È stata l’ultima opera scritta nel 1933 da Kurt Weill prima dell’esilio che lo porterà infine a trasferirsi a New York per sfuggire alla persecuzione nazista. È un dramma per musica, non un’opera tradizionale, un lavoro di ricerca messo in scena pochissime volte, tra queste nel 1980 a New York con il di libretto di Georg Kaiser tradotto in inglese. Adesso la fiamminga Opera Ballet Vlaanderen, con sede ad Anversa e Gand, ha riproposto “Der Silbersee” (Il Lago d’argento) affidandolo ad un giovane regista tedesco, Ersan Mondtag, che per la stessa casa d’opera ha firmato nel 2020 pure la ripresa di quell’altro capolavoro oggi poco conosciuto che è “Der Schmied von Gend” (Il fabbro di Gand) di Franz Schreker. Tutte e due opere osteggiate dal nazismo e le cui rappresentazioni sono state bloccate dopo poche recite perché considerate opere degenerate, in più la partitura per pianoforte di “Der Silbersee” è finita nel rogo di libri a Berlino del 10 maggio 1933. “Der Schmied von Gend” è stata, per coincidenza, l’ultima opera che è andata in scena ad Anversa prima della chiusura a causa della pandemia ed adesso “Der Silbersee” segna invece il ritorno del pubblico in sala.

Mondtag, che è pure lo scenografo, con Schreker aveva calcato la mano su una lettura politica del dramma, collegandola alle nefandezze del colonialismo, in modo eccessivo, troppo slegato al libretto originale. In Der Silbersee invece, pur optando sempre per soluzioni un po’ folli ed estreme, è riuscito a dare una lettura attualizzata e impegnata del lavoro di Weill senza stravolgerlo, mantenendo lo spirito originale dell’avanguardia teatrale tedesca di quegli anni fatta insieme di denuncia e di sorriso, di provocazione e di poesia pura, di musica “alta”, di jazz e canzoni da cabaret, che aveva già portato nel 1928 alla realizzazione di quella pietra miliare del teatro moderno che è “Die Dreigroschenoper” (L’Opera da tre soldi) di Bertolt Brecht con le musiche, appunto, di Kurt Weill.

A rendere questa nuova produzione memorabile è anche un gruppo di attori/cantanti con capacità interpretative straordinarie, a cominciare dal baritono belga Benny Claessens, che ha già lavorato con Mondtag in Germania e perfetto nel concretizzare le idee del regista, davvero strepitoso nel ruolo del protagonista Olim, un poliziotto che ferisce gravemente un giovane, Severin, che ha rubato un’ananas, se ne pente, anche perché entrambi sono in fondo vittime della povertà, Olim è, infatti, poliziotto solo per lo stipendio e vince, miracolosamente, una vincita alla lotteria che gli consentirà di occuparsi del ragazzo. Ma il regista trasporta tutta la vicenda in un futuro prossimo, il 2033, non molto lontano ma dove il mondo è già popolato de mutanti deformi, esattamente quindi a 100 anni dalla prima rappresentazione a Lipsia di “Der Silbersee” nel 1933, immaginando che in un teatro fiammingo per l’occasione si sta provando la messa in scena dell’opera. Benny Claessens che interpreta Olim è anche il Direttore della compagnia, dalle idee antifasciste, sotto pressione perché si annuncia la prossima elezione di un partito nazionalista, così come dovevano essere stati sotto pressione Weill e il librettista Kaiser, prima dell’avvento del terzo Reich.

Il sipario si apre quindi su un altro sipario che svela una funzionale struttura roteante composta da tre scenografie, e tutta la vicenda, arricchita dagli intermezzi della troupe che prova, dagli 80 minuti originali diventa un’opera di tre ore, (compreso l’intervallo), che volano via invenzione dopo invenzione. Il libretto originale è stato arricchisce con nuovi testi in inglese e fiammingo del drammaturgo tedesco Till Briegleb. Se il lago in realtà non si vede, ma ci sono le nuvole sopra il suo orizzonte, trovata che funziona benissimo anche come sfondo del furto dell’ananas, simbolicamente un pezzetto di paradiso ma anche bomba a mano perché Severin non è più solo un povero ma anche un guerrigliero, gli altri due ambienti sono un del castello che Olim acquista con i soldi della lotteria e dove va a vivere con Severin, ruolo affidato al giovane bravo tenore spagnolo Daniel Arnaldos, e una nobildonna decaduta, Frau Luber, ridotta a fare la governante, l’attrice e mezzosoprano olandese Elsie De Brauw, che tramerà per riappropriarsi della dimora (ristabilire l’ordine, secondo lei), riuscendoci.

I costumi bellissimi sono di Josa Marx – che ha vinto nel 2020 un Opera Award per il sopracitato “Der Schmied von Gent” – coloratissimi, un mix d’ispirazione di regimi totalitari del passato e del presente e loro oppositori, tra terroristi mediorientali e martiri cristiani, l’antico Egitto e l’iconografia di paesi asiatici totalitari d’oggi quali la Cina a la Corea, molto eleganti nelle scene nel castello. Nulla è lasciato al caso ed ogni particolare, per quando bizzarro possa sembrare a prima vista, si rivela invece subito follemente carico di rimandi di senso, a volte un po’ ingarbugliati, ma sempre con un loro perché. Severin, ad esempio, è divertentissimo sulla sedia a rotelle addobbato come il giovane Tutankhamon oppure Olim, nel finale, in tutina sadomaso perché in realtà ha un desiderio sessuale di Severin, od ancora Frau Luber ed il barone vestiti come personaggi dell’Opera di Pechino con tanto di bandiere sulle spalle, eroi di una lotta di classe al contrario. Cosi come sono divertentissime il soprano Hanne Roos e l’attrice Marjan De Schutter che dividono il ruolo di Fennimore, la nipote/cameriera/arpista di Frau Luber. La De Schutter, in particolare, davanti al sipario chiuso, mentre c’è il cambio scena, riprende la struggente ballata sulla morte di Cesare e strappa assai meritatamente applausi a scena aperta. Da citare anche il tenore americano James Kryshak nel doppio ruolo dell’uomo/fatina della lotteria, con bizzarro vestito-castello, e del perfido barone Laur.

Der Silbersee è, abbiamo detto, un ibrido tra teatro e opera, con molte scene parlate, con gli attori che si rivolgono al pubblico in sala, ma anche tante arie e un coro ben presente, sfida i limiti dei generi, ed il regista Mondtag lo legge anche in un’ottica “queer” giocando quindi pure a confondere le identità, e se allora i nazisti lo bollarono come “lavoro musicale bastardo”, oggi rivela ancora tutta la sua afreschezza e modernità anche grazie alla lettura ispirata di Ersan Mondtag. Sul podio, a dirigere l’Opera Vlaanderen Symphony Orchestra, il direttore belga Karel Deseure è bravo a mescolare i generi musicali garantendo unità da tra citazioni di Bach e cancan da cabaret, peccato solo per alcune piccole distorsioni di suono.
Sino al 25 settembre a Gand, poi dal 3 al 16 ottobre ad Anversa.