Gli anni ’50 del XXI secolo sono stati, a detta di molti, il punto più alto della fantascienza cinematografica mondiale e di questo abbiamo parlato nel precedente articolo.
Tuttavia anche gli anni ’60 sono molto interessanti e rappresentano il naturale sviluppo qualitativo del decennio precedente con una evidente maturazione tematica.
Dal punto di vista sociale e politico se gli anni ’50 sono stati gli anni post bellici e del maccartismo, gli anni ’60 sono quelli della contestazione giovanile mondiale che si riverbererà inevitabilmente nelle arti e anche nel cinema di fantascienza.
Il decennio di cui ci occupiamo è dominato da un film epico che è divenuto il simbolo stesso del genere: si tratta del celeberrimo 2001: Odissea nello Spazio di Stanley Kubrick che giunge nel 1968, ad un solo anno dallo sbarco sulla Luna del 1969 e quindi deve essere inquadrato in un clima di euforica compartecipazione all’avventura spaziale di Neil Armstrong e colleghi.
Del film parleremo diffusamente in seguito, ma deve essere chiaro subito che la sua presenza tende ad offuscare, fino ai limiti dello scomparire gli altri film, alcuni di grande livello.
Ma procediamo con ordine segnalando che, ovviamente, si tratta di preferenze personali.
Dunque l’ultimo grande film degli anni ’50 è Il Pianeta proibito (1956); in seguito ci furono opere discrete ma non capolavori.
Il nuovo decennio inizia (produzione USA/UK) con Il Villaggio dei dannati (1960), diretto da Wolf Rilla e tratto dal romanzo I figli dell’invasione di John Wyndham (1957), autore anche nel celebre Il giorno dei Trifidi (1951).
Si tratta di un film molto bello, situato tra la fantascienza e l’horror.
In un piccolo villaggio immaginario sperduto nella caratteristica campagna inglese, Midwich nel Winshire, si verifica uno strano fenomeno. Un giorno, tutta la popolazione e chiunque cerchi di entrare in paese perde i sensi per poi riprendersi.
Qualche tempo si scopre che le donne fertili del paese sono incinte.
Dopo la nascita di un inquietante gruppo di bambini biondi e con gli occhi azzurri essi vengono seguiti dal “padre” di uno di loro (Davis) lo scienziato Gordon Zellaby. Intanto si scopre che lo stesso fenomeno è avvenuto contemporaneamente in altre parti del mondo.
I bambini sono molto uniti e attaccano con poteri paranormali (caratteristica l’illuminazione degli occhi) tutti gli umani ostili punendoli o eliminandoli.
I bambini formano un gruppo coeso e compatto, quello che impara uno l’imparano tutti, e mostrano una intelligenza collettiva (come quella di api e formiche) assolutamente superiore.
Lo scienziato li istruisce insegnando loro nozioni universitarie di relatività e meccanica quantistica.
Tuttavia gli abitanti del luogo, esasperati dai loro poteri e dagli incidenti che si verificano, cercano di ucciderli ma Gordon distrugge la scuola che li ospita con una bomba provocando l’uccisione di sé stesso e dei bambini.
Il film termina con degli occhi luminosi che volano verso lo spazio. Ovviamente si tratta di entità aliene che si erano incarnate nelle donne terrestri per conquistare la Terra (ma anche le altre colonie vengono eliminate), seguendo in qualche modo il filone inaugurato con L’Invasione degli ultracorpi.
C’è ancora la paura del diverso che però si incarna nell’usuale, i figli, proprio come studiato da Freud nella teoria psicanalitica del “perturbante”.
Nel 1995 John Carpenter ne fece un remake di successo e nel 1963 ci fu un sequel ideale con La stirpe dei dannati di Anton Leader con bambini alieni dotati di facoltà paranormali con cui vogliono conquistare il mondo.
Il secondo film di interesse è L’invasione dei mostri verdi – Il giorno dei trifidi (1962) di Freddie Francis (produzione UK) e tratto dal romanzo sopracitato sempre di John Wyndham.
Una pioggia di meteoriti rende ciechi tutti coloro che l’osservano. In più si diffondono dei semi di piante carnivore, appunto i Trifidi, che sviluppatisi attaccano gli esseri umani. Il protagonista Bill Masen convalescente da un’operazione agli occhi è protetto e quindi si salva. Nel suo peregrinare per Londra incontra una ragazzina, Susan, che come lui ci vede. I due si dirigono ad Alicante in Spagna dove si riuniscono i superstiti.
Nello stesso tempo una coppia Tom Goodwin (biologo marino) e la moglie si trovano su un faro quando sono attaccati dalle voraci piante carnivore che riescono a sconfiggere nei giorni seguenti con getti di acqua marina che hanno l’effetto di scioglierle.
