La 79/a Mostra del cinema di Venezia (31 agosto – 10 settembre) – un’edizione che coincide con i 90 anni dalla prima edizione – ha battuto il suo primo lungo ciak con l’annuncio dei film in programma da parte del direttore artistico della rassegna, Alberto Barbera, assieme al presidente della Biennale di Venezia, Roberto Cicutto.
Si preannuncia un‘edizione davvero speciale, non solo per il ricchissimo elenco di film e tematiche in concorso, tra cui ben cinque film italiani, ma anche per le tante star, italiane e internazionali, attese al Lido.
Seguendo uno dei temi cardine di questa edizione, ossia quello di una ricerca e una ridefinizione del concetto di comunità, la conferenza stampa di presentazione del programma è cominciata con un importante appello e un significativo ricordo.
“Si dice che i festival – ha detto il direttore artistico – sono finestre aperte sul mondo è forse questa è un’immagine abusata, ma è vero che da questa finestra assistiamo a cose che non ci piacciono. Non avremmo mai pensato di doverci confrontare con la guerra di aggressione in Ucraina, con le democrazie minacciate dall’imperialismo di Putin, con i tre cineasti iraniani dissidenti Jafar Panahi – in concorso in questa edizione con il suo quinto film girato in condizione di clandestinità Khers Nist (No Bears) -, Mohammad Rasoulof e Mostafa Al Ahmad arrestati e condannati senza processo a 6 anni di carcere e con la condanna della giovane produttrice turca Cigdem Mater”.
Barbera ha poi ricordato il cineasta Mantas Kvedaravičius, morto sotto le bombe russe mentre cercava di documentare il conflitto ucraino e ha poi aggiunto che a breve la Biennale annuncerà le sue iniziative in difesa del popolo ucraino.
A sottolineare ulteriormente la nuova strada scelta da questa eclettica edizione della Mostra veneziana c’è il manifesto: l’immagine scelta raffigura infatti una Leonessa che si libra in alto su sfondo d’oro: riferimento ai manifesti dei primi decenni del Novecento. La Mostra, dopotutto, è sempre stata classica, ma anche provocatoria. Insomma, dopo 90 anni, il Leone di Venezia, simbolo della Mostra, è ora diventato una Leonessa che vola attraverso la storia con energia e leggerezza, simbolo di speranza, lontano dall’aggressività e dalla ferocia.
Sarà un Festival che, stando ai film in programmazione, sarà all’insegna della necessità di ridefinizione di concetti quali quelli di identità, tempo e la già citata comunità. A cominciare da cinque film italiani: Il signore delle formiche di Gianni Amelio, con Luigi Lo Cascio, Elio Germano e Sara Serraiocco; Bone and All di Luca Guadagnino, con Timothée Chalamet e Taylor Russell; Chiara di Susanna Nicchiarelli, con Margherita Mazzucco; Monica di Andrea Pallaoro, con Trace Lysette, Patricia Clarkson e Adriana Barraza; L’immensità di Emanuele Crialese con Penelope Cruz, Luana Giuliani e Vincenzo Amato.

Il Signore delle Formiche – Il film ricorda un processo che, alla fine degli anni 60, fece molto scalpore e si celebrò a Roma contro il drammaturgo, sceneggiatore e poeta antifascista Aldo Braibanti, condannato a nove anni di reclusione, con l’accusa di plagio, cioè di aver sottomesso alla sua volontà, in senso fisico e psicologico, Giovanni Sanfratello, un suo studente e amico da poco maggiorenne (il reato, previsto dal Codice Rocco fascista, fu poi cancellato dal codice penale pochi anni dopo la condanna: Braibanti rimase in carcere due anni. Il processo, durato ben quattro anni, rivelò rapidamente la sua natura politica, proponendosi come l’estremo tentativo del vecchio ordine sociale di imporre i propri valori contro la marea montante del Sessantotto Ndr). E’ un film a più voci dove, oltre all’imputato, hanno rilevanza i famigliari, amici, sostenitori e un’opinione pubblica per lo più purtroppo distratta o indifferente. Solo un giornalista s’impegna a ricostruire la verità, affrontando sospetti e censure. Marco Bellocchio, che fu uno dei firmatari per la richiesta di cancellazione del reato, ha prodotto il film.

Chiara – Chiara ha diciotto anni, e una notte scappa di casa per raggiungere il suo amico Francesco: da quel momento la sua vita cambia per sempre. La storia di una santa, di una ragazza e del suo sogno di libertà. “La storia di Chiara e Francesco è entusiasmante – ha detto la regista, Susanna Nicchiarelli -. Riscoprire la dimensione politica, oltre che spirituale, della “radicalità” delle loro vite, della scelta di condurre un’esistenza sempre dalla parte degli ultimi, ai margini di una società ingiusta: la vita di Chiara ci restituisce l’energia del rinnovamento, l’entusiasmo contagioso della gioventù, ma anche la drammaticità che qualunque rivoluzione degna di questo nome porta con sé”.

