Rassegna stellare, come non accadeva da tempo, causa covid prima, sciopero di attori e sceneggiatori di Hollywood poi: l’81esima edizione del Festival di Venezia è da annali, con blockbusters, megaproduzioni, ma anche piccoli film indipendenti con grandi storie.
Ventuno i film In concorso, ed una interminabile lista di pellicole Fuori concorso, nelle serie Orizzonti, Orizzonti Extra, Settimana della Critica, Giornate degli Autori, Biennale College, Venezia Classici. Uno smorgarsbord, una immensa offerta di film, fra cui la giuria dovrà scegliere i Leoni d’oro di quest’anno. E che giuria. Presieduta dall’attrice francese Isabelle Huppert è composta dall’attrice cinese Zhang Ziyi e dai registi James Gray, Andrew Haigh, Agnieszka Holland, Kleber Mendonça Filho, Abderrahmane Sissako, Julia von Heinz e l’italiano Giuseppe Tornatore.
Dovranno scegliere fra film e temi di tutto il mondo: il brasiliano Ainda estou aqui di Walter Salles; il georgiano Ap’rili di Dea K’ulumbegashvili; l’americano Babygirl di Halina Reijn; l’inglese The Brutalist di Brady Corbet; Harvest della greca Athina Rachel Tsangari; El jockey dell’argentino Luis Ortega; l’americano Joker: Folie à Deux di Todd Phillips; il francese Jouer avec le feu di Delphine e Muriel Coulin, il norvegese Kjærlighet, di Dag Johan Haugerud; il francese Leurs enfants après eux, di Ludovic e Zoran Boukherma; Maria del cileno Pablo Larraín; Mò shì lù del singaporiano Yeo Siew Hua; il canadese The Order di Justin Kurzel; Qing Chun: Gui, del cinese Wang Bing; The room next door dello spagnolo Pedro Almodóvar; Trois Amies del francese Emmanuel Mouret. E gli italiani: Queer di Luca Guadagnino; Campo di battaglia di Gianni Amelio; Diva Futura di Giulia Louise Steigerwalt; Iddu – L’ultimo padrino di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza; Vermiglio di Maura Delpero.
“Se i grandi temi della contemporaneità sono riconducibili alla spaventosa esplosione di cruenti conflitti armati, la premonizione di una catastrofe climatica travolgente, l’emergenza connessa ai fenomeni migratori inarrestabili e la crescente diffusione di movimenti populisti, suprematisti e nazionalisti che si contrappongono ai fragili equilibri delle democrazie tradizionali, tutti questi temi si ritrovano in molti dei film presenti nel nostro programma” ha detto il direttore Alberto Barbera.
Qualche cenno sui più attesi: Joker: Folie à deux di Todd Phillips, sequel del Leone d’oro del 2019 e campione d’incassi. Joaquin Phoenix è rinchiuso nel manicomio criminale in attesa di processo, poi incontra Lady Gaga.
Babygirl della regista Halina Reijn è un thriller erotico con la bellissima Nicole Kidman nel ruolo di una manager insoddisfatta che cerca conforto in un rapporto sadomaso con il suo giovane stagista. Banderas, il marito, non sta a guardare.
Maria di Pablo Larraìn ci riporta agli ultimi giorni di Maria Callas nel suo dorato soggiorno parigino. Interpretata da Angelina Jolie, il film vede anche Pierfrancesco Favino e Alba Rohrwacher nei panni dei due collaboratori che rimasero accanto alla cantante fino alla fine.
The Room Next Door di Pedro Almodovar con Tilda Swinton e Julianne Moore, è la storia di due amiche, una reporter di guerra e una scrittrice che, in una casa fra gli alberi del New England, affrontano la crudeltà atroce della guerra.
The Brutalist di Brady Corbet racconta trenta anni della vita di László Toth, interpretato da Adrien Brody. Ebreo ungherese sopravvissuto ad Auschwitz, architetto geniale e visionario, Toth riuscì ad emigrare in America nel 1947 con la moglie, e dopo anni di povertà un cliente misterioso gli affidò un progetto gigantesco. Film lunghissimo, tre ore e 35 minuti, ambizioso, girato in 70mm.
The Order di Justin Kurzel, è un thriller politico ambientato nel 1983 in America con Jude Law nei panni di un agente che intuisce che una serie di crimini violenti che stanno scuotendo la società sono architettati da un’organizzazione terroristica di suprematisti bianchi per scatenare una rivoluzione conservatrice.
Molto diversi fra loro gli italiani in concorso: Luca Guadagnino presenta Queer con Daniel Craig in quella che Barbera ha definito l’interpretazione della sua vita. Tratto dal romanzo di William S. Burroughs, e girato a Cinecittà, racconta la storia ambientata negli anni ’50 a Città del Messico di un quarantenne americano che incontra un giovane studente appena arrivato in città e si illude di riuscire a stabilire con lui una connessione intima.