Anche qui la paura dell’invasione, questa vola vegetale, con una soluzione salvifica e molto naturale, l’acqua salata che ricorda anche i batteri che sconfissero gli alieni de La Guerra dei mondi.
Comunque bisogna giungere al 1967 per avere un vero capolavoro che invoca anche una angoscia metafisica. Si tratta del terzo film che ha come protagonista il professor Quatermass, e cioè L’astronave degli esseri perduti di Roy Ward Baker (UK) che in seguito firmerà anche Luna zero due (1969).
Il quarto e ultimo film inglese della saga sarà The Quatermass Conclusion – La Terra esplode del 1979 per la regia di Piers Haggard.
La trama è sofisticata. Durante i lavori di scavo per la metropolitana di Londra vengono ritrovati, nella stazione (immaginaria) di Hobbs End sulla (immaginaria) Hobbs Lane che però è collegata alla (reale) Central Line East bound platform 2, degli scheletri umanoidi e un ordigno metallico che il professor Quatermass deduce correttamente essere una astronave aliena, mentre i militari, rappresentati dall’ottuso colonnello Breen, puntano su un’altra ipotesi: si tratterebbe di un residuato bellico di una V2 lanciata dai tedeschi su Londra durante la seconda guerra mondiale.
Un soldato afferma di aver visto un fantasma all’interno dell’oggetto mentre Quatermass scopre, parlando con un poliziotto, che l’intero quartiere aveva nei tempi andati una fama sinistra, come un luogo infestato da demoni e spiriti. Il ritrovamento su una parete dell’ordigno di un pentacolo disegnato si integra dunque perfettamente con quanto raccontato dal poliziotto.
Inoltre si viene a sapere che “Hob” (con una “b” sola) è un antico nomignolo con cui veniva indicato il diavolo.
Allora Quatermass fa delle ricerche negli annali della Abbazia di Westminster scoprendo che la zona anche in tempi molto più antichi era considerata infestata da presenze malvagie.
Si ritrovano all’interno dell’astronave dei resti di 5 milioni di anni fa di insetti giganti tipo cavallette o locuste che ricordano alcune rappresentazioni rupestri e primitive di demoni risalenti a 30.000 anni fa, quindi all’alba dell’uomo.
La storia prosegue in un crescente di suspense quando Quatermass e un altro scienziato, il paleontologo Matthew Roney, riescono a vedere -mentre si sviluppa un poltergeist- tramite un apposito apparecchio elettronico, le immagini registrate del cervello della sua assistente Barbara Judd e di un operaio che sono venuti a contatto con gli spiriti alieni all’interno dell’astronave.
Tramite questo espediente Quatermass giunge alla conclusione che le “cavallette” sono marziani che si sono allontanati dal loro pianeta sconvolto da guerre razziali tentando di conquistare la Terra e venendo identificati fin dalla preistoria con esseri diabolici.
Essi conducevano degli esperimenti di potenziamento intellettivo sugli umanoidi, trasportandoli tra Marte e la Terra, di cui si sono ritrovati i resti dopo che era rimasta conficcata nel sottosuolo di Londra.
Il razzo ha la proprietà di eccitare fenomeni psicocinetici violenti e scatena una sorta di isteria collettiva di malvagità mentre sul cielo notturno di Londra viene proiettata una impressionante immagine diabolica di un marziano – cavalletta costituita di elettricità statica. Roney riesce a distruggerla scagliandole addosso una gru metallica. Lo scienziato muore nell’iniziativa e il professor Quatermass e Barbara sopravvivono sulle rovine della città semidistrutta. Anche Breen non sopravvive ucciso davanti all’astronave.
Del 1968 è il commovente I due mondi di Charly (produzione USA) film diretto da Ralph Nelson e tratto dal romanzo Fiori per Algernon di Daniel Keyes.
Charlie Gordon è una persona con un ritardo mentale che lavora come inserviente in una panetteria, preso di mira dai sadici scherzi dei colleghi di lavoro. Alice Kinnian, una insegnante serale della scuola che frequenta, gli prospetta la possibilità di seguire un percorso terapeutico già sperimentato da un topolino di laboratorio, Algernon, che in poco tempo ha acquisito grandi capacità intellettive. La cosa funziona anche per Charly che lasciata la panetteria diviene esperto in molte aree di conoscenza mostrando una intelligenza superiore per poi scoprire che l’effetto è solo transitorio e che sia lui che il topo torneranno quelli di prima. Nel frattempo ha però instaurato un delicato rapporto sentimentale con Alice che provvederà ad allontanare quando si rende conto della reversibilità del processo.
Alla fine Charly torna, dal punto di vista cognitivo, al punto di partenza e lo si vede nella scena finale in un parco giochi per bambini.
E veniamo ora al capolavoro non solo del decennio, ma dell’intera cinematografia fantascientifica.
