Santiago Mitre è stato giustamente definito dal direttore della Mostra del cinema Alberto Barbera “uno dei più interessanti registi sudamericani della sua generazione”. Noto al pubblico dei festival dal 2011, quando con El Estudiante vince il gran premio della giuria a Locarno, Mitre possiede due qualità importanti per un narratore, vale a dire una chiarezza di racconto notevole e soprattutto la capacità di toccare temi drammatici mantenendo un tocco lieve, senza per questo svalutarli.
Argentina 1985, che giunge in concorso qui al Lido, conferma queste doti, addentrandosi nel dramma della dittatura e dei desaparecidos argentini con grande efficacia, senza banalizzare nulla della tragedia spaventosa del popolo sudamericano, ma riuscendo a puntellare il racconto con delle sferzate di ironia e dei piccoli passaggi da commedia che riescono a rendere il film coinvolgente ed efficace.
L’opera si concentra sul “processo del secolo” per il popolo argentino, quello che nel 1985 vede portati alla sbarra di un tribunale civile i generali protagonisti della sanguinosa stagione della dittatura fascista, Jorge Videla in testa. Protagonista è il pubblico ministero Julio Strassera, perfettamente interpretato da Riccardo Darìn, un everyman che si ritrova caricato del peso del riscatto morale di una nazione intera e schiacciato dalle minacce di chi vorrebbe insabbiare le responsabilità di quella drammatica stagione. Accanto a lui, un giovane team di studenti di legge, laureandi e assistenti, che saranno la vera forza del magistrato, a rappresentare le nuove generazioni che, nell’Argentina finalmente democratica, non possono che vedere con disprezzo il retrivo conservatorismo dei “generali”. Girato con i tempi di un legal drama robusto e solido, supportato da un cast perfetto e da un narratore dalla mano sicura e asciutta come Mitre, Argentina 1985 è un preciso monito antifascista, un testo diretto ed efficace che ribadisce in modo esemplare, con due parole, l’unico modo possibile per “ricordare” il fascismo: Nunca Màs.