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October 6, 2019
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Joker, un film troppo violento? La realtà in cui viviamo è molto peggio

Uscito il 3 ottobre nelle sale, il film diretto da Todd Phillips e interpretato da Joaquin Phoenix incarna il reale disagio di vivere

Manuela CaracciolobyManuela Caracciolo
Time: 6 mins read

E’ stato premiato come miglior film al Festival internazionale del cinema di Venezia, in profumo di oscar la regia di Todd Phillips ( The hangover 1.2.3) e l’interpretazione magistrale di Joaquin Phoenix. La pellicola si chiama Joker  e tutti gli americani ne hanno sentito parlare come “un film di cui avere paura e da non vedere perchè istigherebbe all’omicidio..” . Nulla di più sbagliato…

La polemica è tornata sulle pagine dei giornali in queste settimane, non solo per il nuovo film DC scritto e diretto da Todd Phillips … per lo meno prima che la major decidesse di cancellarne l’uscita a causa delle recenti sparatorie di massa avvenute a El Paso e Dayton, Stati Uniti, anche spinta dalle pressioni del presidente Donald Trump, che ha citato proprio il film di Lindelof in un recente discorso sulla violenza nel proprio paese.

Se si riflette un attimo non si può temere una serie di scene impresse sullo schermo, convivendo quotidianamente con le notizie di stragi, guerre civili, povertà, emarginazione, rifiuto del diverso.

Chi lo ha già visto lo sa, e come ha scritto Michael Moore nella sua spontanea recensione al film pubblicata su FB  “il pericolo che si corre è NON vedere questo film”. Lo stesso Michael Moore, che di orrore reale ne ha visto e indagato tanto, dichiara:”La storia di questo film è profonda e necessaria, perchè se guardiamo dall’altra parte di questo geniale ritratto di arte e sofferenza non potremmo non cogliere la visione allo specchio che essa ci propone. E’ vero, si parla di un clown disturbato psichicamente, ma se non osserviamo la sua immagine riflessa mentre sorride sinistramente, non potremmo non cogliere la parte oscura che appartiene A TUTTI NOI”.

“Joker” non è un super eroe, anzi, è l’incarnazione delle debolezze di ognuno di noi, che per orgoglio o per sentimento di rivalsa nascondiamo a ciò che la società ci chiede: perfezione, fama, affermazione, ricchezza.

E’ l’incarnazione della frustrazione, della privazione, della non accettazione di sè stessi, in una società incapace di accettare non solo il diverso, ma il normale, l’umano, che sbaglia e soffre, come tutti noi.

Il film è ambientato in una Gotham City non mascherata, una New York City sporca e malfamata, come era negli anni 70 e 80 e gli sceneggiatori non si distaccano da ciò che questa città realmente è stata,  una città fatta di sobborghi malfamati e sporchi, un agglomerato di cattiveria dove il ricco detta le regole, le banche e le società per azioni ci comandano, i media ci nutrono con una dieta di notizie che ci assorbono e ci anestetizzano dalla violenza, rendendoci indifferenti.

Sinistramente, tutto riporta alle risate autoreferenziali di un presidente che solo la settimana scorsa si dilettava dell’impotenza del mondo di poterlo fermare, anche se il suo ordine è stato ” Agli immigrati che vogliono valicare il muro con il Messico, sparate alle gambe!“. E questa versione bionda di Joker , che siede nell’ufficio ovale, sedendo sulla poltrona che fu di John F. Kennedy, quando ancora si credeva in una America come terra dei sogni.

Ma questo film non è su Trump, è sull’America che ha scelto Trump come presidente, su uno stato che non sente il bisogno di  aiutare il reietto, il bisognoso, l’immigrato. L’America che rinnega sè stessa,  le proprie origini, dove l’immondizia dei ricchi diventa sempre più avariata e più potente. E non esiste posto per altro.

Il Joker interpretato da un magistrale Joaquin Phoenix rende omaggio al tormentato antieroe del compianto Heather Lodger, che dispensa baci velenosi a profusione, ma che dentro nasconde il disagio di essere ai margini della società, dove nulla è riconosciuto, dove non basta amare ciò che si fa e in cui si crede.e questo spiazza. Letteralmente. E il confronto e il tributo delle scene dirette dal regista va ad un’altra intensissima interpretazione che cambiò la storia del cinema quella di Robert De Niro in Taxi Driver, presente per altro nel film, nel ruolo di Murray Franklin, conduttore televisivo cinico e amato dal pubblico.

De Niro in Taxi driver

Una domanda nasce spontanea: cosa succederebbe se gli emarginati reagissero?

Le persone si sono preoccupate per la proiezione di questo film. Ma la paura reale qual è? Capire che la realtà è forse peggio di  tre brokers di Wall Street uccisi sulla metro perché avevano dato fastidio ad un semplice clown? La gente pensa che questo sia troppo pesante… davvero?!

Considerando le stragi che ogni giorno si affacciamo alla nostra TV? Che i nostri figli bevono e digeriscono a tutte le ore? Eppure, questa è la vita che si prospetta per loro.

“Joker” rende chiaro il perché non si abbia voglia di guardare aldilà della reale violenza che attecchisce intorno a noi ogni giorno, tutto ciò che ci permette di passare oltre alle stragi armate nelle scuole, all’emigrazione di migliaia di persone in fuga dalla guerra, ai genocidi che popolano le nostre televisioni.

La diffidenza a proposito di un film come questo è semplice distrazione da ciò che umilia e ferisce l’essere umano, ogni giorno, come 30 milioni di americani che non hanno assicurazione sanitaria, milioni di donne e bambini abusati che vivono nel terrore della violenza domestica.

