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April 18, 2018
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L’Umbria in un calice di Sagrantino: alla conquista del mercato enologico americano

Il Consorzio Montefalco sbarca negli USA con "storia, vino, territorio"; è partito da un target di nicchia, ora attrae chiunque cerchi il "sapore autentico"

Liliana RosanobyLiliana Rosano
L’Umbria in un calice di Sagrantino: alla conquista del mercato enologico americano
Time: 4 mins read

Territorio, storia, terroir, identità regionale. Tutti elementi legati tra di loro ed indispensabili per presentarsi al mercato americano. Su questi concetti punta il Consorzio Tutela Vini di Montefalco, una realtà umbra che dal 1981 mette insieme 50 produttori locali del vino Montefalco Sagrantino DOCG e Montefalco Doc.

A Maggio, il Consorzio Montefalco sbarca negli Stati Uniti con una serie di eventi e iniziative per il pubblico e la stampa, che hanno l’obiettivo di comunicare un territorio, quello dell’Umbria, raccontarlo attraverso percorsi legati ai vini autoctoni, tradizioni e storie di piccoli produttori.

Amilcare Pambuffetti, Presidente Consorzio Tutela Vini Montefalco. (Foto di Spazio Umbria)

“Alla stampa americana abbiamo voluto far conoscere l’unicità del Montefalco Sagrantino DOCG raccontandone le origini antiche, legate all’utilizzo durante le funzioni religiose in versione dolce, passito, ma anche le conoscenze tecniche con cui i produttori sono riusciti ad ‘addomesticare’ un’uva così tannica pur mantenendone il caratteristico tratto ‘selvatico'”, racconta a La Voce di NY Amilcare Pambuffetti, Presidente Consorzio Tutela Vini Montefalco.

“L’interesse dei giornalisti americani ci ha dato conferma della curiosità che ruota attorno a questi vini, massima espressione del territorio in cui nascono, vini autoctoni e con un carattere distintivo”.

In un mercato saturo come quello americano, soprattutto della costa orientale, promuovere un vino italiano richiede una strategia di comunicazione attenta.

“Parlare di interazione col territorio è fondamentale, continua Pambuffetti. Il Sagrantino ha una totale identificazione con l’area di produzione. Il rispetto delle peculari e antiche tradizioni medievali in Paesi come Montefalco e Bevagna, la millenaria cultura agricola che si rinnova in questi luoghi, ha permesso di preservare, riscoprire e valorizzare i nostri vini. Ed è un rapporto simbiotico, di mutuo beneficio: la riscoperta del Sagrantino sostiene la crescita turistica dell’area degli ultimi anni. Il Sagrantino è assolutamente espressione dell’Umbria, di un territorio di persone autentiche e genuine come i produttori dei vini di Montefalco. Il nostro slogan è infatti: Sagrantino: la storia, il vino, il territorio”.

Vitigno di Montefalco, Umbria.

Resta il fatto che il mercato del vino americano è tra i più importanti ma anche tra quelli più difficili, alla luce delle ultime novità politiche e delle regole, spesso complicate, che disciplinano l’export. Diversi sono però gli step che i produttori mettono in atto per entrare nella distribuzione.

Marco Caprai, delle Cantine Arndaldo Caprai che fanno parte del Consorzio.

“Da sempre la politica ha fortemente influenzato l’andamento dell’export in tutto il mondo e sicuramente negli USA”, afferma Marco Caprai, delle Cantine Arndaldo Caprai che fanno parte del Consorzio. “Affidarsi quindi ad un importatore valido è cruciale ed imprescindibile per superare tutte le problematiche che derivano dai cambiamenti degli scenari politici. Una volta individuato il partner giusto, si dovrà invece lavorare sull’ampliamento della presenza sui mercati target, che per il Sagrantino sono ben definiti: piccoli target di nicchia. Importante poi è creare delle relazioni durature con gli operatori”.

Dopo la Toscana, la Sicilia e la Puglia, chissà se sarà l’Umbria con i suoi vini, la prossima regione a guadagnarsi spazio e curiosità nella stampa americana.

