Italiano oltreoceano di prima generazione, Tony Margiotta nasce a New York ma è legato a doppio filo al Belpaese. Il padre è infatti originario del Molise, e inizia la sua attività nella Grande Mela con un negozio di vino e liquori, mentre Tony comincia ad appassionarsi al mondo del vino italiano senza disconnettersi mai con le sue radici, saldamente ancorate all’Italia.
Nel 2014, ha fondato Gladiator Wine Distribution, un’azienda di importazione e distribuzione di vino italiano che si dedica alle piccole cantine e produttori del Belpaese. “Vini artigianali” che raccontano di un pezzo di Italia legata al vino, quella che Tony va a cercare e scoprire nei suoi numerosi viaggi.
Dal negozio del padre ad oggi, il mercato vinicolo americano è cambiato quasi radicalmente. La curiosità, le informazioni disponibili e accessibili, sono diventati terreno fertile per l’ingresso di nuovi vini, soprattutto quelli dei piccolo produttori. I vini da lui selezionati hanno vinto la doppia medaglia d’oro e d’argento al New York International Wine Competition, distinguendosi per il loro ottimo rapporto di qualità-prezzo. È anche l’autore di “Hidden Gems of Italy: la formula segreta di un insider per trovare vini di prima classe e gustare La Dolce Vita”, vincitore del miglior libro europeo sui vini al Gourmand International.
Del mondo del vino lo appassionano tante cose, a partire dalla scoperta alla varietà di esperienze sensoriali che può offrire un calice. “Sono affascinato dalla diversità di sapori, consistenze e profumi del vino italiano”, dice Tony. “Quando si entra nel mondo di vini autoctoni italiani prodotti in quantità limitate, nessuno può annoiarsi, c’è sempre qualcosa di nuovo che stupisce e delizia il palato”.
La sua passione per il vino inizia grazie all’attività di suo padre e alle sue radici italiane. Quando ha deciso di fondare Gladiator Wine Company come era il mercato americano rispetto ai vini italiani e come è cambiato?
“Nel 2014 ho fondato Gladiator Wine Distribution. Negli ultimi cinque anni ho visto un grande miglioramento nella qualità dai piccoli produttori, ogni anno sono affascinato dal perfezionamento del loro vino. Il mercato americano rispetto ai vini italiani sta cambiando in continuazione, ma solo a piccoli passi; per dei veri cambiamenti occorre almeno un decennio. Nel mercato americano, l’influenza internazionale è molto forte e le tendenze cambiano spesso. Prima c’erano i vini di lusso solo per i ricchi come i vini francesi e del nord d’Italia, poi l’entrata dei vini della California. In seguito i vini economici dall’Australia, Argentina, Sud Africa, e Cile. Successivamente le tendenze dei vini biologici e biodinamici, e oggi sono di moda “i vini naturali”.
Molto è cambiato negli ultimi vent’anni e il mercato continuerà ad evolversi, quello che oggi è di moda non lo sarà l’anno successivo. Ci sono alcuni produttori italiani che cercano di seguire queste tendenze e credo sia uno sbaglio. Mentre il mercato americano cambia molto rapidamente tendenze, in Italia ora sta avvenendo una rivoluzione nel mondo del vino: il consumatore è diventato più attratto dalle piccole cantine. Ci sono migliaia di piccoli produttori che stanno facendo vini di qualità molto elevata, ed i consumatori stanno iniziando a lasciare le grandi marche industriali per un’esperienza più autentica e piacevole che prima non era disponibile. I veri vini di qualità e di carattere unico si trovano tra i vini autoctoni italiani, raccolti a mano con basse rese”.
Fino a qualche tempo fa, il mercato americano era dominato da pochi vini italiani, Chianti in testa. Oggi ci sono nuovi vini, dall’Etna rosso al Primitivo, che gli americani hanno imparato a conoscere. Un cambiamento però lento. Cosa bisogna fare per promuovere nuovi tipi di vitigni meno conosciuti?
