Nonostante il ritiro, causa lo sciopero di sceneggiatori ed attori americani, del film Challengers di Luca Guadagnino che, con la celebre attrice Zendaya, avrebbe dovuto aprire l’80ª edizione della Mostra del Cinema di Venezia (30 agosto-9 settembre) e di molte star americane che non hanno potuto partecipare, il festival artisticamente diretto da Alberto Barbera dimostra resilienza e voglia di continuare ad essere un’importante “finestra internazionale”: ben 54 le nazionalità presenti – in concorso e non – nelle varie sezioni del festival che, dopo quella dell’Oscar, è la più antica manifestazione cinematografica del mondo.
La Mostra veneziana punta dritto sull’Italia, con ben sei film in competizione su un totale di 23 titoli. Ad aprire l’80ma edizione sarà Comandante, di Edoardo De Angelis, con un Pierfrancesco Favino in versione marina militare dell’esercito regio e con i galloni dell’eroico Salvatore Todaro che, durante la Seconda guerra mondiale, in pieno Atlantico, salvò l’equipaggio nemico di un mercantile belga appena affondato. Sempre in tema di allusioni alla mancanza di umanità nei mari c’è il nuovo film di Matteo Garrone, Io capitano, che – ha assicurato Barbera presentando la rassegna – vede per la prima volta il regista romano senza il suo barocchismo stilistico nella sua narrazione naturalistica imperniata su due ragazze senegalesi che vogliono attraversare il Mediterraneo.
Incuriosisce già molto L’Enea di Pietro Castellitto (dell’attore, regista e scrittore Pietro Castellitto (Cencio in Freaks Out di Gabriele Mainetti e Totti nella serie-tv Speravo de morì prima): film definito da Barbera, parafrasando il titolo di un noto lungometraggio di Sorrentino “la Grande bruttezza su un’umanità cinica e ipocrita romana”, insomma la logica tappa per il trentenne Castellitto dopo il cinico I predatori e il romanzo Gli iperborei. C’è poi Lubo: “Non sono un grande fan di Giorgio Diritti – ha spiegato il direttore artistico di Venezia in quella che poteva diventare la gaffe del secolo – ma il suo film mi è piaciuto molto. Dura tre ore e racconta una storia di incredibile razzismo nei confronti di uno jenish, il rom svizzero Lubo Moser interpretato dall’eclettico Franz Rogowski. Sempre in casa Italia ci sono poi il kolossal di Saverio Costanzo, Finalmente l’alba, con Lily James, e Adagio di Stefano Sollima, ambientato in una sorta di presente apocalittico neroniano – una Roma piena di incendi per intenderci – con un cast di star (Favino, Servillo, Mastandrea, Giannini): e il tentativo dell’eterno enfant prodige romano, che ha sempre impressionato Hollywood, di diventare anche “autore” all’europea.

Per restare all’Italia sono previsti anche nella sezione Orizzonti Extra, l’esordio da regista dell’attrice Micaela Ramazzotti con Felicità (incentrato su una famiglia dai rapporti travagliati, con due genitori egoisti e manipolatori: la giovane Desirè è l’unica che può salvare suo fratello Claudio e lotterà fino alla fine per inseguire un po’ di felicità), e L’Ordine del tempo, il nuovo film – fuori concorso – della 90enne Liliana Cavani – tratto nientemeno che dal best seller del fisico Carlo Rovelli – alla quale verrà consegnato il più che meritato Leone alla carriera.
Fuori concorso, Luca Barbareschi torna a Venezia con il film da lui diretto e interpretato The penitent (racconta la storia di uno psichiatra, che vede la sua vita e la sua carriera andare in rovina).
Non c’è spazio per approfondire tutti i 23 titoli in Concorso per il Leone d’oro 2023, diciamo solo che oltre ai sei film italiani, ai sette americani (suscitano già molto interesse Priscilla, di Sofia Coppola: focus del film è la ricerca del punto di vista della moglie del re del rock and roll e ciò si distacca dalla tradizionale narrativa dei film dedicati precedentemente ad Elvis Presley. ed alla sua relazione coniugale, offrendo uno sguardo femminile; e Origin di Ava DuVernay, incentrato sullo scontro razziale statunitense (con questo film la DuVernay fa la storia, diventando la prima regista afroamericana in concorso); tre francesi (La Bête di Bertrand Bonello, liberamente tratto da un racconto di Henry James, che affronta l’attualissimo argomento dell’intelligenza artificiale; Hors-saison di Stéphane Brizé che racconta di una coppia, Guillaume Canet e Alba Rohrwacher, a 16 anni dalla separazione; Dogman, di Luc Besson: un action movie ambientato nel New Jersey e con il tanto apprezzato Caleb Landry Jones di X-Men e Get Out); due titoli polacchi (con il ritorno della sempre amata Agnieska Holland con The Green Border che documenta la violenza sui profughi al confine tra il suo paese, la Polonia, e la Bielorussia); un film danese, Bastarden di Nicolaj Arce (Ludwig von Kahlen – l’attore Mads Mikkelsen – è un ex soldato che cerca di fare fortuna addomesticando l’allora selvaggia brughiera dello Jutland danease, in modo che possa essere destinata alla coltivazione); il ritorno dell’oscarizzato Kyusuke Hamaguchi (quello di Drive my car) con Evil does not exist; il thriller tedesco Die theorie von allem di Timm Kroger; il belga Holly di Fien Troch (regista belga già vincitrice del premio alla miglior regia ad Orizzonti con Home), e infine l’amato Pablo Larrain che con El Conde propone un Pinochet vampiro che risorge post mortem per succhiare altro sangue cileno.
Molto nutrito, ma anche già premonitore di possibili contestazioni, il programma dei film Fuori Concorso e delle sezioni collaterali.
Il malvoluto da tutti Woody Allen, con Coup de Chance, e Roman Polanski, con The Palace, entrambi fuori concorso, sono destinati probabilmente a più di una polemica, insieme al già menzionato Luc Besson: tutti e tre sono stati coinvolti in casi di abusi sessuali e finiti sotto processo, nel caso dell’89/enne regista di origine polacca con condanna in contumacia. “Mi schiero tra coloro che distinguono le responsabilità dell’uomo dall’artista – ha detto Barbera nella presentazione del programma, rivendicando le sue scelte – e Polanski, che non potrà venire per non rischiare l’estradizione, è un maestro riconosciuto. Allen invece ci sarà, assolto peraltro due volte, mentre per Besson non si è arrivati al processo“.
Ma Venezia è molto altro, con una line up di film attesi come Maestro, seconda regia dell’attore Bradley Cooper che qui si dedica alla biografia del compositore Bernstein nel rapporto con la moglie amatissima (Carey Mulligan); The Killer, che segna il ritorno di David Fincher con un violento thriller con Michael Fassbender; Povere Creature!, film di Yorgos Lanthimos interpretato da Emma Stone: nel film Disney è una specie di Frankenstein femminile spinta da insaziabile voracità sessuale; Ferrari di Michael Mann con Adam Driver nei panni del genio dell’automobile e con Penelope Cruz sua moglie Laura.
In tema vintage, Barbera non si è fatto mancare il leone William Friedkin (profondo innovatore del poliziesco e dell’horror, tanto da essere soprannominato il regista del Male, recentemente scomparso) con The caine mutiny court-martial con Kiefer Sutherland, Richard Linklater e i 40 minuti di The wonderful story of Henry Sugar di Wes Anderson e con Ralph Fiennes e Benedict Cumberbatch.
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