Una delle più belle reazioni alla morte di Franca Valeri girava su Facebook a firma Luca di Ciaccio e cita: “Morire una settimana dopo le celebrazioni per i cento anni appena compiuti, con tutti i coccodrilli già sfornati e gli omaggi già pubblicati e messi in onda, è l’ultimo sublime atto di comicità per noi cretinetti che parliamo da soli”.
La più commovente è stata quella del suo compagno di tante scene, Urbano Barberini, che ha scritto: “Mi manca il tuo braccio che si appoggiava a me e mi sosteneva”.
La pioggia di omaggi a Franca Valeri è stata fitta e lunga, incessante e quasi sorprendente, non per l’innegabile immensità dell’artista, ma perché durante la sua vita il mondo cosiddetto intellettuale dello spettacolo italiano l’aveva sempre guardata con sospetto, una donna mai schierata, una donna senza compromessi, una donna sempre se stessa (“mi fido di coloro che non cambiano mai taglio di capelli” disse una volta presentando Emma Bonino).
Una donna, insomma, che era arrivata senza l’ausilio di maschi, anzi diciamo che era stata lei a far brillare attori famosi sulla scena o sullo schermo. L’omaggio forse più bello è, secondo noi, quello sui giornali stranieri che la ricordano già dai titoli come la pioniera della comicità italiana, colei che si è fatta strada in un mondo completamente maschile, un dato quasi sempre ignorato dai media italiani. La grandezza e bellezza di Franca è di non aver dato lei stessa grande importanza al fatto che era la prima donna comica a scriversi i testi e ad avere successo per quello che aveva scritto e interpretato.

Nata a Milano col nome di Alma Franca Maria Norsa il 31 luglio 1920 da padre ebreo e mamma cattolica, Franca era sopravvissuta – anche grazie al suo acume – alla guerra e alle leggi razziali. La sua famiglia era una di quelle bene, come si usa dire, amica dei Bompiani e frequentatrice di un’alta borghesia che dà alla piccola Franca materiale per personaggi che crea e presenta in famiglia o fra le amiche. Franca rimane affascinata dal palcoscenico andando a La Scala col papà – rimarrà un’amante dell’Opera, una grande connoisseur e diventerà regista d’opera, creando anche un importante concorso internazionali per giovani cantanti.
I suoi personaggi arrivano al grande pubblico grazie alla trasmissione radiofonica “Il Rosso e il Nero” da cui sono usciti tantissimi grandi nomi del nostro spettacolo. Diventa in breve famosa per le sue donne e per essere componente del gruppo cabarettistico de I Gobbi, con Vittorio Caprioli e Alberto Bonucci. Il primo gruppo di cabaret italiano ad avere grande successo, anche fuori dell’Italia. Lei è la prima a fare le sue donne, scritte da lei, a Parigi, in francese. Lei è la prima a scriversi le parti nelle sceneggiature di film a cui veniva chiamata a partecipare. La prima a scrivere soggetto e sceneggiatura di un film da lei interpretato con la regia di suo marito, l’attore Vittorio Caprioli, dal titolo “Parigi, o cara”. La prima a mettere in un film – quel film – un personaggio omosessuale che viene scoperto e accettato con poche battute (“Ma che sei tinto?” “Sì” “ma che fossi…?” “Sì” “ah no‘o sapevo”). La prima anche ad accettare l’appellativo di bruttina sui giornali, nelle trasmissione televisive, lei che bruttina non lo era davvero, ma che all’epoca secondo il pensiero comune (e quindi i media) doveva fare a gara con le maggiorate del momento come Sophia Loren o Gina Lollobrigida. Quando i maschi conduttori le caratterizzavano con la parola ‘bruttina’, lei rispondeva con un sorriso di circostanza e con l’eleganza che l’ha sempre contraddistinta.
Scoprire adesso tutto quello che ha scritto, interpretato, diretto, detto o suggerito fa capire quale immensa artista e che persona di enorme spessore, generosa, intelligente, osservatrice e soprattutto non giudicante sia stata.

Leggere i suoi libri, fino all’ultimo pubblicato nel 2019, “Il Secolo della Noia”, leggere i suoi testi teatrali, rivedere le sue donne e i suoi spettacoli, sentire le sue interviste: si potrebbe dire che è un dovere, ma in realtà è un favore che si fa a se stessi. Franca riesce a condurre il pensiero attraverso strade non immaginate e rende migliori. Franca non voleva essere considerata vecchia e comportarsi da tale. Viveva la vita e la sua mente è rimasta brillante fino all’ultimo. Scoprirla o riscoprirla potrebbe essere considerato un elisir di lunga vita. E lei la vita l’ha avuta decisamente lunga e bellissima.
Se volete scoprire il suo archivio, sarà disponibile presso l’Accademia dei Filodrammatici a Milano a partire, probabilmente, dal 2021. Se invece volete ricordarla, potete fare una donazione alla Onlus da lei creata, la Onlus Franca Valeri, per i cani abbandonati.