E’ l’attrice britannica Charlotte Rampling a tenere la laudatio della regista Liliana Cavani, alla quale questa sera nella Sala Grande del Palazzo del Cinema del Lido di Venezia, in occasione della serata inaugurale dell’80. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale, verrà consegnato il prestigioso Leone d’Oro alla carriera.
Charlotte Rampling è stata l’indimenticabile protagonista de Il portiere di notte (1974) di Liliana Cavani, al fianco di Dirk Bogarde, un film che ha segnato la storia della cinematografia.
“Sono molto felice e grata alla Biennale di Venezia per questa sorpresa bellissima“, ha dichiarato Liliana Cavani, per la prima volta alla Mostra di Venezia nel 1965 con Philippe Pétain: Processo a Vichy, Leone di San Marco per il documentario ed ora di nuovo alla mostra con L’ordine del Tempo presentato fuori concorso.
A proposito di questo riconoscimento, il direttore artistico Alberto Barbera ha affermato: “Protagonista tra i più emblematici del nuovo cinema italiano degli anni Sessanta, con un lavoro che in seguito attraversa oltre sessant’anni di storia dello spettacolo, Liliana Cavani è un’artista polivalente capace di frequentare la televisione, il teatro e la musica lirica con il medesimo spirito non convenzionale, e la stessa inquietudine intellettuale che hanno reso celebri i suoi film. Il suo è sempre stato un pensiero anticonformista, libero da preconcetti ideologici e svincolato da condizionamenti di sorta, mosso dall’urgenza della ricerca continua di una verità celata nelle parti più nascoste e misteriose dell’animo umano, fino ai confini della spiritualità. I personaggi dei suoi film sono calati in un contesto storico che testimonia una tensione esistenziale verso il cambiamento, giovani che cercano risposte a quesiti importanti, soggetti complessi e problematici nei quali si riflette l’irrisolto conflitto fra individuo e società. Il suo è uno sguardo politico nel senso più alto del termine, anti-dogmatico, non allineato, coraggioso nell’affrontare anche i più impegnativi tabù, estraneo alle mode, refrattario ai compromessi e agli opportunismi produttivi, aperto invece a una fertile ambiguità nei confronti dei personaggi e delle situazioni messe in scena. Una feconda lezione che è insieme di estetica e di etica, da parte di una protagonista del nostro cinema, che ne definisce la perenne modernità”.
Nata a Carpi, in provincia di Modena, laureata in lettere antiche all’Università di Bologna, diplomata al Centro sperimentale di cinematografia di Roma, Liliana Cavani realizza a partire dal 1962 importanti documentari alla Rai su tematiche forti, fra i quali Storia del Terzo Reich (1962), L’età di Stalin (1963), La casa in Italia (1964), Philippe Pétain: processo a Vichy.
Esordisce nel lungometraggio nel 1966 con il film, per la tv, Francesco d’Assisi, protagonista Lou Castel, opera presentata anche alla Mostra di Venezia e premiata come Miglior film al Festival di Valladolid. Sulla figura di Francesco tornerà nel 1989 con il film omonimo interpretato da Mickey Rourke, e nel 2014 con un nuovo film per la tv.
Le figure storiche di cui Liliana Cavani si occupa nel corso della sua carriera la interessano per l’attualità del loro insegnamento, che offre modelli non violenti di contestazione degli ordini esistenti. Ciò avviene anche nel caso di Galileo (1968), dove accanto al ritratto dello scienziato emerge l’inquieta figura di Giordano Bruno: vi si legge il conflitto seicentesco fra scienza e religione allusivo a quello moderno fra individuo e potere.
Gira poi I cannibali (1969), con Pierre Clémenti e Britt Ekland, opera metaforica che allude al “cannibalismo” del potere rispetto alle spinte antagoniste della società. Nel 1971 realizza, nuovamente per la tv, L’ospite (1971), interpretato da Lucia Bosè (inchiesta sul disagio mentale) e nel 1974 Milarepa, in concorso al Festival di Cannes, sull’esperienza mistica di un eremita tibetano.
Il grande successo di critica e pubblico arriva con Il portiere di notte (1974), interpretato da Dirk Bogarde e Charlotte Rampling, sul rapporto fra un ex torturatore delle SS e una prigioniera ebrea, vissuto nuovamente anni dopo la fine della guerra: il film riprende il tema dell’analisi del potere intrecciato all’ambiguità della natura umana. Tre anni dopo è la volta di Al di là del bene e del male, sul rapporto privato tra Nietzsche e Lou Andreas Salomé, seguito da La pelle (1981), tratto dal romanzo di Curzio Malaparte.
Prima del successo internazionale di Interno berlinese (1985), tratto da Tanizaki Jun’ichirō, torna nel 1982 alla Mostra di Venezia con un nuovo film sul tema della follia, Oltre la porta. Nel 1993 e ancora al Lido con Dove siete? Io sono qui, premiato con la Coppa Volpi per la Migliore attrice ad Anna Bonaiuto. Nel 2002 si cimenta nel genere thriller con Il gioco di Ripley, con John Malkovich.
È del 2012 la partecipazione alla Mostra di Venezia con il cortometraggio Clarisse, che vince il Premio Pasinetti, assegnato dal Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani (SNGCI). Nello stesso anno ottiene un David di Donatello speciale.