Il pane appena sfornato, con il suo profumo che inonda le stradine di Palagonia, paese in provincia di Catania, è ciò che per Proust era la madeleine. La sua cucina nasce dalla terra, quella che i genitori coltivavano. Roberto Toro, classe 1975, ha inaugurato all’Ambasciata italiana di Washington D.C, la Settimana della cucina italiana negli Stati Uniti, lo scorso novembre. L’anno prima era toccato a Massimo Bottura.
Roberto, dalla Sicilia parte per una formazione tutta europea: si trasferisce in Danimarca, dove comincia il suo percorso professionale nelle cucine del Comwell Hotel a Sonderborg per poi collaborare con le brigate dei ristoranti stellati Herman ed Era Ora a Copenaghen. Ancora cucine stellate in Francia dove nel 2004 porta a casa un’esperienza al Relais Louis XIII. Il 2005 segna un ritorno nella sua terra, la Sicilia, dove oggi è Executive chef del Grand Hotel Timeo di Taormina.
E’ stato Roberto a cucinare per i grandi potenti della terra durante il G7 di Taormina ed è sempre lui che in questi anni ha servito pranzi e cene a numerosi vip che sono passati da Taormina. Piacìri, il suo primo libro, è un viaggio culinario attraverso la sua Sicilia, tra ricette storiche, itinerari di cibo e dell’anima.

Per Roberto Toro il cibo è fare emozionare, è cultura, sapere storia. La sua cucina è tradizione nell’innovazione, profondamente legata alla sua terra. E lo chef ricorda il bis dei tortelli che ha chiesto il presidente Donald Trump, i complimenti di Richard Gere per gli spaghetti al pomodoro e quelli del Principe di Monaco per il tonno in crosta di quinoa con zucchine e salsa all’arancia.
Roberto, hai rappresentato l’Italia nella settimana della cucina italiana nel mondo che si è tenuta lo scorso novembre negli Stati Uniti, con una cena di Gala all’ambasciata italiana di Washington D.C. alla quale erano presenti molti esponenti della Casa Bianca. Come hai vissuto questa esperienza?
Sono stato molto onorato di rappresentare l’Italia e la Sicilia, ancora di più se penso che lo scorso anno era stato scelto Massimo Bottura. Sono andato in veste di ambasciatore culinario dell’Italia ma soprattutto della Sicilia. Il menu infatti era lo stesso offerto durante la Cena di Gala del G7.

E’ stato l’ambasciatore italiano, Armando Varricchio, a volere la stessa cena servita a Taormina ai capi di stato del mondo.
Cosa hanno mangiato i potenti della terra durante il G7 a Taormina?
Tortelli ripieni di basilico e pecorino siciliano con salsa di gamberi rossi di Mazara Trancio di dentice all’Eoliana (con polvere di capperi delle Eolie e pomodorini di Pachino). Selezione di dolci siciliani con cassata, cannolo e sette veli. Questo stesso menu è stato riproposto a Washington.


Quali sono stati i commenti dei politici presenti al G7?
Il presidente americano Donald Trump ha chiesto il bis dei tortelli. Tutti mi hanno accolto con un applauso quando sono uscito per salutarli nella terrazza del Timeo, dove la cena ha avuto luogo.

Hanno tutti apprezzato la cucina siciliana e i piatti che abbiamo scelto insieme al cerimoniere del presidente Sergio Mattarella. Sono stati tre mesi preparatori molto intensi, prima di decidere e definire il menu.

Sono molti i Vip per i quali hai cucinato. Ti viene in mente un episodio in particolare?
Il principe di Monaco ha apprezzato tantissimo il tonno in crosta di quinoa con zucchine e salsa all’arancia mentre Richard Gere è venuto in cucina per farmi i complimenti per gli spaghetti al Pomodoro.
Piaciri, il libro che hai scritto, è un viaggio culinario in Sicilia, tra ricette ed itinerari.
Piacìri nasce con la volontà di valorizzare due beni siciliani inseriti dall’UNESCO nel Patrimonio Culturale Immateriale: la Dieta Mediterranea e l’Opera dei Pupi. Ogni ricetta che segna il percorso di viaggio nel libro mira infatti ad esaltare la Dieta Mediterranea attraverso un ingrediente strettamente connesso con la località, come i pomodori di Pachino, il tonno rosso di Favignana o le arance rosse della Piana di Catania. Parte dei proventi della vendita di Piacìri sarà utilizzata per contribuire all’apertura a Catania del Teatro dell’Opera dei Pupi, contribuendo a salvaguardare la celebre tradizione popolare siciliana che rischia di scomparire.
Se volessi descrivere la Sicilia all’estero scegliendo tre piatti, quali sceglieresti?
I tre piatti che per me rappresentano le tre punte della Sicilia: Pesce stocco con crema di castagne e cipollotto al limone Interdonato (Messina); Risotto con frutti di mare, curcuma e nero di seppia (Catania); Filetto di agnello con rafano, pompelmo rosa e spinacino selvatico in foglia (Palermo) .


