Un thriller psicologico, allegoricamente coniugato con il recente lockdown, dove realtà, allucinazioni e paranoia si confondono a ritmo, anche musicale, sempre più crescente fino a confluire in un finale ad effetto. Come si conviene a un thriller.

Questo è Vetro-Crystal Girl, presentato in anteprima mondiale al Bif&st di Bari e opera prima di Domenico Croce, vincitore del Premio David di Donatello nel 2021 per il cortometraggio Anne). Sceneggiato da Ciro Zecca e Luca Mastrogiovanni, ha per protagonisti Carolina Sala (“La guerra è finita”, “Pezzi unici”), Tommaso Ragno (“Siccità”, “Il cattivo poeta”) e Marouane Zotti (“In memoria di me”, “May I Destroy You”). Prodotto da Daniele Basilio e Silvio Maselli per Fidelio e da Vision Distribution.
Lei (Carolina Sala), epigone degli hikikomori, è una ragazza che da molto tempo non esce dalla propria stanza (“Meglio non confrontarsi con la merda che c’è fuori”, spiega al padre preoccupato – Tommso Ragno – al quale non è però permesso l’ingresso). Vive con il suo cane e il cibo le viene passato attraverso un bassa porticina quadrata. La rigida, alienante routine quotidiana della fragile ma complessa ragazza viene interrotta quando, osservando dalle fessure della persiana, si convince che nel palazzo di fronte una donna è tenuta segregata ed è forse anche ferita, come suggerisce la vista di un uomo che tiene in mano un lenzuolo macchiato di sangue. La ragazza inizia così a combattere tra il desiderio di salvarla e l’impossibilità di uscire dalla propria prigione. Durante la sua indagine conosce Dev (Marouane Zotti), un ragazzo più grande con il quale inizia una relazione on-line – fatta di chat, passi di danza via webcam, videochiamate – e che sarà suo complice nel capire cosa sta succedendo realmente nel palazzo di fronte. Ma dietro un Vetro non tutto è davvero come appare…

Il film – girato negli studi di Cinecittà durante la pandemia – porta subito alla memoria dello spettatore i tanti mesi di segregazione sociale e psicologica vissuti con il lockdown, quando la socialità era solo una chimera. Un film genialmente “claustrofobico” che più che La finestra sul cortile di Alfred Hitchcock (1954), fa tornare alla mente Shdows (di Carlo Lavagna, 2020) e Requiem for a Dream (di Darren Aronofsky, 2000) con le loro ambientazioni cupe e oniriche, ritmo incalzante e montaggio convulso.

Il vetro, sinonimo per eccellenza della trasparenza, diventa nel film il tramite delle differenze, incomprensioni generazionali, uno strumento per demonizzare i tanti hikikomori che le moderne tecnologie stanno partorendo.
L’opera prima di Domenico Croce, pur se per nulla semplice, scorre bene, con rare cadute di ritmo o narrative, e mentre fa l’occhiolino al recente passato allo stesso tempo fa riflettere, senza ipocriti didascalismi, sulle nostre schiavitù e alienazioni quotidiane di cui siamo più o meno coscienti, vedi, per esempio, la dipendenza da strumenti elettronici e social. Quindi, per certi aspetti il film può essere considerato un inno alla vita vera, alla socialità fatta di presenze reali, non via etere.

Un menzione particolare merita la riuscitissima interpretazione di Carolina Sala, sulle cui spalle si appoggia, senza stancare, quasi tutto il film: una padronanza di se stessa che fa ben sperare per il futuro.
“Vetro-Crystal Girl – ha detto il regista – è un racconto sulla capacità di restare aggrappati a se stessi quando gli affetti intorno scarseggiano. Per questo motivo ho deciso che il punto di vista migliore sarebbe stato quello della ‘forza interiore’ della protagonista: come un personaggio invisibile – a volte alleato altre distratto – che osserva silenziosamente ogni suo movimento e spesso si mette in gioco per lei”.