“Sicuramente c’è un interesse crescente per l’Umbria in generale”, continua Amilcare Pambuffetti.  “Insieme al turismo tedesco e olandese per l’Europa, il turista americano da anni visita il nostro territorio e apprezza le nostre eccellenze. Ci sono tante sinergie che funzionano, noi come Consorzio siamo molto attivi sul territorio con collaborazioni con realtà dall’arte, della cultura, e del cibo. I tartufi, i formaggi ed i salumi di Norcia o un marchio come Brunello Cucinelli, che produce il suo cashmere nel vicino paese umbro di Solomeo, veicolano perfettamente il brand Umbria. E il Sagrantino chiude il cerchio offrendo un panorama enologico del tutto interessante. In particolare i nostri vini comunicano la verde Umbria, i paesaggi collinari, città come Assisi e Spoleto ricchi di cultura, i piatti con pochi ingredienti, semplici ma allo stesso tempo ricchi di un sapore unico ed autentico. Il consumatore dei vini di Montefalco è colui che non si accontenta di un sapore omologato ma è curioso ed alla continua ricerca di esperienze che ti riempiono le giornate”.

Vitigno di Montefalco, Umbria.

L’iniziativa “Steak & Sagrantino”,  è l’evento di punta della campagna di promozione del Consorzio che porterà nei ristoranti americani un’offerta di abbinamento tra il Montefalco Sagrantino DOCG e quella che è la sua compagna ideale: la bistecca.

“Il consumatore dei vini di Montefalco è attento alla qualità ed alla continua ricerca di vini autentici ed espressione del territorio, vini che, bevendoli, trasmettono l’emozione di visitare l’Italia. Quindi il target è ampio e traversale. Dato il riuscito abbinamento con la carne, crediamo che il numero dei consumatori americani possa in futuro crescere, perché i nostri vini si abbinano con piatti semplici ma anche a tavola con dei piatti strutturati o, perché no, in una sera d’estate con un barbecue di amici e ottime grigliate”, chiude il presidente del Consorzio.

L’uva di Sagrantino, vitigno di Montefalco, Umbria.

A ribadire l’importanza del vino nei rapporti commerciali tra l’Italia e gli Stati Uniti e le reciproche attenzioni dei due Paesi, è la nuova guida Slow Wine 2018, che per la prima volta ha inserito alcune cantine californiane nell’edizione appena pubblicata.

“Nella nostra guida alla California abbiamo cercato di fotografare le aziende che coltivano direttamente la terra senza comprare uva e che quindi controllano tutta la filiera produttiva, riprendendo il concetto del vigneron,  commenta Giancarlo Geriglio, caporedattore  della guida. Abbiamo trovato tra queste aziende produttori di grande valore che interpretano magnificamente i vitigni a loro disposizione e anche i terroir differenti. Quello che solitamente non è chiaro a un europeo è che la California non è solo Napa con cabernet e chardonnay. Un’altra novità importante è rappresentata dall’avanzare di coltivazioni sostenibili e vinificazioni meno invasive, quindi a vini più sottili e bevibili”.

Vista dal vitigno di Montefalco, Umbria.

Ma come è cambiato il mondo del vino in California negli ultimi anni?

“Come dicevo in precedenza ciò che è cambiato di più è che sono nate moltissime realtà attente alla natura, alla finezza dei vini, alla loro piacevolezza. In più anche altri territori si sono sviluppati moltissimo, facendo esperimenti con vitigni europei come quelli del rodano e in taluni anche italiani. Abbiamo assaggiato ottimi sangiovese e nero d’Avola. Insomma, lo Stato si sta aprendo sempre a nuove influenze e dall’altra parte di queste novità si stanno per ritrovare anche in Europa. Una cosa importante per quanto riguarda Napa è il grande focus che abbiamo fatto sul cabernet coltivato in altura, che è per noi quello più interessante della regione.

Vino Sagrantino, Consorzio di Montefalco, Umbria.

Vini californiani e Slow Wine. Quali caratteristiche hanno  i vini della California inseriti nell’ultima guida Slow Wine?

“Noi cerchiamo di esaltare i vini che abbiano un’anima, che rispettino il vitigno di provenienza e soprattutto il territorio, poi non ricerchiamo per forza i rossi e bianchi leggeri, ma che abbiano una loro bevibilità e armonia, perché siamo un po’ stanchi delle spremute di legno o dei concentrati di frutta”, dice Geriglio.

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Liliana Rosano

Liliana Rosano

Sono nata a Catania, dove sono sempre tornata dalle mie peregrinazioni che mi hanno portato prima in Grecia, poi a Parigi. Con la mia laurea in Scienze Politiche, sognavo di lavorare nella cooperazione internazionale, ma sono finita a fare la giornalista, prima nella redazione di Telecolor poi del Quotidiano di Sicilia. ll mio ponte con l’America è iniziato grazie a un tirocinio per le Nazioni Unite a New York. Sono una freelance e collaboro con diverse testate e magazine nazionali. Vivo a Fairfield, nelle praterie sperdute dell’Iowa, in una comunità alternativa ed eco friendly e sono sempre alla ricerca di storie di italiani all’estero da raccontare.

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