E' uno degli uomini più ricchi e potenti della Sicilia. Imprenditore ed editore di uno dei più grandi quotidiani dell'Isola, La Sicilia, socio anche del Giornale di Sicilia, altro quotidiano storico della regione.
Parliamo del catanese Mario Ciancio Sanfilippo, il 'Berlusconi siciliano della carta stampata già indagato per concorso esterno ed oggi oggetto di un provvedimento pesantissimo da parte della Procura di Catania che ha disposto il sequestro di alcuni dei suoi beni per un valore di 17 milioni di euro.
Il provvedimento, rende noto la Procura, "è stato eseguito, in applicazione delle norme antimafia, in una banca Svizzera, dove c'erano depositati titoli e azioni per un valore di circa 12 milioni di euro e in una banca etnea, con il blocco di 5 milioni di euro in contanti".
Il sequestro è stato disposto dal Tribunale di prevenzione di Catania, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia.
"Nell'ambito dell'inchiesta sull'editore, -si legge in una nota dei magistati,- la Procura di Catania ha delegato indagini patrimoniali per accertare l'esistenza di fondi detenuti illegittimamente all'estero dal Ciancio".
Dalle indagini, "agevolate dalla cooperazione della Procura di Lugano che, in rogatoria, ha acquisito dagli istituti bancari documentazione bancaria rilevante", Sono stati "individuati, tra gli altri, depositi bancari in Svizzera, alcuni dei quali schermati tramite delle fiduciarie di Paesi appartenenti ai cosiddetti 'paradisi fiscali'".
Altre indagini sono state delegate al nucleo di polizia tributaria di Catania che "ha acquisito movimentazioni bancarie e altre informazioni sulle quali il consulente della Procura, la multinazionale Price Water House Coopers S.p.a., specializzata in revisioni in bilancio, sta ricostruendo il patrimonio del Ciancio negli anni".
"La richiesta di sequestro urgente – spiegano dalla Procura – è stata presentata nel momento in cui si è venuti a conoscenza del fatto che Ciancio Sanfilippo Mario aveva dato l'ordine di monetizzare i propri titoli detenuti in Svizzera e di trasferire il ricavato in istituti di credito italiani".
"Nella richiesta di sequestro – sottolinea la Procura di Catania – sono stati ricostruiti numerosi affari del Ciancio che risultano infiltrati da Cosa nostra sin dall'epoca in cui l'economia catanese era sostanzialmente imperniata sulle attivita' delle imprese dei cosiddetti cavalieri del lavoro, tra i quali Graci e Costanzo".
"Le indagini – conclude la Procura di Catania – hanno consentito di accertare l'esistenza di una sperequazione non giustificata tra le somme di denaro detenute in Svizzera ed i redditi dichiarati ai fini delle imposte sui redditi in un arco temporale assai ampio".
Già domani si deciderà sull'ipotesi del rinvio a giudizio.