Gianni Amelio presenta Campo di Battaglia, con Alessandro Borghi e Gabriel Montesi nel ruolo di due inseparabili amici di infanzia, medici militari su fronti ideologici opposti nell’ultimo anno del primo conflitto mondiale, l’anno di Caporetto e della febbre spagnola.
Iddu di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, è ispirato alla vita di Matteo Messina Denaro, il boss mafioso morto 8 mesi dopo la cattura. Elio Germano è il mafioso latitante, Toni Servillo il fiancheggiatore che si presta a tradirlo.
Infine i film di due registe: Vermiglio, seconda pellicola di Maura Delpero, con Tommaso Ragno e attori non professionisti, è stato girato nell’omonimo paesino della Val di Sole in Trentino e racconta l’ultimo anno della seconda guerra mondiale in una grande famiglia, turbato dall’arrivo di un soldato rifugiato. Secondo Barbera è un film che riprende l’eredità del realismo assoluto dell’Albero degli Zoccoli di Ermanno Olmi
Diva Futura, di Giulia Louise Steigerwalt è sull’omonima agenzia di pornostar fondata da Riccardo Schicchi negli anni Ottanta, che lanciò Ilona Staller e Moana Pozzi.
Parte significativa del programma della kermesse sono cinque serie televisive, assurte in tutto e per tutto agli onori e rispetto dovuto a veri e propri, lunghissimi, film. Il Festival già in passato aveva presentato serie d’autore, da The Young Pope di Paolo Sorrentino a Le Amiche Geniali di Saverio Costanzo, ma si era limitato a qualche puntata. Quest’anno le serie saranno proiettate per intero. L’attesissimo Disclaimer (La vita perfetta) di Alfonso Cuarón con Cate Blanchett e Kevin Kline, sette puntate divise in due parti; altre sette puntate di Families like ours di Thomas Vinterberg (quello del bel film Festen, 1998); dieci puntate di Los años nuevos di Rodrigo Sorogoyen; e otto episodi dell’italiano M – Il figlio del secolo di Joe Wright dal romanzo di Antonio Scurati con Luca Marinelli nei panni di Mussolini. Infine la miniserie Leopardi di Sergio Rubini.
A proposito di italiani L’Orto Americano di Pupi Avati chiuderà il festival Fuori Concorso. È la storia di un giovane bolognese che si innamora di una infermiera dell’esercito americano e la va a cercare a casa sua nel Midwest. Marco Bellocchio presenterà Se posso permettermi capitolo II su un uomo tornato nella casa materna sommerso di libri e incapace di agire. Francesca Comencini porta Il tempo che ci vuole, racconto molto personale di momenti indelebili della vita della regista con suo padre. Massimo D’Anolfi e Martina Parenti presentano il documentario Bestiari, Erbari, Lapidari.
La sezione Orizzonti sarà aperta da Nonostante, seconda regia di Valerio Mastandrea, su un uomo ricoverato in ospedale la cui routine viene sconvolta dall’arrivo di una nuova paziente; seguirà Familia di Francesco Costabile sulla storia vera di Luigi Celeste e dell’omicidio per liberare la famiglia da un padre violento; e Diciannove di Giovanni Tortorici su uno studente palermitano inquieto che si trasferisce a Londra con il sogno di scrivere.
Da non perdere i film “politici”, da September 5 di Tim Fehlbaum ambientato durante le Olimpiadi di Monaco di Baviera del 1972, che affronta il tema del racconto televisivo dell’attacco agli atleti israeliani; Of Dogs and Men, del regista israeliano Dani Rosenberg, girato nel Kibbutz Nir Oz all’indomani del 7 ottobre, su una sedicenne che torna a cercare il suo cane e si confronta con gli orrori da una parte e dall’altra del confine; Happy Holidays del palestinese Scandar Copti su un piccolo incidente a Gerusalemme che scatena una serie di grandi conseguenze; Israel Palestine on Swedish TV 1958-1989 che racconta le ragioni e le storie da entrambe le parti in conflitto grazie ad uno dei più estesi archivi televisivi esistenti; Why War del regista di Haifa Amos Gitai sul carteggio fra Albert Einstein e Sigmund Freud sulla guerra e come evitarla; Separated, documentario di Errol Morris sulla separazione delle famiglie al confine tra Messico e Stati Uniti, sotto la presidenza Trump; Songs of Slow Burning Earth, documentario di Olha Zhurba sugli ucraini in fuga dalla guerra e su quelli rimasti sotto continui bombardamenti; Russians at war della regista russo canadese Anastasia Trofimova, che per un anno ha seguito i soldati russi in combattimento sul fronte ucraino; Riefenstahl, sulla storia della regista Leni Riefenstahl autrice dei film di propaganda nazisti, storia quanto mai attuale in un mondo che vede il risorgere dei movimenti di estrema destra.