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June 14, 2015
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Trent’anni fa veniva firmato il Trattato di Schengen che oggi, in Europa, tanti Paesi rinnegano

C. Alessandro MauceribyC. Alessandro Mauceri
Time: 5 mins read

Il 14 giugno è una data importante: esattamente trent’anni fa (14 giugno 1985) veniva firmato il Trattato di Schengen, l’accordo con cui molti Paesi del Vecchio Continente decisero di abbattere le frontiere. Un anniversario che, visti i fatti degli ultimi giorni, potrebbe far ridiscutere questo accordo.

Il trattato di Schengen (al quale l'Italia aderì solo nel 1990) fu il tentativo di dimostrare che, quello che, fino ad allora, era stato solo un mero accordo economico e commerciale, non era più solo tale, ma era il primo passo verso un’unificazione politica e sociale (il passo successivo fu l’introduzione della moneta comune, l’euro). La decisione di abbattere le frontiere fu una decisione storica: molti Paesi, aderendo al trattato, cancellarono secoli di storia spesso segnata da conflitti, guerre e dispute territoriali. Rappresentò la volontà di essere una cosa sola e di voler affrontare insieme tutti i problemi futuri.

Per questo motivo, gli accordi di Schengen non sono mai stati messi in discussione seriamente. Neanche dopo eventi gravi, come l’attentato al giornale Chalie Hebdo, o quando in Europa si parlò del rischio di contagio per l’epidemia di Ebola.  

Proprio in occasione del trentesimo compleanno della firma degli accordi di Schengen, però, diversi Paesi europei hanno deciso di rinnegarli e di chiudere le frontiere. Lo hanno fatto per evitare, o almeno per ridurre, il rischio di veder arrivare nel proprio territorio fiumi di immigrati clandestini che nessuno ha voluto o saputo fermare alle frontiera della “via centrale”, quella che passa attraverso l’Italia. Lo hanno fatto per evitare di dover condividere con l’Italia i problemi sociali e di salute legati a questo flusso ormai incontrollato di persone che, per assurdo che possa sembrare, ormai non sono più neanche costretti ad attraversare tutto il Mediterraneo: agli scafisti basta salpare e lanciare l’SOS che decine di navi, italiane e non, si precipitano a caricare migliaia di persone per portarle non nel porto comunitario più vicino (Malta), ma in Sicilia o in altre regioni d’Italia.

È qui che cominciano problemi di tutti i tipi: sociali (basti pensare alle polemiche e alle conseguenze nei centri d’accoglienza o alla spartizione nelle regioni d’Italia), ma anche di salute: malattie che in Italia sembravano essere scomparse, come la scabbia, rischiano di tornare ad essere un problema serio in tutto il Belpaese.

"Nel 2015 i casi di scabbia rilevati dai medici di confine negli sbarchi degli immigrati, sono circa il 10%: 4.700 casi di scabbia su 46 mila individui in arrivo nei porti italiani", ha detto il direttore generale del ministero della Salute Ranieri Guerra. Un problema che, in barba alle dichiarazioni e alle promesse, non è considerato “europeo”, ma “italiano”, anzi “meridionale”: nessuno vuole accogliere quest’ondata di invasori. Un’invasione i cui numeri cominciano a diventare preoccupanti: proprio ieri è stata confermata la notizia che si sono perse le tracce di un terzo degli oltre centocinquantamila immigrati clandestini che lo scorso anno sono sbarcati in Italia. Nessuno sa dove siano finiti oltre cinquantamila immigrati clandestini! 

Un vero e proprio esercito che si aggira per l’Italia e che potrebbe varcare la frontiera per entrare in altri Paesi europei. Un rischio che i Paesi dell’Unione europea hanno dichiarato di non voler condividere con l’Italia. Niente “unione”, in questo caso. Niente condivisione dei problemi “sociali” ed economici legati ai migranti. Anche le quote previste da Junker e che, sebbene inutili a risolvere il problema, sembrava che alcuni Stati avessero accettato, si sono dimostrate l’ennesima presa in giro nei confronti degli italiani e del governo: nessun Paese europeo è disposto ad accettare anche solo uno delle centinaia di migliaia di immigrati clandestini che le navi della marina militare italiana e molte altre navi si stanno precipitando a prelevare appena salpati dalle coste della Libia.