Intanto che i media attendono la prossima strage, dando numeri di spari e vittime, attendiamo che tutto questo laceri i sogni e le speranze comuni. Mentre il pianeta in cui viviamo denuncia il suo decadimento sociale e ambientale, rischiando di scomparire, ci preoccupiamo della violenza di un film come Joker?

La vera ferita che un film così lascia è l’entrare nell’animo umano, come lo stesso Arthur, una persona indifesa che ha bisogno di aiuto, che cerca di sopravvivere ai margini della società.

Il suo crimine è non trovare quell’appiglio, quella forza per perdonare se stesso. E tutto ciò lo trasforma in un essere manipolato dalla brama di successo. Quando si rende conto di essere solo un oggetto nelle mani del sistema, in lui qualcosa cambia e fa scattare la molla, dall’autolesionismo alla punizione altrui, forse meritata.

Non dobbiamo temere questa pellicola perché mostra la genesi di un cattivo, ma perché ci sbatte in faccia  la sua parte umana, ferita, vulnerabile, impotente… troppo vicina a noi, al nostro desiderio di rivalsa.

Se siamo realmente onesti, apprezzeremo questa storia, perché ci mette in connessione diretta con i nostri desideri mai rivelati,  “e non solo per trovare una via di uscita per salvarci il culo – come dichiara Michael Moore –ma per aizzare il nostro coraggio di alzarci in piedi e urlare “NO” e concentrarci su ciò che possiamo fare per difenderci dalla violenza, ogni giorno”.

In Arthur Fleck, da un certo punto avviene la rivolta, la voglia di reagire, di trovare un motivo per esistere oltre il dolore, le ferite, le umiliazioni, le illusioni cadute.

Da qui si sprecano le citazioni a Taxi driver,  Quel pomeriggio di un giorno da cani e French connection, (oltre all’omaggio alla follia-talento di Heath Lodger, interprete compianto del Joker in The dark knight), con il balletto atroce e commovente di uno scheletrico Phoenix sulla scala del suo sobborgo, ormai truccato e vestito dal suo personaggio.

Joker interpretato da Haeth Lodger

Questo film ci fa riflettere quanto si ha più timore della povertà e dell’insuccesso e dell’impopolarità che del sangue finto in una scena.

Come sottolinea Moore: “Fa più paura non affermarci nella vita che vedere un intero Paese dilaniato da una guerra. Abbiamo più paura di perdere ciò che possediamo anziché ciò in cui crediamo”.

Che dire poi di quel sorriso blasfemo, dietro cui si nasconde la vera natura della violenza già predetta da Kubrick in Arancia Meccanica?

 Il regista della pellicola ha risposto  ad una domanda che ha fatto capolino sia nella mente dei fan del fumetto che dei cinefili:  quali sono state le fonti di ispirazioni per Joker?

“Ciò che mi ha divertito è stato il poter scegliere diversi elementi dal passato fumettistico, dai vecchi fumetti, ed utilizzare ciò che volevamo; quindi abbiamo usato un po’ di quello ed un po’ di questo, immagino che The Killing Joke abbia contribuito all’idea del comico fallito, ma sapete, un’altra grande influenza per il film è stato ciò che ha ispirato i creatori originali di Joker, il film muto “L’Uomo che Ride”, ed è da lì che abbiamo iniziato”.

Lo stesso straordinario interpete Phoenix dichiara:

“Ho perso quasi 25 kg, ho scoperto che senza tutto quel peso addosso ero più fluido, potevo fare movimenti che prima non ero in grado di fare. Ero sempre sempre affamato, ma alla fine, è questa l’ anima del Joker: uno che combatte i propri problemi psicologici. La risata incarna la fragilità del suo stato d’ animo;  dolorosa, che nasce dal fondo dell’anima più oscura.  Per essere più leggeri sopra la tristezza del mondo in cui si vive, per questo mi sono ispirato allo spaventapasseri del mago di Oz.

JokerPhoenix01
Joker Phoenix

Joker risplende attraverso la musica, i movimenti meccanici che preannunciano un controllo prima dello scoppio della tempesta. “Volevo creare il mio Joker, senza attingere a quelli prima di me, che fosse frutto della mia immaginazione o della mia pazzia. Joker è uno di noi, non ha padre, amici, è ansioso, depresso. Ma sono orgoglioso di essere entrato nei suoi panni”.

In sostanza, andate a vederlo, portate i vostri figli. Trovate un modo per reagire. E stampatevi un sorriso sulla faccia. Sempre.

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Manuela Caracciolo

Manuela Caracciolo

Manuela Caracciolo, fin da bambina ha coltivato la passione per tutto ciò che è creazione ed espressione artistica. Dopo avere frequentato l’Istituto Europeo di Design a Torino e si diploma nel 2001 al Corso di Fashion & Textile Design, lavora per alcuni anni come stilista e graphic designer. Amante della creatività anche nel campo letterario, rispolvera la sua antica passione per la scrittura. E’ giornalista e reporter dal 2007 e collabora con il giornale locale Gazzetta d’Asti e altri fogli locali e con i magazines americani America24 del gruppo il Sole24ore e La Voce di New York scrivendo articoli di costume, arte e cultura. Si occupa di comunicazione per varie realtà associative nell’ambito dell’arte, della cultura , dell’enogastronomia. Ha partecipato e vinto numerosi riconoscimenti letterari con racconti e poesie e ha pubblicato nel 2011 una raccolta di racconti “Storie sole” per Carta e Penna edizioni . A gennaio 2017 è stato pubblicato il suo primo romanzo "Quella notte a Merciful street" edito da Trenta Editore.

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