'unico presupposto che abbiamo subito messo avanti è che le loro opere e performance non utilizzino la violenza, come invece fa Nitsch".
L'idea alla base è infatti quella di dare spazio e voce a chi altrimenti non ne avrebbe, consentendo a tanti artisti di manifestarsi ed esprimersi in modo attivo e libero, senza tarpare le ali della loro fantasia. La volontà è la ricerca del bello, di cui oggi non si conosce più il reale significato. Spazio, dunque, a performance d’arte, mostre, spettacoli di musica, teatro e danza, nei tanti spazi di cultura che hanno aderito alla manifestazione.
La kermesse continuerà fino al 10 ottobre da Expofficina, a Villa Lampedusa, nello spazio W3, alle Officine dei Colli, presso i Palazzi Resuttano e Costantino, nella struttura di Grifone Arte e di architettura del porto di Palermo. E ancora altri eventi saranno organizzati presso la Libreria del Mare, alla Galleria Incontri in Arte, alla Galleria Veniero Project, alla Rinascente e al Dock 7.
Numerosi i protagonisti. Luigi Citarella – giovane e rinomato scultore palermitano – e le sue candide e disobbedienti sculture in resina bianca che si contraddistinguono per il loro carattere sociale. Beppe Madaudo, pittore, illustratore e raffinato fumettista, che realizza suggestionanti narrative sulle gesta di eroi, e/o personaggi della letteratura e della fantasia. E ancora, le geometriche cromie di Graziano Marini – artista impegnato sulla scena sociale nel diffondere l’educazione all’arte – che si esprimono, invece, in una pittura elegante e intonata. Giuseppe Agnello – docente di scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo – e le sue delicate metamorfosi, nutrono lo spettatore di un dinamismo plastico di stampo concettuale con echi berniniani.
I “codici a barre” di Gabriele Buratti, poliedrico e sofisticato artista, le suadenti atmosfere di Kino Mistral, i cromatismi gestuali di Antonio Sammartano, l’irriverente e colorato Pop Baroque di Beatrice Feo Filangeri. E ancora Franco Miceli, Salvatore Morgante, Antonio La Colla e la sua ricerca espressiva verso l’astro luminoso, l’impegno sociale di Elisa Martorana, la giovanissima Francesca Cannatella, le oniriche narrative di Momò Calascibetta, Salvatore Scherma e tanti altri artisti.
Presenti anche attori di teatro, danzatori e musicisti come Musica Riservata, un ensemble madrigalistico specializzato nell'esecuzione di brani vocali a cappella del tardo rinascimento e primo barocco, i Mera Lumen (Edoardo Volpe voce e Giuseppe Minolfo basso) e la loro musica dalle tinte gothic/folk arricchita da testi fra il lirico e l'ermetico, e ancora, Antonio Leto e Valentina Miranda – membri ufficiali del Consiglio Internazionale della Danza dell’Unesco – che si sono esibiti rispettivamente in performance di danza butoh e persiana.
Nei prossimi giorni Graziano Cecchini tornerà a stupire con le sue performance a sorpresa. Che racconta: “A me hanno dato 8 mesi di carcere per la mia pop art, ma gli stessi che si sono scagliati contro di me non stanno facendo nulla per fermare chi sta devastando i patrimoni dell'Unesco. Se io domani andassi a Madrid, al Museo Reyna Sofia, e danneggiasi la Guernica di Picasso, mi getterebbero in prigione”. Quanto alla mostra mostra di Nitsch aggiunge: “Si vanno a prendere artisti da fuori mentre i nostri fanno i camerieri. Non si capisce il vero valore dell'arte. Senza arte e senza cultura non ci sarebbe neanche l'economia perché non si saprebbe cosa disegnare sul denaro”.
“Questa sta diventando la più grande mostra d'arte contemporanea che c'è stata in Italia e il tutto a costo zero – dice la promotrice Luisa la Colla – . InContemporanea non fa pagare gli artisti. Si sposa il progetto di far rinascere questa terra da questa crisi. Un vero progetto sociale, l'unico presupposto è che gli artisti non debbano utilizzare la violenza, come fa Hermann Nitsch. La rassegna nasce dunque in contrapposizione a ciò, ma anche a un uso dei soliti luoghi e a una esterofilia che non riesce a portare qualcosa di nuovo in città. Verranno anche artisti non siciliani, ma per fare da traino ai nostri".
Commenta la pittrice Beatrice Filangeri: “Da ambientalista vedo una città devastata, umiliata dal taglio di migliaia di alberi, dal crollo dei palazzi storici e da mostre che esaltano la morte. La città aveva bisogno di un'alternativa e quell'alternativa siamo noi”. Fabio Cinquemani, avvocato, altro promotore dell’iniziativa, precisa: “Da Palermo lanciamo un messaggio di rispetto delle regole della società. Una rottura di un monumento è una pugnalata contro noi stessi e le future generazioni”.
Dice Gigliola Beniamino Magistrelli, gallerista di Artetika e direttore artistico del Dock 7: “Palermo non è morta. Non deve subire i grandi assessori che decidono cosa e dove si deve fare l'arte. Bisogna sbloccare il mercato dell'arte per i ragazzi che hanno il timore di spendere soldi perché altrimenti non possono comprare i colori”.
Infine il commento di Vincenzo Cannatella, presidente dell'Autorità portuale: “Questa manifestazione rientra nell'esperimento di restituire il porto alla città. La mia volontà è quella di aprire e far fruire le strutture del porto a Palermo”.
Resta una domanda: perché tanto astio verso la mostra dell’artista austriaco? Con molta probabilità sulla mostra di Nitsch c’è stata un po’ di informazione forzata. Infatti, dopo settimane di polemiche sulla sua mostra, tra denunce, grida, articoli di fuoco, aggressioni verbali, il giorno dell’inaugurazione, ai Cantieri Culturali, non è successo nulla. C’erano solo pochi contestatori. Nulla rispetto al clamore dei giorni precedenti.
La mostra di Nitsch aveva mobilitato gli animalisti. Il tam tam dei denigratori aveva lasciato immaginare a una mostra carica di sangue e carcasse di animali. Invece Nitsch non ha calcato la mano. Non sono mancati i grumi neri e altre rappresentazioni particolari. Ma nulla di ‘mostruoso’. La verità è che chi criticava aspramente la mostra di Nitsch non sapeva nulla del suo passato, dei rituali dell’Orgien Mysterien Theater, con il sangue animale scorreva davvero per simboleggiare la ritualità arcaica. Quasi una ricerca del dionisiaco per andare oltre la contemporaneità. In ogni caso contro la violenza, come cercava di spiegare lo stesso Nitsch nei giorni delle polemiche furenti. Ma ormai è acqua passata. Non resta che godersi una città dove la cultura, alla fine, è viva.