C’è una sorta di movimento, una rinascita che riguarda la cucina siciliana di cui tu e gli altri tuoi colleghi siete protagonisti
Tradizione nell’innovazione. Negli anni ci siamo evoluti con nuove tecniche di cottura, di accostamenti, nuovi modi di presentare i piatti ma senza mai stravolgerli fino all’esasperazione. Io non amo la cucina che perde il contatto con la tradizione. Non mi piace la cucina molecolare ad esempio. Sono per la cucina tradizionale che si accosta alle nuove tecniche di cui parlavo prima. Credo che la cucina siciliana stia vivendo il suo momento di gloria, in Sicilia, in Italia e anche all’estero. Certo partiamo con un grande vantaggio: l’eccellenza delle materie prime, la biodiversità dei territori che si traduce in prodotti di alta qualità. Dopo dodici anni all’estero, io ho deciso di ritornare per fare qualcosa in Sicilia, nella mia terra. Un sogno che si è realizzato.
Cosa rappresenta per te il cibo e che rapporto hai avuto con la cucina da quando eri bambino?
Casa mia, a Palagonia, in provincia di Catania, è il luogo dell’anima, dove sono cresciuto respirando i sapori dei piatti preparati da mia mamma e dalle altre donne di casa. La mia è una famiglia di agricoltori ed è in quel contesto che mi sono innamorato della cucina. A casa mia è molto forte la cultura della pasta fatta in casa ma è il pane fatto in casa da mia mamma nel forno a legna il piatto della memoria.
Ricordi indelebili di quando tornavo a casa e per le vie sentivo il profumo del pane appena sfornato che io mi premuravo a gustare subito con l’olio. Un altro piatto che amo sono gli spaghetti al pomodoro con una salsa di pomodoro ai tre pomodori siciliani, Pachino, Datterino e Kamarino. Il cibo è cultura e noi abbiamo un enorme patrimonio culinario. Il cibo è memoria, è storia. Come chef ho il compito di far emozionare attraverso il cibo, esprimere in un piatto i sentimenti legati al ricordo, al vissuto, agli odori con i quali sono cresciuto, non è facile ma è quello che faccio quando cucino.
Top Chef, Masterchef e altri reality nel mondo della cucina hanno dato popolarità alla figura dello chef ma dall’altro danno un’immagine distorta
Esattamente. Se uno vuole diventare chef non può stare in televisione ma in cucina. Questo è un lavoro fatto di fatica, sacrifici, duro lavoro ma soprattutto è un lavoro che richiede tanta pratica e lavoro nelle cucine. Ai giovani consiglio distudiare, andare all’estero, confrontarsi con altri colleghi, altre cucine, prima di avere una propria identità culinaria. Queste trasmissioni danno un’immagine che non corrisponde alla realtà. Molti ragazzi non imparano le tecniche ma vogliono fare Masterchef.

Taormina, meta glam e internazionale, si prepara alla nuova stagione. Voi come vi preparate?
La nostra clientela è per l’80% una clientela di ospiti stranieri. Siamo contenti di sapere che rispetto allo scorso anno c’è un aumento delle prenotazioni del 30%. Diciamo che il G7 ha dato una nuova visibilità a Taormina, che già era tra le mete siciliane classiche e meta di eventi che richiamano ospiti internazionali come il Taormina Film Festival. La novità è un nuovo ristorante pop up con 18 coperti che offrirà una cucina gourmet. Manterrò sempre il mio approccio: la tradizione, ingredienti del territorio selezionati secondo il criterio della qualità, tecniche e accostamenti in chiave moderna. Una cucina siciliana moderna ma che si basa sulla tradizione storica. Una cucina che fa sopratutto emozionare.
Come celebri la Pasqua quest’anno?
Con una novità: la colomba pasquale realizzata insieme a Giardini d’Amore® – Liquori. Si tratta della ricetta del tradizionale dolce pasquale interpretata da me sulla base delle tradizioni familiari e adattata ad un gusto contemporaneo. L’impasto soffice, fatto come da tradizione con farina italiana e lievitato per 24 con lievito madre, senza conservanti, è insaporito dalle note fresche del cioccolato bianco al passion fruit e arricchito dalla dolcezza delle noci pecan. Le mandorle, che io amavo raccogliere da piccolo nel terreno di famiglia in Sicilia e che le donne di casa utilizzavano per impastare i tipici dolci locali, completano infine il dolce con una glassa fragrante. La colomba è infatti rivestita da una copertura di crema di liquore alla mandorla Giardini d’Amore, laboratorio di liquori artigianali di alta gamma realizzati con le materie prime d’eccellenza del territorio siciliano.
Il sogno di uno chef è spesso quello di aprire un ristorante all’estero. Tu sogni di andare negli Stati Uniti e portare la tua Sicilia a tavola?
Io mi sento privilegiato di poter lavorare con soddisfazione professionale nella mia terra, in un contesto come quello dell’Hotel Timeo a Taormina. Sono molto legato alla mia terra anche dal punto di vista culinario. Se decidessi di aprire un ristorante a NY la mia grande difficoltà è quella di non trovare le materie prime che hanno la stessa qualità e freschezza. Non credo di voler lasciare la mia terra. Ho fatto le mie esperienze all’estero, sono contento di essere tornato.