Per evitare che qualcuno di quelli che scappano dai centri di prima accoglienza possa finire oltre confine, le frontiere sono state chiuse: in un solo giorno sono stati cancellati i trent’anni di Schengen. Una decisione, quella presa da molti degli Stati europei, che dimostra due cose, chiare da tempo, ma alle quali molti rifiutano di credere.

La prima è che l’Unione Europea non è affatto un’ “unione”: è solo, come del resto è sempre stata, un accordo commerciale. L’apertura delle frontiere, il mercato unico e la decisione di avere una moneta unica sono da sempre finalizzati solo ed esclusivamente favorire gli affari di alcune multinazionali che avevano (e hanno ancora) bisogno di ampi e stabili mercati sui quali vendere i propri prodotti. È per questo che da decenni vengono imposti  dall’Unione europea regolamenti che non fanno altro che danneggiare le piccole aziende locali (basti pensare all’artigianato o alle conseguenze di molti regolamenti comunitari su produzioni locali come il latte o il grano o molte altre), ma che non influiscono sulla produttività delle grandi industrie.

Ma la chiusura delle frontiere dovrebbe servire anche a rendere evidente (più di quanto non sia già da tempo) anche un’altra cosa: che il peso del governo italiano sulle decisioni dell’Unione è praticamente nullo. Nonostante le promesse e i selfie, la realtà è che la Mogherini, la nostra rappresentante alla Commissione europea, è stata praticamente commissariata da Junker, che le ha imposto al fianco Michel Barnier (e senza che il governo del ‘’nuovo che avanza’, al secolo Renzi, riuscisse a far niente in proposito). Ma anche le dichiarazioni e le pressioni, peraltro blande, dei nostri ministri Gentiloni e Alfano, che più e più volte si sono vantati delle “quote” (invero ridicole) dei migranti, sono state smentite dai fatti: gli altri Paesi europei non accoglieranno neanche uno dei migranti che si sono precipitati a prelevare dalle coste libiche e che hanno portato in Italia. La conferma viene proprio da molti di quei movimenti indipendentisti che in Italia e in Sicilia spesso ci si è premurati di lodare per i loro risultati elettorali e per le loro opinioni contro l’Ue: sono proprio loro i primi a spingere per l’abolizione del trattato di Schengen e per far sì che immigranti restino in Italia.

A trent’anni dalla stipula dell’accordi di Schengen, la verità che emerge è che tre decenni non sono serviti a creare una “cittadinanza comune europea”, un senso di appartenenza a una comunità, basato su pochi principi comuni come libertà e tolleranza. “In un Continente – ha detto il commissario Ue per l'immigrazione, Dimitris Avramopoulos – in cui le Nazioni versarono il loro sangue per difendere i loro territori, oggi i confini esistono solo sulle mappe”. E, riferendosi all'area Schengen, ha aggiunto: "Resta uno dei più grandi e irreversibili successi dell'Unione europea".

Come orami prassi usuale, parole destiate ad essere smentite dai fatti: in Francia le forze dell'ordine ieri hanno fatto sgomberare i migranti che stazionavano da due giorni nei pressi della frontiera con la Francia a Ventimiglia, bloccata dalla polizia francese (e alcuni gendarmi alla frontiera hanno dichiarato di aver ricevuto ordine tassativo di non lasciare passare ivoriani, eritrei, somali e sudanesi). La Croce Rossa ha distribuito pasti caldi, ma i migranti hanno rifiutato per protesta.

In Turchia, la polizia del valico di Arcakale è ricorsa agli idranti per bloccare i profughi provenienti da Tel Abyad. In Italia sono stati “allontanati” i profughi che si erano accampati presso la Stazione centrale a Milano (trenta profughi sono risultati affetti da scabbia e due di sospetta malaria). A Roma si sta allestendo una tendopoli (un palliativo dato che ha solo 150 posti letto) vicino la stazione Tiburtina.

Il governo Renzi, invece, in attesa di incontrare mercoledì prossimo Cameron e domenica prossima Hollande all’ Expo, sta organizzando i festeggiamenti per l’anniversario di Schengen…

 

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C. Alessandro Mauceri

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