Dall’esordio con Pummarò (1990) a L’ombra di Caravaggio (2022), suo quattordicesimo film da regista e presentato in anteprima mondiale alla Festa del cinema di Roma 2022, i lavori di Michele Placido hanno sempre affrontato tematiche controverse e delicate (vedi Romanzo criminale, con le vicende della banda della Magliana, 8 David di Donatello e 5 Nastri d’argento; Il grande sogno sulle lotte studentesche italiane degli anni ’60; Vallanzasca – Gli angeli del male sulla vita del criminale milanese Renato Vallanzasca).
Con L’ombra di Caravaggio, nel quale anche recita con la maestria di sempre, Michele Placido, in sintonia con la conflittualità già presente nei suoi migliori lavori precedenti, presenta (nella sceneggiatura scritta insieme a Sandro Petraglia e Fidel Signorile) il classico scontro fra libertà e arroganza del potere, fra genialità e suoi limiti, non soffermandosi tanto sullo stile, i colori e la tecnica pittorica, l’estetica del grande artista (evitando così il rischio di farne un documentario) quanto sul carattere, esteriore ed interiore, e i reali fatti di vita che furono alla base delle sue controverse opere che mischiano per certi versi sacro e profano.
Per il suo quattordicesimo film da regista, Michele Placido ha voluto dare vita ad un’idea avuta nel lontano 1968 quando, ventiduenne e arrivato a Roma da Ascoli Satriano, frequentava l’Accademia d’arte drammatica e vide per la prima volta la statua di Giordano Bruno nella piazza romana di Campo de’ Fiori: un dialogo tra Caravaggio e filosofo (Gianfranco Gallo nel film). Per realizzare dopo tanti anni questa difficile idea si è inventato “l’ombra”.
Siamo a Napoli, nel luglio del 1609. Michelangelo Morisi (alias Caravaggio-Riccardo Scamarcio) è già un famoso artista geniale e ribelle, contro un potere che non può accettare la sua urgenza di verità e nei confronti delle regole imposte dal Concilio di Trento che tracciava le coordinate sulle modalità di rappresentazione dell’arte sacra. Appreso che l’artista (ispirato da fatti della vita tormentata da lui vissuta) inseriva nei suoi dipinti sacri prostitute, ladri e vagabondi, Papa Paolo V decide di trasformare un sacerdote integralista in un “agente segreto ombra” del Vaticano (Louis Garrel) con il compito di indagare il pittore e il suo mondo di conoscenze e connivenze per capire se concedere o meno la grazia che il pittore chiedeva dopo la sentenza di condanna a morte, per decapitazione, per aver ucciso in duello il 28 maggio 2006 il ternano Ranuccio Tommasoni, suo rivale in amore e a cui doveva dei soldi (i due erano rivali anche dal punto di vista politico: Caravaggio era infatti un protetto dell’Ambasciata di Francia, mentre Tommasoni era filo-spagnolo, ndr).
Ricercato, Caravaggio trova rifugio presso il palazzo della nobildonna Costanza Sforza Colonna – Isabelle Huppert (sorella del potente cardinale Ascanio Colonna), in attesa della grazia.
Il film parte da qui per portarci poi a conoscere il Caravaggio ribelle e inquieto, cristiano devoto e scandaloso, indipendente e trasgressivo, un “pittore maledetto”, una “rockstar artistica” dalla vita spericolata e altamente trasgressiva con la sua bisessualità spesso esercitata: potremmo dire un Pasolini ante litteram che anziché frequentare i salotti borghesi si intratteneva con delinquenti, canaglie di ogni tipo, prostitute e uomini di strada. All’Ischia Film Festival 2019, dove fu insignito del Premio alla carriera, Michele Placido presentando il suo futuro progetto, disse: “Caravaggio è un artista ancora non sufficientemente conosciuto. Nasce artisticamente nella scuola lombarda, arriva a Roma per mettere in scena la Bibbia e il Vangelo, ma lo fa usando come modelli poveri e puttane, facendoli santi. Questa è stata la sua vera grandezza. Muore assassinato su una spiaggia, come Pier Paolo Pasolini, altro grande artista contro. Alla fine, chi vuole cambiare le cose ci rimette sempre le penne”. Nella conferenza stampa seguita alla proiezione il regista pugliese ha detto: “Caravaggio? Oggi avrebbe fatto il reporter di guerra, per la sua grande capacità di immortalare il momento”.
Riccardo Scamarcio ha spiegato così il suo approcciato al personaggio di Caravaggio. “Mi sono concentrato sui punti in comune con lui, come il fatto di essere due provinciali, arrivati a Roma con una passione, per me il cinema e per lui la pittura. Lui è per me un personaggio come Elvis Presley, un ragazzo di provincia con una grande energia, passione e talento e grande rigore, per certi versi, verso la pittura”.
Se non si possono che lodare la magnifica fotografia di Michele D’Attanasio (con quel suo coinvolgente contrasto fra oscurità diffusa e illuminazione funzionale che ben ricorda i quadri di Caravaggio), la scenografia di Tonino Zera e i costumi di Carlo Poggioli, qualche perplessità suscitano invece il tono troppo monocorde, ed anche esagerato dell’Ombra e il continuo risaltare la libertà dell’artista che deve anche significare il rifiuto delle pressioni esterne. Mi ha colpito in negativo anche quel romanesco “Aò” detto da Caravaggio che invece era milanese! In definitiva, comunque, un film sufficientemente accattivante.
Per lo storico Vincenzo Pacelli i fatti riguardanti la morte di Caravaggio non coincidono con quelli del film, ma, da non esperto, lascio a tutti, me compreso, il piacere di documentarsi a fondo.
Il film oltre alle star sopra già menzionate, comprende anche Micaela Ramazzotti, Moni Ovadia, Tedua, Vinicio Marchioni, Alessandro Haber e Lolita Chammah. Il film sarà nelle sale italiane dal 3 novembre prossimo.