Avete mai assaggiato una scaglia di Parmesan? I lettori stabilmente residenti negli Stati Uniti potrebbero averlo fatto, gli italiani, invece, penso proprio di no. Credo che sarebbero inorriditi all’idea. Penserebbero, a mio avviso, di gustare chissà che cosa, magari un incrocio chimico pericoloso, oppure di commettere un sacrilegio, soprattutto nei riguardi dell’“ortodossa” arte culinaria italiana. Non si mangiano le copie o i simili, soprattutto se non prodotti in Italia.
Quello del Parmesan rimanda ad un fenomeno ormai diffuso, studiato e interpretato: l’italian sounding. Si tratta di quel mondo che si richiama nelle parole, nei suoni alla lingua italiana e che, nella maggioranza dei casi, è riscontrabile nella gastronomia. Molti lo conosceranno, gli esperti di settore sanno bene di cosa stiamo parlando. Tuttavia, forse qualche precisazione può essere opportuna.
Innanzitutto, il primo significato che emerge è quello di frode. L’Italian sounding è normalmente qualcosa di riprovevole. Si tratta di voler copiare, spacciare come il prodotto originario. È, quindi, un fenomeno che va combattuto.
Siamo consapevoli delle frodi e delle contraffazioni. Spacciarsi esattamente come un altro prodotto, magari DOC o DOCG, è una frode verso il consumatore, ingannato nella sua scelta. Secondo la Coldiretti l’italian sounding genera un volume di affari intorno ai 20 miliardi di euro, contro i 2 dei prodotti provenienti dall’Italia.
Avete, quindi, mai sentito parlare del Parrano? È un formaggio. La confezione si presenta con i colori della bandiera italiana. Lo slogan recita così: "Per rendere il tuo pasto più italiano scegli olandese….Parrano il formaggio dall'Olanda che si crede italiano". Che questa epoca frenetica provocasse sdoppiamenti di identità negli esseri umani è risaputo. Ma addirittura nei formaggi? Altri casi hanno un protagonista assoluto, il Parmigiano Reggiano, venduto con il nome di Parmiggiano, Parmezano stagionato da improbabili Cascine Emiliane, Reggianito, o il già citato Parmesan, trovato in un caso con una magnifica etichetta in bella vista: un gondoliere, nello sfondo il profilo della chiesa di San Marco e sopra una scritta: “Sorrento”. Rimanendo in ambito caseario, la fontina denominata Fontinella oppure il Fontiago un misto con l’Asiago, per non parlare del Gorgonzola, che appare come Gorganzola, Bovizola, Combozola, Caprozola e chissà quanti altri sparsi nel mondo. Oppure i Pomodori San Marzano, venduti nella versione taroccata come “San Marzano, Tomato Romano”, magari affiancati da slogan tipo: "We moved Italy to California”. O ancora la Mozzarella, se importata dalla Cina diventa Fresh Buffalo Mozzarella, confezionata con il tricolore in bellavista.
Se alcuni di questi casi si avvicinano alla frode, a noi, la situazione, pare molto più complessa. Sappiamo bene, innanzitutto, che esiste una cucina ibrida, frutto dei mescolamenti inevitabili di quella italiana con quella del luogo di arrivo di molti immigrati. Pensiamo al pesto genovese riprodotto con spinaci e noci, visto che basilico e pinoli erano di difficile reperibilità, ma lavorato allo stesso modo. Non è pesto si dirà, ma ha tutta la dignità ad essere venduto, se a qualcuno piace, e ad essere presentato come ispirato al pesto originale.
Ci piace notare quante parole nel mondo richiamano la lingua italiana, facendo dell’ italian sounding non qualcosa di negativo ma una sorta di sponsor spontaneo e creativo per la diffusione di tutto quel mondo italico rappresentato anche dal business (penso al Made in Italy).
Probabilmente avrete avuto modo di sorseggiare un Frappuccino. È una delle bevande più vendute di Starbucks che, come riporta il sito, nacque quando l’ideatore, Howard Schultz, viaggiando per l’Italia, fu catturato dai caffè italiani e dall’esperienza romantica di sedersi nei bar. Ebbe quindi una visione, portare la tradizione dei caffè italiani negli Stati Uniti. Del Freddocino abbiamo già parlato, ma esiste anche il Mocaccino, il Caffriccio. Oppure nell’ambito della pasta, i Soffatelli e i Pastachetti, o anche improbabili gusti di gelato come il Boccalone, al sapore di prosciutto. È simpaticissimo viaggiare, scoprire e segnarsi tutti questi nomi, spesso inventati, che richiamano la lingua italiana. E fino a che punto possiamo parlare di frode quando, per esempio, pensiamo a chi emigrato si è portato con se skills sulla produzione che ha riadattato nel luogo di arrivo, magari adoperando prodotti e sistemi di lavorazione locali, provando a riprodurre quanto già faceva in Italia. Magari produce una simil Gorgonzola. Possiamo impedirglielo? E poi, chi mai avrebbe l’autorità per farlo?
Il mondo italico si compone anche di tutti questi pezzi variopinti di ibridismi linguistici e dei prodotti che li identificano. È un mondo che nessun altro paese può vantare. Non esiste qualcosa di paragonabile per la Francia e la Germania, ad esempio. L’italian sounding si diffonde perché è connesso ad un'idea d’Italia che vende, che fa mercato. Basta però riconoscerne le potenzialità ed inserirsi in questo mercato portando a conoscenza le tipicità locali dei prodotti italiani, che sono, è bene ricordarlo, esclusivi ed unici. Se una delle catene più diffuse in Gran Bretagna, Irlanda, Olanda, Polonia, Turchia, di caffè è Caffè Nero, che si ispira chiaramente all’italian way of life, questo dovrebbe farci pensare quanto sia inutile perdere tempo nella continua e sola richiesta di misure più protezioniste o vendicative, ma afferrare l’opportunità di entrare in relazione commerciale, offrendo prodotti realmente italiani come parte dell’offerta generale.
Concludendo, non sono molto attratto dal Parmesan, preferisco il nostro Parmigiano. E a chi per qualche misteriosa ragione non ha mai assaggiato il Parmigiano o magari conosce solo il Parmesan, si consiglia vivamente di rimediare il prima possibile. Al primo boccone capirà il perché.