Bones and all – Un film in cui il cannibalismo ha anche… un aspetto romantico! E’ stato ispirato dall’omonimo romanzo di Camille DeAngelis. La giovane Maren si mette alla ricerca del padre che non ha mai conosciuto: il suo scopo è capire perché sente l’impulso di uccidere e mangiare le persone che le vogliono bene. E’ anche la storia del primo amore tra Maren, una ragazza che sta imparando a sopravvivere ai margini della società, e Lee, un solitario dall’animo combattivo. “C’è qualcosa in coloro che vivono ai margini della società che mi attrae e mi emoziona – ha affermato il regista, Luca Guadagnino –. Amo questi personaggi. Il film è per me una riflessione su chi si è, e su come si possa superare ciò che si prova, specialmente se è qualcosa che non si riesce a controllare in sé stessi”.
L’Immensità – Roma, anni 70: un mondo sospeso tra quartieri in costruzione e varietà ancora in bianco e nero, conquiste sociali e modelli di famiglia ormai superati. Clara e Felice si sono appena trasferiti in un nuovo appartamento. Il loro matrimonio è finito: non si amano più, ma non riescono a lasciarsi. A tenerli uniti, soltanto i figli su cui Clara riversa tutto il suo desiderio di libertà. “E’ il film che inseguo da sempre, è sempre stato “il mio prossimo film”, ma ogni volta lasciava il posto a un’altra storia, come se non mi sentissi mai abbastanza pronto, maturo, sicuro – ha spiegato il regista Emanuele Crialese. È un film sulla memoria che aveva bisogno di una distanza maggiore, di una consapevolezza diversa. Come tutti i miei lavori, in fondo è prima di tutto un film sulla famiglia: sull’innocenza dei figli, e sulla loro relazione con una madre che poteva prendere vita solo nell’incontro, artistico e umano, con Penélope Cruz, con la sua sensibilità e la sua straordinaria capacità di interazione con tre giovanissimi non attori che non avevano mai recitato prima”.

Monica – Monica torna a casa per la prima volta dopo una lunga assenza. Ritrovando sua madre e il resto della sua famiglia, da cui si era allontanata da adolescente, intraprende un percorso nel suo dolore e nelle sue paure, nei suoi bisogni e nei suoi desideri fino a scoprire dentro di sé la forza per guarire le ferite del proprio passato. Il ritratto intimo di una donna che esplora i temi universali dell’abbandono e dell’accettazione, del riscatto e del perdono. “Negli ultimi anni, il confronto con la malattia di mia madre mi ha portato a riflettere sul mio passato e sugli effetti psicologici dell’abbandono – ha spiegato Andrea Pallaoro – . A partire da questa esperienza ho voluto raccontare una storia che esplorasse la complessità della dignità umana, le conseguenze profonde del rifiuto e le difficoltà nel guarire le proprie ferite”.
Film di apertura della 679/a Mostra del cinema di Venezia sarà White Noise, scritto e diretto da Noah Baumbach, con Adam Driver, Greta Gerwig, Don Cheadle e Raffey Cassidy.
Si tratta del ritorno al Lido di Baumbach, dopo aver presentato nel 2019 ‘Marriage Story-Storia di un matrimonio’. Adattata dal grande romanzo di Don DeLillo, Baumbach ha realizzato un’opera che – a detta del cast – gioca con misura su più registri: drammatico, ironico, satirico. “E’ un film – ha detto il regista – che esamina le nostre ossessioni, i dubbi e le paure radicate negli Anni 80, ma con riferimenti molto chiari alla realtà contemporanea. Racconta i tentativi di una famiglia americana nell’affrontare i conflitti mondani della vita quotidiana, alle prese con i misteri universali dell’amore e della morte, e la possibilità della felicità in un mondo incerto”.

Sarà l’attrice statunitense Julianne Moore a presiedere la Giuria internazionale, composta da Mariano Cohn (Argentina), regista, sceneggiatore e produttore; Leonardo Di Costanzo (Italia), regista e sceneggiatore; Audrey Diwan (Francia), regista; Leila Hatami (Iran), attrice; Kazuo Ishiguro (Giappone), scrittore e sceneggiatore; Rodrigo Sorogoyen (Spagna), regista, sceneggiatore e produttore.
Durante la rassegna veneziana verrà consegnato il Leone d’Oro alla carriera all’attrice Catherine Deneuve e al regista, sceneggiatore Paul Schrader.