“È chiaro che gli americani oggi conoscono più vini italiani rispetto ai classici Chianti e Pinot Grigio. Primitivo, Nero d’Avola, e Montepulciano d’Abruzzo sono diventati molto popolari negli ultimi dieci anni. Non solo parliamo di vini buoni ma con un buon rapporto qualità-prezzo, molto importante per il consumatore americano. Questi tre vini sono autoctoni, quindi lentamente il mercato americano si sta aprendo all’idea che ci sono altre uve che fanno vini con sapori e profumi diversi e piacevoli rispetto ai vitigni internazionali. Rispetto a cinque anni fa, il mercato oggi è sicuramente più propenso ad introdurre vini autoctoni e questo fenomeno continuerà a cambiare e svilupparsi. Un’altra cosa da considerare è che il consumatore americano oggi è molto più competente sul vino rispetto a prima. La generazione dei “Millennials” sarà quella che più apprezzerà questi vini. Le ricerche ci dicono che i Millennials non sono fedeli alle grandi marche, ma preferiscono un ottimo rapporto di qualità-prezzo. Quindi c’è un’opportunità concreta per le piccole cantine di presentarsi ad un consumatore oggi più disponibile. Le tendenze stanno andando in questa direzione, non era molto chiaro cinque anni fa quando ho fondato Gladiator, ma oggi possiamo dire c’è più spazio nel mercato americano per questo tipo di prodotto italiano.
Un modo per promuovere altri vini sconosciuti al mercato è che tutti i ristoranti italiani inizino a sostenere questi vini, mettendo ad esempio un vino sconosciuto al bicchiere, così da educare piano piano i loro clienti, che possono assaggiare senza dover prendere una bottiglia intera. Vent’anni fa diversi ristoranti italiani hanno inserito il Nero d’Avola al bicchiere ed oggi è molto conosciuto. I consumatori sono diventati familiari con questo vino e l’hanno richiesto presso la loro enoteca per consumarlo a casa. Oggi ogni enoteca di vino ha un Nero d’Avola dalla Sicilia nel loro scaffale. La migliore modalità di promozione dovrebbe iniziare con i ristoratori e a seguire con le enoteche. Ci vorrebbe anche una strategia di marketing online e sui social media. Abbiamo bisogno di più ambasciatori di vino italiano presenti nei social media qui negli Stati Uniti”.
La sua azienda importa vini di piccoli produttori, ma quali sono le difficoltà di lanciare questi vini nel mercato americano e come li sceglie?
“La difficoltà più grande è che i piccoli produttori non riescono a soddisfare la domanda di volume richiesta dal mercato e il loro prezzi spesso non sono concorrenti e compatibili con il rapporto qualità-prezzo che il consumatore cerca. Per questo, i grandi importatori si concentrano sui vini industriali perché garantiscono loro un certo volume di produzione e prezzi più competitivi. La cosa più interessante è che quando vado ad una fiera come VinItaly, per esempio, e trovo un vino che mi piace, quasi sempre è un vino di un piccolo produttore. Ora sono così innamorato dei vini artigianali che ho difficoltà ad apprezzare e bere i vini industriali.
Ci sono due tipi di vino che importo dalle piccole cantine: li chiamo le “gemme nascoste” e “capolavori.” Le gemme nascoste sono i vini autoctoni dei piccoli produttori che hanno un ottimo rapporto di qualità-prezzo per il mercato americano; mentre un capolavoro è un vino con una produzione estremamente limitata che può competere con i vini migliori nel mondo anche se sono sconosciuti”.
Che cosa le affascina di più del mondo del vino?
“Sono affascinato dalla diversità di sapori, consistenze e profumi del vino italiano. Quando si entra nel mondo di vini autoctoni italiani prodotti in quantità limitate, nessuno può annoiarsi, c’è sempre qualcosa di nuovo che stupisce e delizia il palato”.
Quali sono i prossimi vini, ad oggi meno conosciuti per gli americani, che si faranno avanti nel mercato degli States?
“I prossimi vini saranno Cannonau di Sardegna, Perricone dalla Sicilia e Aglianico dalla Campania. I motivi per cui diverranno più conosciuti sono i seguenti: il vino deve venire da un’uva che ne produce molto; il profilo deve essere fruttato, corposo e rotondo in bocca. Questi tre vitigni hanno entrambe queste caratteristiche. Perricone e Aglianico hanno una grande potenzialità di crescita perché negli Stati Uniti c’è un alto numero di americani che hanno origini dalla Sicilia e Napoli; mentre il Cannonau è un vino rosso di longevità per la salute e tanti americani bevono oggi il vino per motivi di salute”.
Che cosa consiglia ai produttori italiani di vino che vogliono entrare nel mercato americano?
