Arrivato negli States da Orsogna, paese collinare della provincia di Chieti, il coro La Figlia di Jorio si è esibito nel corso di una tournee di quasi due settimane, tra Boston e Astoria, Queens, dove la popolazione di immigrati orsognesi è tradizionalmente molto folta. Ad Astoria, dove sono sopravvissuti due social club orsognesi, nella seconda metà del secolo scorso c’erano strade dove gli abruzzesi e gli orsognesi in particolare erano la maggioranza. Nel quartiere si sentiva parlare il dialetto e le donne cucinavano i piatti della tradizione. Ora le cose sono molto cambiate e Astoria è la nuova area di espansione di una gentrification che vede spuntare qui e lì negozi e bar alla moda mentre i vecchi residenti si spostano verso Long Island e altre zone residenziali.
Ma il legame degli abruzzesi con Astoria non si è (ancora) esaurito e la comunità locale che resiste è attiva nel tentativo di rinvigorire la socialità che una volta animava queste strade. L’esibizione del coro la Figlia di Jorio è stata l’evento dell’anno, quello più atteso a cui nessuno è potuto mancare. Vecchi amici e parenti si sono incontrati al ristorante Riccardo’s Under the Bridge per accogliere i compaesani coristi e per un tuffo nei ricordi della terra natia.

La figlia di Jorio, Francesco Paolo Michetti, 1894
I coro folcloristico abruzzese di Orsogna nacque nel 1921 coinvolgendo alcuni giovani del paese che già facevano parte della locale, ben più antica, Schola Cantorum. La prima esibizione del coro avvenne nell’Agosto del 1921, mentre la presentazione ufficiale alla cittadinanza di Orsogna fu nel 1923. Un percorso attraverso la storia che fa del coro La figlia di Jorio (il nome è preso a prestito dall’omonimo quadro del pittore abruzzese Francesco Paolo Michetti che ispirò il dramma di D’Annunzio che porta lo stesso nome) il più antico d’Italia.
Negli anni il coro ha viaggiato in giro per il mondo e vinto diversi premi. Ad Astoria i 23 coristi, i due fisarmonicisti e il direttore si sono esibiti, con grande coinvolgimento del pubblico, in canti e balli della tradizione popolare. In scaletta grandi classici abruzzesi come Vola Vola e Tutte le Funtanelle, ma anche canzoni di altre regioni italiane come Ciuri Ciuri e un trittico di canti romani, oltre che l’inno di Orsogna, Bbone Ursogne. Poi i balli, tra cui la vivacissima quadriglia e il saltarello, in cui le donne ballano tenendo una conca di rame in equilibrio sulla testa.
Tutti i componenti del coro indossavano gli abiti tradizionali dei contadini orsognesi, chi quelli della festa, chi quelli di tutti i giorni. E c’era perfino l’abito col velo nuziale. Le donne indossavano lunghe gonne colorate, camicie chiare ricamate all’uncinetto, corpetto, scialle, fazzoletto in testa e gioielli antichi. Per gli uomini gilet e pantaloni di tela grossolana, calze lunghe fermate sotto il ginocchio da un legaccio di lana rossa e ai piedi le tipiche “chiochie”.
Il pubblico, tra cui c’era Antonio Tenaglia che nello stesso festeggiava 100 anni, ha seguito i canti e partecipato alle danze con l’entusiasmo di chi ritrova i suoni familiari del passato.