Si tratta, come detto, del celeberrimo 2001: Odissea nello Spazio di Stanley Kubrick del 1968 (produzione USA/UK).
Il film è tratto da un racconto, La sentinella (1951), del noto scrittore di fantascienza Arthur C. Clarke e pochi sanno che era il preferito del famoso fisico e premio Nobel Paul Dirac.
Siamo quattro milioni di anni fa in Africa e il film si apre con l’immagine di un gruppo di ominidi progenitori umani impegnati in lotte di mera sopravvivenza con altri animali. Improvvisamente compare sulla scena un monolite nero che ha l’evidente scopo di accelerare l’evoluzione degli ominidi stessi. Infatti, uno di essi, il dominante “Guarda-la-Luna”, scopre che un osso di un animale può essere utilizzato come un’arma e così guida la sua tribù alla vittoria contro un gruppo rivale per una pozza d’acqua dando inizio ad una nuova fase dell’evoluzione.
Famosa l’immagine dell’osso scagliato contro il cielo che si trasforma progressivamente in un’astronave, che sta conducendo il dottor Heywood Floyd sulla base lunare Clavius accompagnata dalle note di Sul bel Danubio blu di Richard Strauss (figlio). Il motivo del viaggio è che il monolite nero è ricomparso questa vola sulla Luna nei pressi del cratere Tyco.
Mentre un gruppo di studiosi, tra cui il dottor Floyd, osserva il monolite questo emette un forte segnale radio, avvertito come un acuto fischio, diretto, si scoprirà poi, verso Giove.
Nel 2001, diciotto mesi dopo, una missione già programmata di cinque astronauti è diretta verso Giove guidata dal calcolatore centrale HAL- 9000.
Tre di essi sono ibernati e due, il comandante David Bowman e il suo vice Frank Poole,
sono svegli, ma HAL non gli rivela il vero motivo della missione ed anzi diviene assai ostile nei loro confronti cercando di ucciderli e ci riesce con Poole ed an che gli altri membri ibernati. A questo punto il comandante Bowman disattiva HAL nella famosa scena in cui estrae progressivamente tutti i suoi moduli di memoria facendo regredire il computer alla sua “infanzia” (finirà per cantare “giro girotondo”).
Si deduce che il malfunzionamento del calcolatore è dovuto ad un ordine per lui contradditorio da soddisfare: mantenere contemporaneamente il segreto sull’obiettivo della missione e rispondere alle domande dei due astronauti. Troppo per la sua logica binaria.
Poco dopo viene mostrato un video in cui il dottor Floyd svela il vero motivo della missione noto peraltro anche ai tre ibernati: studiare la connessione del monolite con Giove.
Il finale è molto criptico e metafisico ma di grande impatto emotivo: Bowman incontra tra la luna Io e Giove un altro monolite nero, identico a quello della Luna, fluttuante nello spazio (punto di Lagrange) e a quel punto viene risucchiato da una scia luminosa che lo proietta ad una velocità vertiginosa e psichedelica in mondi sconosciuti finché non lo si ritrova in una camera da letto stile Impero in cui è atterrato con la sua astronave.
La stanza è dotata di un grande eletto, di un bagno e del cibo. Qui Bowman trascorre una intera giornata fino ad auto – osservarsi vecchio e morente sul letto. Alla fine ricompare il monolite nero e l’astronauta si protende a toccarlo trasformandosi in un “neonato cosmico”, in una allegoria di un nuovo ciclo di sviluppo dell’essere umano, guidato sempre da una intelligenza extraterrestre fin dai tempi degli ominidi.
La sequenza finale è accompagnata dal Così parlo Zarathustra di Richard Strauss che è presente anche nella scena inziale delle scimmie.
Il film ha indubbiamente rappresentato una cesura tra la vecchia fantascienza e la nuova ed ha influenzato tutta la produzione a venire. I temi trattati sono squisitamente filosofici, rispetto ai film precedenti, e segnano una visione completamente diversa del genere.
Da segnalare un seguito sia come romanzo sempre di Clarke che come film dal titolo 2010 – L’anno del contatto (1984) per la regia di Peter Hyames (autore anche di Capricorn One) che pur essendo interessante non è al livello del capolavoro di Kubrick.
Il decennio vede anche la produzione di molti film secondari (anche se non così numerosi come negli anni ’50) tra cui citiamo:
Gli astronauti di Sojux – Terrore su Venere (1960), L’uomo che visse nel futuro (1960), Marte distruggerà la Terra (1960), Il pianeta degli uomini spenti (1961), I sette navigatori dello spazio, L’ultimo uomo della Terra (1964), La decima vittima (1965), La decima vittima (1965), Viaggio allucinante (1966), Il pianeta errante (1966), Il pianeta delle scimmie (1968), La cortina di bambù (1968), Doppia immagine nello spazio (1969), L’uomo illustrato (1969), Il tunnel sotto il mondo (1969).