“Mantenere basse le rese, mantenere bassi i costi e aumentare la qualità del vino. Nel mercato americano tutte le regioni vinicole del mondo sono in concorrenza tra loro”.
Cosa significa crescere in America con radici italiane?
“Penso che come americani di discendenza italiana dovremmo visitare il Paese delle nostre origini per restare vicini alla cultura italiana. Quando le generazioni nate e cresciute in America non vanno più in Italia, è facile perdere il contatto culturale; ma anche se alcuni la perdono, oppure non ci sono mai stati, resta comunque un attaccamento speciale all’Italia. Questo vale per tantissimi italo-americani.
Io faccio parte della prima generazione della mia famiglia nata in America, quindi il contatto con la cultura italiana è naturalmente più forte di una terza o quarta generazione. Quando mia nonna morì sapevo che il mio rapporto culturale con l’Italia poteva essere a rischio, perché lei era quella che teneva i rapporti con i parenti, così ho investito decenni di tempo e denaro in viaggio per l’Italia, mantenendo il contatto con i miei parenti e la cultura. Ho imparato a leggere, scrivere e parlare italiano durante quel periodo, ho trascorso molte ore nella cucina di mia zia in Molise praticando l’italiano e imparando anche qualche parola dialettale qua e là. La mia vita si è arricchita da quelle esperienze, è stato un periodo bellissimo e divertente. Tutto questo mi ha poi successivamente aiutato nel mio business del vino, quindi immagino sia stato il destino”.
Oggi qual è il suo rapporto con l’Italia?
“La mia relazione con l’Italia è buona, la famiglia di mio padre è ancora in Molise e ogni tanto vado a visitarla. Inoltre anche mia moglie è italiana, originaria della Sardegna, ci siamo sposati nella sua città natale vicino a Cagliari e continuiamo ad andarci per visitare la sua famiglia. Cercare vini autoctoni in tutta Italia mi dà l’opportunità di conoscere il Paese in modo profondo, ogni uva ha la sua unica storia legata al suo territorio. I migliori produttori catturano un’immagine di questi luoghi storici attraverso i loro vini. Molti turisti rimangono affascinati quando fanno dei wine tours, perché riescono a vedere la storia antica legata a quei luoghi e alle tradizioni locali. Attraverso i vini ho potuto assaporare la storia antica e non potrei essere più grato per questa esperienza che l’Italia mi ha dato”.
I tre vini che non possono mancare nella cantina di ognuno di noi?
“Per un appassionato di vino italiano come me, sarebbe impossibile sceglierne solo tre. Un tipico collezionista di vino italiano avrebbe probabilmente un Barolo, un Brunello di Montalcino e un Barbaresco, tutti vini che possono invecchiare bene in cantina. Posso citare altri tre vini che possono ugualmente invecchiare magnificamente in cantina e da non perdere, tutti e tre hanno una produzione estremamente limitata di sole 3.000 bottiglie all’anno: Atha Ruja “Kuentu” Cannonau di Sardegna Riserva 2013; Castellucci Miano “Maravita” Perricone (Grand Cru) 2012; Antico Borgo Taurasi Riserva 2011″.
Vino italiano vs. vino francese. Le grandi differenze?
“Ci sono molte differenze tra l’Italia e la Francia per quanto riguarda i vini. Innanzitutto in Italia c’è più biodiversità perché ha più varietà di uve autoctone rispetto a qualsiasi altro paese. Penso che sia più facile trovare un vino italiano di prima qualità con un buon rapporto di qualità-prezzo rispetto a quello francese.
Ha scritto un libro sul vino Italiano che si chiama “Hidden Gems of Italy.” Di cosa si tratta?
“È una guida enologica italiana che aiuta i consumatori a trovare vini italiani con ottimi rapporti qualità prezzo. I libri di vino per principianti non mostrano ai consumatori come bere bene ad un buon prezzo. E le enciclopedie del vino riempiono i consumatori con troppe informazioni. Hidden Gems of Italy vi mostra le tre regioni in Italia dove iniziare il viaggio nel mondo del vino italiano. Impareranno anche quali tipi di vino evitare, il che mi sembra molto importante. Nel libro, c’è una lista di regole che il consumatore può seguire step-by-step per aiutarlo a scoprire un nuovo vino italiano”.